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28/02/2023

PD, dare l’impressione che tutto cambi, senza cambiare niente

Prendo in prestito la citazione del famoso Gattopardo, perché esprime perfettamente il teatrino delle primarie del PD, che ieri si è finalmente concluso. L’indicazione di Elly Schlein come nuova segretaria del principale partito di opposizione è l’ennesimo esempio di come la politica di questo paese sia ormai solo la narrazione del “cambiamento”, mentre tutta la classe dirigente condivide sostanzialmente le stesse scelte politiche.

Ha vinto la vice-presidente dell’Emilia Romagna sul presidente della stessa regione, dove quello per cui ha detto di volersi battere è avallato senza batter ciglio.

Cementificazione? A tutto spiano. Lavoro povero e caporalato nei magazzini e nei campi? Al pari o peggio che nelle peggiori situazioni che si vivono nel paese.

Dismissione e privatizzazione della sanità pubblica? In piena continuità con gli anni precedenti.

Autonomia differenziata? In questi mesi sia lei sia Bonaccini hanno espresso prese di distanza, ma l’accordo preliminare tra Regione e Governo per ulteriori forme di autonomia in materia di salute fu confermato proprio a maggio 2020, quando l’operazione maquillage delle Sardine aveva già portato Schlein in viale Aldo Moro.

Ha vinto, parlando di pace, chi quasi un mese fa ha votato il decreto del governo Meloni per prorogare l’invio di armi. Del resto, la Schlein vanta forti legami non solo con Prodi e Franceschini, ma anche coi democratici statunitensi, ovvero l’attuale amministrazione guerrafondaia di Biden.

Inquadriamo un attimo la parabola del PD. Dopo essere stato tritato nell’opinione pubblica per aver incarnato il partito “governista” in tutti i primi 15 anni della sua esistenza, ed essersi assunto tutte le scelte antipopolari utili alle nostre classi dirigenti per resistere nella crisi economica del modello occidentale, lasciato alle spalle il ciclo avviato dalla scalata di Renzi in seguito al governo di larghe intese del tecnico Monti, il PD ritenta la carta del manager “rottamatore“.

Nei mesi successivi al governo del tutti-dentro guidato da Draghi, si tratta di dare una bella verniciata di marketing a leader e burocrazie poco allettanti per il loro stesso elettorato e quindi incapaci di portare avanti fino in fondo il ruolo di cinghia di trasmissione italiana del patto euroatlantico.

Il partito, o quel che ne resta, conferma così la sua natura di “super comitato elettorale” in cui agli iscritti viene lasciato il ruolo di metterci i soldi e la disponibilità del proprio attivismo.

Infatti ha votato in massa anche chi non era iscritto al partito, come la Schlein stessa fino a qualche settimana fa, e questa non è democrazia. È semmai la dimostrazione che al partito stesso non importava quale visione (solo retorica) della società ne sarebbe uscita vincitrice. Le forze che si alternano al governo, centrodestra e centrosinistra, sono ormai dei passacarte delle decisioni di Washington e di Bruxelles.

Il peggio è che Elly Schlein queste decisioni le condivide. Si tratta dell’ennesima dirigenza neoliberista, che si è ammantata di tematiche ecologiste e femministe, senza l’intenzione di fare nulla neanche su questi temi.

Ora che ci avviciniamo all’8 marzo, l’elezione della Schlein ci consegna il compito ancor più urgente di organizzarci, come donne lavoratrici, dei quartieri, sfruttate, e prenderci la nostra emancipazione. Che non passerà dai gazebo del PD, ma solo dalla lotta.

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