di Guido Salerno Aletta
Ha destato sorpresa il decreto-catenaccio (D.L. 16 febbraio 2023 n. 11) con cui il Governo ha deciso "per ragioni di straordinaria necessità ed urgenza di introdurre ulteriori e più incisive misure per la tutela della finanza pubblica nel settore delle agevolazioni fiscali ed economiche in materia edilizia e di definire il perimetro della responsabilità derivante dal meccanismo della cessione dei crediti ad essa connessa".
Il fatto è che con il comma 124 dell'articolo 1 della Legge di bilancio per il 2023, il sistema delle agevolazioni era stato appena rimesso a punto.
Con il Decreto legge prima citato, salve poche eccezioni che riguardano sostanzialmente lavori già avviati, i meccanismi della cessione del credito e dello sconto in fattura sono stati bloccati.
In pratica si è dovuto riconoscere che il sistema della cessione dei crediti fiscali e degli sconti in fattura era completamente sfuggito di mano.
Ci sono due punti, ora, da risolvere.
In primo luogo, questo blocco lascia in sospeso lavori per diversi miliardi di euro, somme per le quali non si trovano cessionari disposti ad acquistare i crediti spettanti ai committenti e dunque i lavori sono fermi, con le ditte che hanno già preso impegni e non sanno come andare avanti per farsi pagare le spese sostenute. Secondo i dati forniti da Uninpresa, si tratta di circa 15 miliardi di crediti fiscali fermi, che tengono bloccati i lavori di 90 mila cantieri e con 130 mila posti di lavoro a rischio.
In secondo luogo, c'è il rischio di dover contabilizzare in un'unica soluzione, come maggior debito pubblico, l'intero importo delle agevolazioni già concesse senza scontarle annualmente come minori entrate a mano a mano che i crediti di imposta vengono fatti valere da coloro che li detengono. Se venisse assorbito come minori entrate anno per anno, è un onere assai rilevante ma ancora gestibile, ma se invece dovesse esser contabilizzato tutto insieme si tratterebbe di un maggior debito pubblico di 110 miliardi di euro. Una somma che comunque è assai superiore ai 72 miliardi complessivamente previsti come minori incassi per le varie agevolazioni. Il superbonus 110% in edilizia, in particolare, da solo ha tirato per 61 miliardi, rispetto ai 36 miliardi previsti: un successo straordinario.
C'è un aspetto da approfondire, quello della contrattazione dei crediti fiscali, al cui esito si conviene la cessione: mentre doveva essere solo una transazione economica tra due soggetti a fini esclusivamente fiscali, è diventata in taluni casi una operazione finanziaria. I crediti verrebbero comprati sul mercato come oggetto di investimento, da rivendere successivamente a chi ha effettivamente la possibilità di utilizzarli come credito fiscale. Rappresentano la cartolarizzazione di un credito (se pure esercitabile solo sul piano fiscale) nei confronti dello Stato.
Si sta probabilmente verificando ciò che era negli auspici di coloro che sostenevano che la libera circolazione dei crediti fiscali avrebbe creato una sorta di "moneta fiscale", creando le condizioni per un impulso economico aggiuntivo ragguagliabile ad un intervento keynesiano di spesa. La riduzioni di imposta, circolando, diventano infatti un mezzo di pagamento aggiuntivo rispetto alla moneta ufficiale.
Il fatto è che mentre la spesa pubblica, per essere erogata in disavanzo, richiede la previa emissione di titoli di debito e la correlativa contabilizzazione di questo, la circolazione dei crediti fiscali è rimasta finora in un'area grigia, quella della semplice previsione di un minor gettito futuro.
Non solo. Ancor più rilevante è il fatto che mentre la spesa pubblica è sempre decisa quantitativamente, viene erogata entro i limiti previsti ed in ogni caso nel limite delle disponibilità di bilancio, i crediti fiscali sono stati disciplinati come una sorta di "diritto" a disposizione di chiunque facesse una serie di lavori edilizi, senza un limite preordinato di capienza. Insomma, è stato attivato un meccanismo a tiraggio, lasciando ai singoli la decisione di avvalersi di questo beneficio.
Insomma, anche a volere prendere per buona la teoria della "moneta fiscale", la sua stamperia è stata lasciata aperta, praticamente a disposizione di chiunque facesse richiesta di soldi.
A dire il vero, visto che gli uffici della Agenzia delle Entrate contabilizzano subito gli importi dei crediti di imposta, iscrivendoli nei cassetti fiscali dei contribuenti, non sarebbe stato difficile immaginare un sistema a plafond o a rubinetto, magari con priorità e su base annuale.
Si sente parlare di cartolarizzare i crediti fiscali che ancora non hanno un cessionario, per sbloccare la situazione e disciplinarne il rimborso: ma questo significa dichiarare apertamente che si tratta di nuovo debito pubblico e non di minori entrate da scontare anno per anno.
Un pasticcio.
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