La Commissione Europea ha annunciato giovedì scorso di aver richiesto al proprio personale di rimuovere l’app TikTok dai propri dispositivi di lavoro e da quelli privati in cui siano presenti anche strumenti e documenti di lavoro. In alternativa, possono rimuovere questi ultimi, e la stessa richiesta sembra arriverà a breve a Consiglio e Parlamento Europeo.
La preoccupazione dichiarata è quella che la compagnia cinese possa essere un cavallo di Troia per far arrivare informazioni riservate a Pechino, e se ne possa così avvantaggiare nella competizione globale. In sostanza, viene annunciata come una questione per aumentare la sicurezza informatica, oggi al centro della preoccupazione di tutti i grandi attori della scena internazionale.
La possibilità di perseguire questa linea era stata ventilata già da Trump qualche anno fa, e nel dicembre 2022 è stato approvato un disegno di legge per il bando di TikTok dai dispositivi governativi, presentato da quattro membri repubblicani del Congresso statunitense. A dimostrazione che la linea di scontro con l’avversario strategico cinese è portata avanti in maniera bipartisan, da democratici e repubblicani.
Preoccupati dal clima di diffidenza nei loro confronti, i dirigenti del social network controllato da ByteDance avevano giocato d’anticipo. Il CEO di TikTok, Shou Zi Chew, in questi mesi ha incontrato su sua richiesta alti funzionari UE, tra cui il Commissario europeo al mercato interno, Thierry Breton, e quella per la concorrenza, Margrethe Vestager.
Il regolamento europeo sulla privacy, il GDPR, prevede che i dati degli europei devono rimanere nel vecchio continente, e per questo l’azienda cinese ha già aperto un data center in Irlanda e stava pianificando di aprirne altri due. Ma la stessa responsabile della privacy per TikTok Europa, Elaine Fox, aveva dichiarato che alcuni dipendenti del gruppo, sparsi un po’ in tutto il mondo, avevano accesso a queste informazioni, pur nel rispetto dei protocolli europei.
Le rassicurazioni sulla gestione del colosso asiatico non devono essere bastate se ora si arriva a questa soluzione. I dipendenti della Commissione avranno tempo fino al 15 marzo per rispettare queste direttive, e sembra che alcuni paesi UE stiano pensando di adottare gli stessi provvedimenti. È il caso dell’Olanda e dell’Italia, sempre in prima fila nel mostrarsi “più realista del re”. Inoltre, attualmente TikTok è coinvolta in due indagini delle autorità irlandesi.
Anche se è comprensibile la necessità di sicurezza, è evidente come questa decisione si inserisca in un quadro di irrigidimento delle relazioni internazionali. TikTok ha commentato la notizia etichettandola come “sbagliata e basata su pregiudizi”, soprattutto per la sua unilateralità e il fatto che appena un paio di settimane fa il CEO era stato a Bruxelles, proprio in un rapporto di confronto trasparente con le istituzioni comunitarie.
Nonostante la UE continui a giocare su un terreno ambiguo, sapendo come non possa fare a meno della Cina a livello economico, la spinta alla guerra e allo scontro con il Dragone che esprime il Blocco Euroatlantico sta facendo sentire il suo peso. E soprattutto, la sta facendo sentire entrando a gamba tesa anche sui dispositivi e le attività private dei funzionari europei.
In vista delle europee del 2024, il Parlamento Europeo inoltre ha dato via libera al confronto comunitario che dovrebbe portare a un testo sulla pubblicità politica. Tra le altre cose, si vorrebbe vietare alle entità non basaste nella UE di poter finanziare attività in tale senso. Un segnale di crescente preoccupazione rispetto alle influenze che possano venire da blocchi estranei.
Un incancrenirsi delle relazioni, senza nascondere la competizione politica oltre che quella economica, che fa presagire scenari futuri sempre più delicati. Vedremo se la UE continuerà in una politica di scontro duro e puro con Pechino o le motivazioni di maggiore autonomia dagli USA prenderanno il sopravvento. In ogni caso, i venti di guerra spirano in maniera evidente su un mondo diviso e non più globalizzato, neanche sul piano dei social network che di quella “globalizzazione” erano stati l’emblema portato dentro la vita quotidiana di miliardi di persone.
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