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26/04/2023

Celtic Frost - 1985 - To Mega Therion

Nel lontano 1985, la musica heavy metal si poteva già suddividere in alcuni sottogeneri, tra cui il thrash (un anno prima, i Metallica avevano sfornato il secondo album) oppure lo speed - antesignano del power - una corrente in fase di grande ascesa soprattutto in Germania (pensiamo ai primissimi Helloween o ai Running Wild). Tuttavia, di sonorità materializzatesi successivamente come il death, il black o il gothic metal, era possibile cogliere soltanto gli inconsapevoli germogli, come nel caso dei Venom e dei Bathory (per il black) o dei Possessed per la sponda death metal. Ad ogni modo, nessuno aveva utilizzato il termine avanguardia, al contrario di quanto accaduto per “To Mega Therion” degli svizzeri Celtic Frost, album i cui influssi risulteranno decisivi proprio per lo sviluppo del metal estremo nella sua accezione più ampia.

Le idee messe sul piatto dal leader Tom Gabriel Warrior non erano affatto allo stato embrionale, considerando che l’avventura dei Celtic Frost nacque sulle ceneri degli Hellhammer, una grezza incarnazione speed-thrash (influenzata non poco dalla NWOBHM e all’epoca ingiustamente massacrata dalla critica) destinata a spegnersi nel giro di un paio di anni, per lasciare spazio alla nuova creatura.

Già il primo Ep dei Celtic Frost (“Morbid Tales”) rappresenta un grande passo in avanti in fatto di personalità e songwriting, due peculiarità che troveranno il loro stato di grazia sia nel disco qui in esame (uscito nell’autunno del 1985) che nel secondo capitolo “Into The Pandemonium” (1987).

Di “To Mega Therion” colpisce immediatamente la copertina, un acrilico (dal titolo “Satan I”) preso in prestito dal celebre artista H.R. Giger, conterraneo nonché amico del gruppo: in questo caso, il tema-feticcio spesso ricorrente nei lavori di Giger (il sesso) lascia il posto a un immaginario anti-religioso (per non dire blasfemo), in quanto l’opera mostra un diavolo scagliare una pietra utilizzando Gesù Cristo come fionda. Curiosamente, se nel 1985 dei disegni scabrosi realizzati da Giger causarono enormi problemi ai Dead Kennedys (parliamo del poster presente nella prima edizione di “Frankenchrist”), i Celtic Frost uscirono indenni dalla censura, trasformando in poco tempo quella copertina in una delle immagini cult del metal di matrice 80’s.

Questo alone cupo e sinistro non si riversa soltanto sui nostri occhi, poiché “To Mega Therion” mostra dei forti legami con l’occultismo anche nel suo criptico titolo in greco antico (La Grande Bestia - questa la traduzione - era uno dei tanti pseudonimi utilizzati da Aleister Crowley). Ma non è tutto, poiché i testi dell’album risultano pregni di sentori apocalittici in cui si parla di imperi destinati a crollare o della morte nella sua ineluttabilità (a cui non segue alcuna rinascita, in opposizione al pensiero cattolico), attraverso un immaginario sia di natura dark fantasy (“Jewel Throne”) che ispirato al vicino Oriente antico (“Dawn Of Megiddo”) o alla mitologia greca, come nel caso di “Eternal Summer” (“Human pride and megalomania, the Titans watched it all. The trace led to nowhere, wrath had to come. As ushers at the gates, to ecstasy and excess, all turn their backs, they won’t give us any rest”).

La partenza è fulminante: basta un solo giro di lancetta (la strumentale “Innocence And Wrath”) per entrare nel cuore di un mood epico, da battaglia, un’introduzione marziale avvalorata dalla presenza dei timpani ma soprattutto del corno francese, in attesa che si scateni la tempesta perfetta con “The Usurper” (un riffone speed-thrash accompagnato dal classico “ugh!”, l’urlo caratteristico di Tom Warrior). Già in questo pezzo è possibile assaporare l’intervento del soprano Claudia-Maria Mokri, successivamente protagonista nella conclusiva “Necromatical Screams”, ovvero le basi del gothic metal sinfonico (non a caso, dieci anni dopo, ritroveremo la Mokri ospite in un paio di brani presenti in “Lepaca Kliffoth” dei Therion, gruppo che non sarebbe mai stato tale senza i padri Celtic Frost).

Le perle contenute nel disco sono innumerevoli: “Jewel Throne” è un midtempo che all’improvviso cambia marcia, spostandosi su coordinate proto-death esattamente come la celebre “Circle Of The Tyrants”, un capolavoro destinato alla gloria eterna in cui ogni riff riesce a far sgorgare del sangue bollente dal gelo in cui si muovono i nostri. Questa contrapposizione tra l’algido umore del lavoro e la viscerale esecuzione dei pezzi è una delle carte vincenti di “To Mega Therion”, un album che praticamente sputa fuoco scivolando sul ghiaccio.

Nel 1990, “Circle Of The Tyrants” fu omaggiata con un’eccellente cover dagli Obituary, giusto per citare un’altra band (in questo caso death metal) che deve moltissimo agli elvetici in esame. A tal proposito, è importante ricordare la line-up di questi Celtic Frost: accanto a Tom Warrior (voce, chitarra, songwriting), c’erano Reed St. Mark (batteria e percussioni) e Dominik Steiner al basso, quest’ultimo subentrato momentaneamente al bassista storico del trio, Martin Ain (già fondatore degli Hellhammer insieme a Tom).

Tra le altre composizioni, spiccano la già citata “Dawn Of Megiddo” (le cui oscure trame del refrain faranno la gioia di gruppi come Samael e SepticFlesh), lo straniante rumorismo di “Tears In A Prophet’s Dream” (secondo episodio strumentale del disco) o le furiose “Fainted Eyes” ed “Eternal Summer” (un passaggio dal quale emerge un break rallentato ai limiti del doom, altro marchio inconfondibile della band).

Questa attitudine estrema, unita a un immaginario di matrice occultista e a un look decisamente audace per l’epoca (borchie vistose e face-painting), apriranno la strada alle future generazioni black metal: un nome su tutti, i Darkthrone, ennesimo progetto devoto in grandissima parte alla musica dei Celtic Frost (“In The Shadows Of The Horns” - contenuta nell’imprescindibile “A Blaze In The Northern Sky” - è uno degli esempi più scintillanti in tal senso).

Sono perciò molte le prerogative che differenziano “To Mega Therion” da tutto ciò che circolava in quel periodo, anche solo per la provenienza stessa della band: Zurigo, una città ben distante sia dagli Stati Uniti della prima ondata thrash che dal grande fermento del metal britannico, senza dimenticare che nel 1985, in Germania, le sonorità più estreme erano ancora in via di codificazione (la sacra triade costituita da Sodom, Kreator e Destruction aveva appena mosso i suoi primi grezzi passi).

L’avanguardia, nel caso dei Celtic Frost, si può toccare con mano su vari livelli, perché proprio attraverso gli aspetti che abbiamo preso in esame, gli svizzeri sono riusciti a spalancare una finestra sul futuro, proponendo qualcosa di assolutamente originale nonché trasversale: la Grande Bestia è là sopra, seduta sul trono, mentre i suoi figli ancora la venerano.

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