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01/01/2022

Il governo Draghi si è incartato su omicron e Covindustria tira dritto di Sergio Scorza

Fra un po’ facciamo due anni di pandemia e non se ne può più. La variante omicron sta davvero sparigliando le carte mandando all’aria i buoni risultati della campagna vaccinale.

Onde evitare di inerpicarmi in dettagli su argomenti riguardo ai quali non possiedo alcuna competenza specifica, riporto di seguito due tweet del 22 dicembre scorso di Giorgio Gliestro, che è Neurobiologo e Professore Associato (SL) presso l’Imperial College di Londra.

Poche semplici righe che spiegano cosa è davvero #omicron: “Vediamo se così si capisce: in questi giorni nel Regno Unito omicron ci sta regalando 100.000 positivi al giorno e di questi il 4‰ (400) finirà ricoverato. Delta qualche settimana fa ci dava 30.000 casi al giorno e il 7‰ finiva ricoverato (210). Ma non finisce qui! Delta raddoppiava quel numero di ospedalizzati ogni due settimane. Omicron raddoppia quel numero ogni due giorni. Così è più chiaro?“.

Gravissime sono state, fin qui, le inadempienze del governo Draghi in ordine alla totale inadeguatezza dei tracciamenti; al mancato rafforzamento della sanità, sia territoriale che ospedaliera pubblica; alla immutata situazione dei trasporti; alla evidente insufficienza dei provvedimenti sulla situazione delle scuole.

E tutto ciò a fronte di una situazione che era ampiamente prevedibile e che non potrà di certo essere contrastata efficacemente da un’ennesima farraginosa babele di misure che cambiano continuamente e che la gente ormai fatica a seguire.

Che senso ha, allora, la proroga dello “stato di emergenza” se poi non si affronta in modo adeguato l’emergenza sanitaria?

Rispetto a quest’ultima domanda, forte è il sospetto che si usi lo stato di eccezione non per garantire la salute pubblica, ma per mettere in sicurezza i grandi interessi privati ed, allo stesso tempo, tenere un po’ a bada i settori sociali corteggiati più esplicitamente da una parte della maggioranza di governo.

E così, cercando di gestire alla bell’e meglio una situazione di prolungato caos, assai probabilmente si stanno mettendo nel conto altre decine di migliaia di morti da offrire in sacrificio alla “loro” ripresa.

Diversamente non si spiegherebbe perché il governo sia, tutto ad un tratto, divenuto così “sensibile” alla spinta demenziale delle Regioni, scegliendo di traccheggiare e minimizzare la situazione proprio per non intralciare le imprese (ovvero, la produzione ed i profitti) rischiando così seriamente di provocare un’altra ecatombe simile a quella che avvenne nella bergamasca e nel bresciano, un anno e mezzo fa.

E poi come è finita le altre volte che abbiamo iniziato dicendo “non si può bloccare il paese” in questi due anni? Male, molto male.

Nel mondo, ad oggi, si contano 287 milioni di casi e 5,46 milioni di morti per e da coronavirus. Perché in Cina – paese che, da solo, fa quasi un miliardo e mezzo di abitanti – si contano soltanto 102.00 casi e 4.636 decessi? Come si spiega il bassissimo impatto che la malattia ha avuto in un paese così grande e complesso?

A parte piccoli focolai sporadici, il grandissimo colosso asiatico è infatti riuscito a fermare la diffusione del covid19 sin dalla primavera del 2020 e la popolazione ha ripreso una vita quasi normale. Una «vittoria» momentanea della Cina sul virus di cui, in Occidente, nessuno parla.

Di sicuro il governo cinese ha scelto di applicare, sin da subito, una drastica politica di prevenzione mediante una gestione ferrea dell’emergenza sanitaria ed un controllo quasi militare finalizzato al rigido rispetto delle regole sanitarie da parte della popolazione.

A ciò si aggiunge la riduzione drastica dei movimenti di persone verso l’esterno e all’interno del paese oltre alle rigide quarantene imposte a tutti gli stranieri in visita o di passaggio nel paese. Ed ha avuto certamente il suo peso la forte ripresa del mercato interno.

Ma, soprattutto, ciò che ha contato davvero tantissimo è stata la totale mancanza di subordinazione e di sudditanza del decisore politico nei confronti delle forze economiche del paese.

Quest’ultimo fondamentale fattore ha permesso di fare ciò che altrove non è stato fatto oppure è stato messo in atto con notevole e colpevole ritardo: brevi ed intensi lockdown con la rapida istituzione di zone rosse impenetrabili laddove, di volta in volta, si ravvisavano dei focolai del virus.

La Cina ha resistito anche alla variante delta proveniente dalla vicina India e pare non sia stata minimamente interessata dalla nuova variante omicron e, ad oggi, continua, a registrare solo alcune decine di contaminazioni giornaliere, quasi tutte “di importazione”.

Nulla a che vedere con le cifre catastrofiche registrate, solo per fare un esempio minimamente comparabile, con un paese come gli Stati Uniti (con meno di un quarto della popolazione cinese), in cui il coronavirus ha già totalizzato 54,2 milioni di casi e causato il decesso di 823.000 persone.

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