La politica istituzionale italiana degli ultimi 30 anni ha subito diverse mutazioni antropologiche, riguardanti comportamenti, lotta per il potere, dimensione simbolica, distribuzione della ricchezza, rituali e modalità di partecipazione di massa. All’inizio degli anni ’90, Max Gallo, storico della politica poi membro dell’Académie française, definì l’Italia, allora nel periodo della fine dei partiti di massa, come un laboratorio utile per capire le mutazioni della politica in generale.
È per questo che, dopo anni di Silvio Berlusconi, nel nostro paese non ci si è certo stupiti per il fenomeno Trump anche se, con l’emergere dei social di massa a metà anni 2000, il terreno per le mutazioni della politica si è fatto globale con il declino di quelli che un tempo erano i laboratori privilegiati di analisi.
Nelle scorse settimane abbiamo fatto uscire una antropologia della destra basata sull’analisi di TikTok come social paradigmatico di un comportamento legato all’identità politica. Questa volta, se vogliamo delineare una antropologia digitale del centrosinistra, il social paradigmatico da analizzare è Twitter.
Questo non significa che a sinistra non si usi TikTok oppure che a destra non si faccia largo uso di Twitter ma, piuttosto, che il primo è paradigmatico per la formazione di identità e comportamenti di destra e il secondo è paradigmatico per la formazione di questi fenomeni in area centrosinistra.
Del resto l’antropologia digitale, quella che si occupa delle evoluzioni della natura umana intrecciate con le mutazioni tecnologiche, da tempo è in grado di farci capire quanto sia cambiata lo società in fenomeni che, dalla fine degli anni ’90, non sono più di nicchia o emergenti ma dominanti.
Dallo storico libro di John Postill dedicato alla politica digitale e all’impegno politico si comprende come Twitter serva a identità politiche come quelle progressiste per strutturarsi sia in quanto opinione pubblica, soggetto informato, soggetto di dibattito e fenomeno di mobilitazione. Nonostante l’enorme uso di immagini, video e meme, e l’uso della parola in pochi caratteri, Twitter è un’eredità dell’opinione pubblica liberale classica: è guidata dalla parola, dalla presa di posizione, dal dibattito e dalla polemica. Non a caso, prima dell’acquisto da parte di Elon Musk, Donald Trump fu espulso da Twitter: negava pienamente, oltre agli interessi del management di allora, questi caratteri costitutivi progressisti del social.
Allo stesso tempo Twitter è il social che viene usato per commentare in tempo reale i dibattiti televisivi. E qui bisogna dire che Elly Schlein ha vinto il recente duello con Bonaccini nonostante quest’ultimo abbia fatto largo uso di Bot. Molto semplicemente perché il Bot, che è una estensione seriale di prese di posizione a favore di un candidato, non può essere originale, e quindi trascinante, quanto le prese di posizione dei sostenitori reali.
Elly Schlein ha quindi bucato lo schermo televisivo e Twitter sia come strumento di coesione identitaria e comportamentale, come riproposizione del modello classico di opinione pubblica, che come strumento di commento alla tv.
La differenza con il modello di riproduzione dell’identità di destra è palese: dove quest’ultimo attinge a una cultura meno politica, con l’uso rituale della danza, come rappresentazione simbolica dell’espulsione del diverso su TikTok, la formazione dell’identità di centrosinistra si esalta su Twitter in un uso del discorso pubblico più apertamente politico, più attento alle dinamiche dettagliate dell’informazione. Questo non significa che non ci siano ibridazioni tra questi modelli, e ce ne sono, solo che se vogliamo trovare un fondamento ultimo nelle due formazioni identitarie lo troviamo per il social cinese nella cultura di destra e in quello americano, che politicamente emerse nelle rivoluzioni arabe, per la cultura centrosinistra.
Quali ceti sociali riempiono le strutture rilevate da questa antropologia digitale? Gli stessi per destra e centrosinistra dal ceto medio, alle classi subalterne, ai nuovi poveri ai ceti medio-alti. L’egemonia di un social utilizzato, piuttosto che l’altro, serve per capire dove stanno i confini antropologico-politici di un paese che appare nettamente spaccato come una mela, in ogni ceto sociale, come accaduto durante la recente polarizzazione Lula-Bolsonaro. Del resto tra destra e centrosinistra è diversa anche la valorizzazione dello spazio: più utilizzato a destra lo spazio postpolitico (la rappresentazione digitale di salotti, palestre, discoteche) mentre il centrosinistra tende a esaltare la presenza nella piazza classica (come recentemente a Firenze).
Definito questo confine, tra TikTok e Twitter, tra luogo postpolitico e piazza, si capisce dove si trovino comportamenti, lotta per il potere, dimensione simbolica, distribuzione della ricchezza, rituali e modalità di partecipazione di massa. Una nuova antropologia politica è in corso, indubbiamente, in una società che è statica solo per i distratti.
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