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24/04/2023

Aumenti salariali di 200 euro al mese. In Germania, mica in Italia...

La lotta paga. Lo slogan sarà pure antichissimo, ma proprio perché eterno significa che non è solo uno slogan.

Gli scioperi del trasporto pubblico e non solo, in Germania, hanno portato a un accordo sugli aumenti salariali che può sembrare “paradisiaco” solo a chi – come i lavoratori qui in Italia – si sente ripetere ogni giorno che “l’inflazione non deve alimentare una spirale prezzi-salari”. In parole povere: non vi daremo un centesimo in più, stringete la cinghia e non rompete il ca...

A Berlino, invece, i lavoratori pubblici – rappresentati dal sindacato Ver-Di (niente a che vedere con i presunti “ecologisti-bellicisti” al governo – portano a casa 3.000 euro di una tantum, esentasse, per recuperare il differenziale tra stipendi e prezzi dell’ultimo anno.

La nota governativa specifica che il primo versamento di 1.240 euro avverrà a giugno e che da marzo 2024 invece gli stipendi aumenteranno di 200 euro al mese (visti gli stipendi lì, tra il 7 e l’8% in più, per i livelli più bassi).

Per l’anno prossimo l’ulteriore aumento previsto è del 5,5%. Ma tutto questo “ben di dio” (agli occhi italiani, ovvio) non corrisponde esattamente alle richieste che avevano alimentato gli scioperi: +10,5%. Il che ha fatto dire al leader di Ver.di, Frank Werneke, “abbiamo raggiunto la nostra soglia del dolore” nel firmare questo compromesso.

Come dire: il vero minimo sindacale.

L’accordo è comunque importante perché rompe il tabù del divieto di aumenti salariali – la criminalizzata “spirale prezzi-salari” – proprio lì dove il mantra dell’austerità ha il suo centro decisionale: la Germania.

E sarà decisamente complicato impedire che qualsiasi paese della UE possa imboccare la stessa strada. Se è pur vero che i conti pubblici tedeschi sono migliori della media, non si può certo dire che gli orari di lavoro a Berlino siano particolarmente ossessivi: 1360 ore di servizio l’anno, contro le 1719 dell’Italia. In pratica, un giorno di lavoro in meno ogni settimana...

Dunque la bufala retorica della “maggior produttività” non può neanche essere nominata.

Resta la differenza abissale tra i sindacati francesi o tedeschi – niente affatto “rivoluzionari”, ma almeno attenti a fare il proprio mestiere (rappresentare gli interessi immediati dei lavoratori) “al minimo sindacale” – e la “triplice” dei complici CgilCislUil.

Segnaliamo, come più volte fatto, che il livello dei prezzi nei due paesi è praticamente identico e in qualche caso addirittura minore a Berlino che non a Roma.

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