Su questo giornale si è parlato più volte dei rapporti, attuali e passati, tra Polonia e Ucraina.
Se ne è parlato a proposito delle vicende immediatamente successive alla Rivoluzione d’Ottobre, quando le forze di Simon Petljura e Jozef Pilsudski, in guerra tra loro per il controllo della Galizia, erano però concordi nel combattere contro il giovane Esercito Rosso, come l’attuale presidente Andrzej Duda ricordava un paio d’anni fa a Vladimir Zelenskij.
Se ne è parlato a proposito della “polonizzazione” forzata delle regioni occidentali ucraine (e anche bielorusse), nel periodo della cosiddetta II Rzeczpospolita Polska, tra il 1920 e il 1939.
Nei rapporti tra Varsavia e Kiev, formalmente “amichevoli” solo quando si tratta di mostrare i denti contro il “comune nemico” orientale, o di approvare leggi “europeiste” che, nei due paesi, permettono di sbattere in prigione chiunque si azzardi anche solo a esporre un drappo rosso, si è ricordato anche di come vari capi della tanto celebrata in Occidente “Armia Krajowa” polacca, non avessero avuto nulla da invidiare alle bande filo-naziste di OUN-UPA ucraino.
Ma nell’Europa “resiliente” la Storia, come purtroppo ci insegnano i neo-fascisti di regime che ricoprono le più alte cariche dello stato italiano, si può modellare in base ai gusti del momento. Così, anche a dispetto delle ripetute – a volte spassose, più spesso vomitevoli – prese di posizione dei cosiddetti “Istituti della memoria storica” polacchi e ucraini, può accadere che si tracci una linea, molto momentanea, e si finga di dimenticare i reciproci “screzi” (per chiamarli con un eufemismo) ripetutisi nella storia dei rapporti tra Kiev e Varsavia.
Accade così che il Ministro dell’istruzione della junta golpista ucraina, Oksen Lisovij, concordi con l’ambasciatore polacco a Kiev Bartosz Cichocki, l’introduzione di “nuovi manuali scolastici di storia e geografia”. Per quanto la questione appaia quantomeno problematica, i comuni interessi, dettati ad entrambe le nazioni da USA e NATO, faranno sì che probabilmente il progetto vada avanti. Sarà sufficiente rimuovere alcuni “momenti critici”: tacere ad esempio i nomi di vari “eroi nazionali” ucraini, considerati assassini dai polacchi, oppure omettere le diverse rivolte ucraine, ripetutesi nei secoli, contro la dominazione polacca.
Tutto serve: naturalmente, ognuna delle due parti, pur giurando sui “comuni sentimenti” e i “comuni obiettivi”, guarda al proprio tornaconto. Che oggi, per alcuni aspetti, sembra coincidere, come scrive Vladimir Skachko: la guerra in territorio ucraino ha bisogno della costante e “invasiva” presenza polacca e, d’altra parte, questo è proprio quello che spiana la strada alle mire di Varsavia per la rinascita della Rzeczpospolita imperiale.
Una curiosità, rilevata da Skachko: se nell’aprile 2023, dopo lo “storico” abbraccio Duda-Zelenskij, il premier polacco Mateusz Morawiecki è volato a Washington a ricevere di prima mano il consenso yankee alla nuova “Rzeczpospolita a due”, non ha fatto nulla di nuovo, dato che già nel 1919 Varsavia aveva sottoposto alla “supervisione” USA l’idea degli Stati Uniti di Polonia.
Il servizio di Vladimir Skachko sintetizza i momenti salienti, fino a oggi, dei rapporti polacco-ucraini; riteniamo possa risultare interessante.
Se ne è parlato a proposito delle vicende immediatamente successive alla Rivoluzione d’Ottobre, quando le forze di Simon Petljura e Jozef Pilsudski, in guerra tra loro per il controllo della Galizia, erano però concordi nel combattere contro il giovane Esercito Rosso, come l’attuale presidente Andrzej Duda ricordava un paio d’anni fa a Vladimir Zelenskij.
Se ne è parlato a proposito della “polonizzazione” forzata delle regioni occidentali ucraine (e anche bielorusse), nel periodo della cosiddetta II Rzeczpospolita Polska, tra il 1920 e il 1939.
Nei rapporti tra Varsavia e Kiev, formalmente “amichevoli” solo quando si tratta di mostrare i denti contro il “comune nemico” orientale, o di approvare leggi “europeiste” che, nei due paesi, permettono di sbattere in prigione chiunque si azzardi anche solo a esporre un drappo rosso, si è ricordato anche di come vari capi della tanto celebrata in Occidente “Armia Krajowa” polacca, non avessero avuto nulla da invidiare alle bande filo-naziste di OUN-UPA ucraino.
Ma nell’Europa “resiliente” la Storia, come purtroppo ci insegnano i neo-fascisti di regime che ricoprono le più alte cariche dello stato italiano, si può modellare in base ai gusti del momento. Così, anche a dispetto delle ripetute – a volte spassose, più spesso vomitevoli – prese di posizione dei cosiddetti “Istituti della memoria storica” polacchi e ucraini, può accadere che si tracci una linea, molto momentanea, e si finga di dimenticare i reciproci “screzi” (per chiamarli con un eufemismo) ripetutisi nella storia dei rapporti tra Kiev e Varsavia.
Accade così che il Ministro dell’istruzione della junta golpista ucraina, Oksen Lisovij, concordi con l’ambasciatore polacco a Kiev Bartosz Cichocki, l’introduzione di “nuovi manuali scolastici di storia e geografia”. Per quanto la questione appaia quantomeno problematica, i comuni interessi, dettati ad entrambe le nazioni da USA e NATO, faranno sì che probabilmente il progetto vada avanti. Sarà sufficiente rimuovere alcuni “momenti critici”: tacere ad esempio i nomi di vari “eroi nazionali” ucraini, considerati assassini dai polacchi, oppure omettere le diverse rivolte ucraine, ripetutesi nei secoli, contro la dominazione polacca.
Tutto serve: naturalmente, ognuna delle due parti, pur giurando sui “comuni sentimenti” e i “comuni obiettivi”, guarda al proprio tornaconto. Che oggi, per alcuni aspetti, sembra coincidere, come scrive Vladimir Skachko: la guerra in territorio ucraino ha bisogno della costante e “invasiva” presenza polacca e, d’altra parte, questo è proprio quello che spiana la strada alle mire di Varsavia per la rinascita della Rzeczpospolita imperiale.
Una curiosità, rilevata da Skachko: se nell’aprile 2023, dopo lo “storico” abbraccio Duda-Zelenskij, il premier polacco Mateusz Morawiecki è volato a Washington a ricevere di prima mano il consenso yankee alla nuova “Rzeczpospolita a due”, non ha fatto nulla di nuovo, dato che già nel 1919 Varsavia aveva sottoposto alla “supervisione” USA l’idea degli Stati Uniti di Polonia.
Il servizio di Vladimir Skachko sintetizza i momenti salienti, fino a oggi, dei rapporti polacco-ucraini; riteniamo possa risultare interessante.
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“Polonia da mare a mare”: storia di una mania geopolitica sul terreno della russofobia
“Polonia da mare a mare”: storia di una mania geopolitica sul terreno della russofobia
di Vladimir Skachko
Se fosse possibile riunire contemporaneamente, in un unico luogo, tutti i sostenitori dell’idea o, se volete, del concetto geopolitico “Polska od morza do morza” (“Polonia da mare a mare“) in tutte le sue varianti, allora apparirebbe nel manicomio una splendida corsia densamente popolata.
Una specie di arca di Noè della geopolitica di secoli diversi: cominciando dall’idea Jagellonica del XIV secolo, per finire con le ultime ricerche sul tema, da parte del presidente ucraino Vladimir Zelenskij e del primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, che praticamente ha concordato negli Stati Uniti l’idea di una nuova Rzeczpospolita.
E, al pari dell’arca, con una coppia di ogni essere: re polacchi, granduchi lituani, hetman ucraini, presidenti e primi ministri di Polonia, Lituania, Ucraina, ogni possibile Maresciallo e Speaker dei parlamenti, generali e marescialli, filosofi e pensatori, politici e pazzi urbani della politica, che immaginano di essere dei messia.
E, naturalmente, il “capo dello stato polacco” (era questo il suo titolo ufficiale nel 1918-1922) primo ministro e dittatore militare di Polonia, maresciallo Jozef Pilsudski (1926-1935).
Con Pilsudski, l’idea di una Polonia da mare a mare si era riflessa nel Intermarium, o Miedzymorze, un progetto di stato confederato che avrebbe dovuto includere 10-11 entità statali già formate: Polonia, Ucraina, Bielorussia, Lituania, Lettonia, Estonia, Moldavia, Ungheria, Romania, Jugoslavia e anche, forse Finlandia. Tale confederazione avrebbe dovuto estendersi dai mari Nero e Adriatico, fino al Baltico (o, se volete, al contrario, da nord a sud): da qui la sua denominazione.
In questo progetto era sempre presente una particolarità fondamentale, che non gli ha mai consentito di realizzarsi: era diretto non alla propria edificazione, bensì alla contrapposizione coi vicini. In primo luogo, è sempre stato un progetto del panslavismo occidentale: l’unione degli slavi e dei popoli ad essi allineati sotto l’egida polacca e in contrappeso al panslavismo orientale a guida russa.
In secondo luogo, “Intermarium” è sempre stato diretto alla contrapposizione non solo alla Russia (o, al suo disfacimento in stati nazionali, che si sarebbero potuti rastrellare e portare sotto il proprio controllo), ma anche contro la Germania che, verso la fine XIX secolo-inizio XX si era già trasformata in una delle principali locomotive militari-industriali e politico-economiche dell’Europa Occidentale.
La distruzione è sempre funesta. I marameo politici – aperti o alle spalle – fatti in entrambe le direzioni hanno sempre ridotto Miedzymorze in pattume, sotto i colpi di entrambe le parti. Ad esempio, all’inizio della Seconda guerra mondiale, nel 1939, tutti i paesi del Miedzymorze di Pilsudski si trovavano o nella compagine dell’URSS di Iosif Stalin, oppure erano tra i satelliti schiavizzati della Germania di Adolf Hitler.
Eppure alla base dell’idea di Miedzymorze, a sua volta, stava l’idea del cosiddetto “prometeismo” – un progetto politico dello stesso Pilsudski – teso all’indebolimento e allo smembramento dell’impero russo e, successivamente, dell’Unione Sovietica, con l’aiuto dei movimenti nazionalisti per l’indipendenza dei principali popoli non russi che vivevano nell’ambito della Russia e poi dell’URSS.
Come noto, nel 1926 era stata fondata a Parigi l’organizzazione “Prometeusz”, di cui facevano parte elementi di residui antisovietici e antirussi, rappresentanti dell’Azerbajdžan, dei cosacchi del Don, di Georgia, Idel’-Ural, Ingrija, Karelija, Komi, Crimea, Kuban, Caucaso settentrionale, Turkestan e Ucraina.
Tale movimento era, come dire, accudito intellettualmente dall’Istituto orientale di Varsavia e dall’istituto di ricerca scientifica sull’Europa orientale di Vilno, mentre esistevano filiali di “Prometeusz” a Kharbin, Helsinki, Berlino e Teheran. All’epoca, a sostenere il progetto Miedzymorze, tra le maggiori potenze era solo la Francia, che guardava di traverso sia la Germania che l’URSS.
Per la prima volta, Pilsudski aveva esposto questa sua idea nel 1904, in un memorandum indirizzato al governo giapponese, cui raccomandava, nella lotta con l’impero russo – di cui all’epoca egli era suddito e, secondo le sue stesse parole, aveva preso il treno “socialista”, ma ne era sceso alla stazione “nazione” – di utilizzare i numerosissimi popoli non russi che abitavano le coste dei mari Baltico, Nero e Caspio.
Già allora, secondo Pilsudski, a mettersi alla testa di questa lotta per il crollo della Russia doveva essere la Polonia, che aveva una ricca storia, amava la libertà e non accettava compromessi nei confronti dei tre imperi che l’avevano divisa: russo, germanico e austro-ungherese.
I giapponesi rimasero stupiti, ma, a quanto pare, un po’ di soldi a Pilsudski li dettero – già all’epoca, essi avevano imparato a usare attivamente il “soft power” contro i propri nemici: cioè i traditori nel campo nemico. E di sicuro Pilsudski era un traditore dell’impero russo; come qualsiasi altro suo suddito, che operava contro di esso.
Dunque, Miedzymorze sorse come idea Jagellonica – dal nome della dinastia reale polacca dei Jagelloni, salita al trono nel 1386 e che per prima era ricorsa nella pratica al meccanismo dello stato federale, che riuniva il regno di Polonia e il Granducato di Lituania, uniti nel 1569 nella Rzeczpospolita dell’unione di Lublino.
Tale stato si conservò fino al 1795 (terza definitiva divisione della Polonia), esercitando supremazia, nello spazio tra i mari Baltico e Nero, sui territori delle odierne Polonia, Ucraina, Bielorussia e Lituania, e anche, in parte, sui territori delle odierne Russia, Lettonia, Moldavia, Estonia e Slovacchia.
Il periodo tra la formazione, nel 1569 e fino al 1683, quando le truppe del re polacco Jan III Sobieski, nei dintorni di Vienna, polverizzarono i soldati dell’impero ottomano, ponendo fine per sempre alle incursioni turche in Europa, è considerato il “periodo aureo” della Rzeczpospolita, di cui i polacchi vanno terribilmente orgogliosi e per il quale sono terribilmente nostalgici, raggiungendo a volte la pazzia, nella loro dimenticanza.
Giacché nel 1648, sotto la guida di Bogdan Khmel’nitskij, era iniziata l’insurrezione di liberazione nazionale, che doveva strappare alla Rzeczpospolita una parte significativa del suo territorio: quella che oggi si chiama “Ucraina”, ma che allora erano i Territori d’Accesso, o Piccola Polonia.
E quando Khmel’nitskij ebbe la meglio e portò una parte significativa dei suoi territori sotto lo scettro della dinastia russa dei Romanov, i polacchi tentarono di riconquistarli con l’inganno, venendo a patti coi traditori dell’idea dell’unità russo-ucraina. Già allora nacque a Varsavia una variante dell’allora Miedzymorze: una Rzeczpospolita dei tre popoli di Polonia, Lituania e Ucraina.
Nel 1658, a Gadjac (oggi regione ucraina di Poltava), l’hetman pro-polacco delle Truppe di Zoporože, Ivan Vydoskij e i rappresentanti della Rzeczpospolita sottoscrissero l’accordo di Gadjac, che ratificava la nascita della nuova Rzeczpospolita. Il nuovo Granducato russo, nella compagine dei voivodati di Kiev, Cernigov e Bratslav del Regno di Polonia, doveva diventare il terzo membro, con pari diritti, dell’unione della corona di Polonia e del Granducato di Lituania.
La guerra russo-polacca del 1654-1667, dall’esito negativo per Varsavia, la contrarietà degli ucraini a tornare sotto la Polonia e le liti interne alla stessa Rzeczpospolita, il cui Sejm rifiutò la ratifica dell’accordo di Gadjac nella sua interezza, finirono con la divisione dell’Ucraina (allora Hetmanscina), in Riva destra, rimasta nella compagine della Rzeczpospolita fino alla sua seconda divisione nel 1793, e Riva sinistra che, insieme a Kiev, ubicata sulla riva destra, ma venduta a poco prezzo dai polacchi, entrò a far parte della Russia.
Durante l’insurrezione del 1863-1864, i polacchi tentarono di rinverdire l’idea della “Rzeczpospolita dei tre popoli” e giunsero a rinnovare la cosiddetta Unione di Horodlo del 1413, quando per la prima volta polacchi e lituani avevano tentato di fondersi in un’unica entità statale.
Ora, all’Unione di Horodlo cercarono di aggregare szlachta e aristocrazia di Volynia e Podolja, sottraendole con ciò alla Russia. Comparve addirittura un nuovo stemma che, accanto all’aquila bianca polacca e al Pogon lituano, includeva anche l’immagine dell’Arcangelo Michele, patrono di Kiev.
Ma i soldati russi decisero tutto alla loro maniera, soffocando l’insurrezione e i polacchi si placarono fino al 1918, quando la seconda Rzeczpospolita rinacque con Pilsudski. A dire il vero, prima di questo c’era stata l’idea degli Stati Uniti di Polonia: la rinascita cioè della Repubblica polacca come stato federativo, in cui la costituzione e la legge avrebbero dovuto garantire i diritti dei cittadini e anche di diversi gruppi etnici e religiosi.
Questa idea fu proposta nel 1919 all’allora presidente USA, Thomas Woodrow Wilson, dal Ministro degli esteri polacco, Ignacy Jan Pederewski. E si può solo immaginare cosa avesse in mente quest’uomo, che proponeva di dar vita a una repubblica, che sarebbe stata guidata da un presidente con il titolo di re, e che avrebbe incluso i Regni di Polonia, di Lituania, di Polesia, di Galizia-Podolsk e di Volynia.
Pilsudski cacciò malamente Pederewski e aveva già cominciato a manovrare con la sua idea di prometeismo, finché non morì di tumore al fegato nel 1935. Poi arrivarono Hitler e Stalin e ancora una volta tutto finì per la Polonia, fino al 1945.
A dire il vero, i frenetici ammiratori di “Intermarium” non ebbero pace nemmeno nell’emigrazione, sognando la rinascita della Polonia esclusivamente come Miedzymorze. L’idea di una unione dei territori tra i mari Baltico, Nero, Adriatico e, ora, anche Egeo, venne rilanciata dal governo polacco in esilio sotto la guida di Vladislav Sikorski.
Nel 1942 si tennero addirittura dei colloqui tra i governi in esilio di Grecia, Jugoslavia, Cecoslovacchia e Polonia, in cui si presumeva di creare una confederazione polacco-cecoslovacca e una greco-jugoslava, dirette contro la Germania e, ovviamente, contro l’URSS. Misero fine a questi arzigogoli l’URSS e i suoi alleati. Fino al 1991.
Di nuovo, l’idea di “Intermarium-Miedzymorze” prese a rinascere e a progredire dopo il crollo dell’URSS. Ora, con l’obiettivo del crollo della Russia. E cosa non c’è stato a questo proposito, nelle varianti più diverse e con la partecipazione dei più svariati soggetti! Ma, necessariamente, con la presenza, in un modo o in altro, della Polonia:
– nel 1991 sorse nel centro dell’Europa la trojka di Visegrad, formata da Polonia, Ungheria e Cecoslovacchia, che diventò un quartetto in seguito al crollo della Cecoslovacchia, entrato poi al completo nel 2004 nell’Unione europea;
– nel dicembre 2005 fu creata a Kiev la “Comunità della libera scelta”, formata da dieci ex paesi socialisti europei: Polonia, Georgia, Ucraina, Lettonia, Lituania, Estonia, Macedonia, Moldavia, Romania e Slovenia; con otto paesi, tra cui gli USA, come “osservatori”. Iniziatori, furono i “presidenti colorati” di Georgia e Ucraina, Mikho Saakašvili e Viktor Jušcenko. Si tennero addirittura due incontri: nel marzo 2006 a Tbilisi e a maggio a Vilnius. Poi tutto si ingolfò, a causa delle sconfitte dei fondatori;
– l’Alleanza delle nazioni baltiche-mar Nero, un’unione internazionale politico-sociale delle organizzazioni e dei partiti di Ucraina, Georgia, Bielorussia, Lettonia, Lituania, Estonia, creata il 5 dicembre 2014 a Kiev. Disgraziatamente, alla fondazione la Polonia non venne invitata, ma si trattava solo di una struttura interpartitica e non interstatale.
Tuttavia, essa ci sarebbe anche entrata di propria iniziativa, se l’Alleanza fosse stata davvero effettiva. Di questo non c’è dubbio, giacché scopo dell’Alleanza era la lotta contro «la politica imperiale» della Russia e l’incremento dei contatti tra politici e società dei paesi situati nelle regioni baltiche e del mar Nero, per aggiornare il sistema della sicurezza regionale. In particolare, la liberazione dei «territori occupati di Georgia e Ucraina»;
– la «Iniziativa dei tre mari» (ITM), nota anche come «Iniziativa dei mari Baltico-Adriatico-Nero» (IBAN), o «Tremari», formata da dodici stati dell’Unione europea situati nell’Europa centrale e orientale (Austria, Bulgaria, Ungheria, Lettonia, Lituania, Estonia, Polonia, Romania, Slovacchia, Slovenia, Croazia, rep. Ceca). I territori dei paesi partecipanti hanno sbocchi sui mari Adriatico, Baltico e Nero. L’obiettivo è quello di avviare un dialogo regionale, su questioni diverse, di interesse dei paesi-membri.
Il primo incontro ai massimi livelli dei paesi partecipanti si tenne a Dubrovnik nel 2016. Poi ci fu un altro summit nel 2018 e per ora più niente.
Infine, la prima variante più o meno realistica della nuova – quarta – Rzeczpospolita, sotto forma del cosiddetto “triangolo di Lublino”, quale alleanza regionale tripartita per la cooperazione politica, economica e sociale tra Ucraina, Polonia e Lituania. La dichiarazione in tal senso è stata firmata a Lublino il 28 luglio 2020 dai Ministri degli esteri dei tre paesi: un ammiccamento al fatto che proprio in questa città della unione di Lublino era stata creata la prima Rzeczpospolita.
Come dichiarato fin da subito, la collaborazione tra Kiev, Varsavia e Vilnius non si limita alle sole questioni della sicurezza, ma si estende a economia, commercio, investimenti, turismo, infrastrutture. A oggi, però, il risultato visibile del triangolo di Lublino è stato la creazione della brigata lituano-polacco-ucraina (LITPOLUKRBRIG), una brigata autonoma di tre reggimenti (4.500 militari: 1.500 di ogni paese), concepita nel 2009 e ufficialmente destinata a operazioni internazionali di pace e umanitarie, tra cui le operazioni condotte sotto egida ONU, UE e NATO.
La quale NATO, s’intende, ha sostenuto la creazione della brigata, come parte dell’appoggio all’Ucraina, nella lotta contro la Russia.
Ed ecco che ora, nel 2022, il presidente Vladimir Zelenskij ha promosso leggi che concedono ai polacchi diritti pari agli ucraini e, in questo 2023, durante la visita a Varsavia, ha di fatto annunciato la creazione della Rzeczpospolita «a due»: Polonia e Ucraina.
Il presidente polacco Andrzej Duda è d’accordo, mentre il premier Morawiecki si è persino spinto fino in USA, per concordare l’idea col “fratello maggiore”. E probabilmente l’ha concordata, dal momento che solo per mezzo dell’unione con la Polonia, si potrà tentare di salvare almeno una parte dell’Ucraina dal finire sotto l’influenza russa, quando la Russia uscirà vittoriosa dalla Operazione militare speciale.
Tuttavia, molti osservatori ritengono che, per la Russia, il progetto “Intermarium” sia deleterio in ogni caso. Anche solo perché la Russia non può ostacolarne direttamente la formazione, senza interferire negli affari interni dei paesi dell’Unione Europea e della NATO.
Per di più, nel momento in cui Varsavia ottiene un mercato coloniale e un nuovo-vecchio alleato coatto, mentre Mosca e Minsk perdono un partner, la crisi ucraina diviene il primo passo e uno dei momenti chiave nella realizzazione del progetto Miedzymorze.
Quantunque, d’altra parte, nella questione del Miedzymorze, si devono sempre ricordare due circostanze. Prima: nella stessa Polonia, a opporsi a questo progetto è la cosiddetta idea di Piast dei nazional-democratici polacchi, dal nome dei Piasti, la dinastia principesca e reale polacca il cui leggendario fondatore fu il contadino Piast. Questa idea prevede la formazione di uno stato nazionale polacco con una quota minima di minoranze nazionali, frontiere tranquille a est e contrapposizione alla Germania, non alla Russia.
Se si becca un bel colpo sul grugno, la Polonia, col suo “Intermarium”, tornerà ai Piasti a leccarsi le ferite: su questo non ci sono dubbi.
Seconda circostanza: la combinazione sorprendentemente aggressiva di nazionalismo romantico polacco, panslavismo occidentale e messianesimo polacco, trae ispirazione dall’opera di un autore sconosciuto, dal titolo “Profezia di Tegoborze”, che sarebbe stata pronunciata dallo spirito di Adam Mickiewicz durante una seduta spiritica nel castello dei conti Ossolinski. Mickiewicz avrebbe profetizzato:
Risorgerà la Polonia da mare a mareEcco, i polacchi si aggrappano a questa profezia mistica e spiritica, dimenticando che essa si cura perfettamente, se lo psichiatra è competente. O, almeno, sa guidare altrettanto bene un carro armato...
Aspettate mezzo secolo
Ci proteggerà sempre la misericordia di dio
Per questo, soffri e prega, uomo.
Fonte
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