Una intervista ad Alberto Negri. L’esperto internazionale ed ex corrispondente esamina i sostanziali cambiamenti economici, geopolitici e diplomatici in corso nella regione mediorientale. L’intervista è stata pubblicata sull’agenzia Nova.
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Non solo la normalizzazione dell’Arabia Saudita con la Siria, ma soprattutto il riavvicinamento in corso tra Riad e Teheran, due storici nemici, fa emergere una ridefinizione dei rapporti interregionali ed evidenzia la necessità, da parte di molti attori, di trovare nuovi regolamenti diplomatici in sostituzione delle “grandi manovre della superpotenza statunitense”.
Lo ha dichiarato Alberto Negri, inviato di guerra e analista internazionale per Medio Oriente, Asia Centrale, Africa e Balcani, ad “Agenzia Nova”, commentando i recenti sviluppi nella regione mediorientale e il progressivo riavvicinamento del governo di Damasco, guidato dal presidente Bashar al Assad, agli altri Paesi della regione dopo oltre un decennio di isolamento diplomatico.
“È evidente che il reintegro della Siria nel panorama arabo avverrà”, ha spiegato Negri, ricordando la recente visita del ministro degli Esteri saudita, Faisal bin Farhan, a Damasco, dove si è pronunciato a favore del reintegro della Siria.
“Quando lo dice l’Arabia Saudita, che tra l’altro ha finanziato e sostenuto come la Turchia molti dei gruppi islamisti e jihadisti che hanno combattuto contro Assad per dieci anni, è evidente che questa normalizzazione si sta per verificare”, ha proseguito l’analista, evidenziando come gli Stati Uniti “non siano più reputati un partner così affidabile, soprattutto dalle monarchie del Golfo”.
“Non solo dopo lo scoppio della guerra in Ucraina nessun Paese arabo musulmano ha introdotto sanzioni contro Mosca, ma tutti continuano ad avere rapporti con (Vladimir) Putin, sia dal punto di vista economico che militare”, ha detto ancora Negri, parlando della più recente ridefinizione dei rapporti interregionali che interessano anche il mercato petrolifero, “con buona parte del petrolio russo che viene indirizzato verso l’Asia dalla Cina all’India e poi passa, oltre che dai porti asiatici, dai porti dei Paesi del Golfo”.
“Questo quadro sta spingendo una ridefinizione di tutti i rapporti regionali: tra Arabia Saudita e Siria, tra Arabia Saudita e Iran, e coinvolge anche l’Egitto che si sta riaprendo sia verso Damasco che verso Teheran. Questi cambiamenti riguardano il Medio Oriente, il Golfo e il Mar Rosso”, ha detto Negri.
Parlando della situazione in Siria, l’analista ha definito il Paese “una specie di condominio politico-militare” in cui il regime di Assad è sostenuto da truppe russe, dai pasdaran iraniani, dagli Hezbollah libanesi, “mentre dall’altra parte abbiamo una forte presenza militare statunitense nella zona dei pozzi petroliferi di Deir ez Zor e che ogni tanto intervengono contro lo Stato islamico (Is)”.
Il giornalista ha invitato a non dimenticare “la presenza costante dell’Is che ha recentemente attaccato di nuovo i civili, e la forte presenza di raid israeliani che prendono di mira le postazioni dei pasdaran iraniani”, così come “l’occupazione delle Alture del Golan da parte di Israele dal 1967”.
Inoltre, in questo quadro è presente anche l’Amministrazione autonoma curda del nord della Siria, nota anche come Rojava, “alleata degli Usa e dell’Occidente contro il Califfato”, e che reagisce con diffidenza a queste nuove manovre regionali.
Commentando la recente iniziativa del Rojava per una soluzione pacifica e democratica alla crisi del Paese, Negri ha spiegato che “potrebbe favorire il superamento dello stallo nelle trattative in corso con Damasco” dell’ultimo anno e mezzo e “una loro possibile ripresa”.
“Dopo 20 anni di interventi occidentali in Medio Oriente sono più i fallimenti che i successi: questo è particolarmente evidente in Iraq e in Siria”, ha proseguito Negri, sottolineando come la regione sia diventata un campo della Russia “già nel 2015 con l’invio di forze a sostegno di Assad”, mentre ora “gli stessi Paesi cercano referenti politici e militari diversi da quelli occidentali”.
“Chi può fare un consuntivo meno brillante della situazione attuale è lo stesso Israele”, ha affermato l’analista, ricordando i “molto pubblicizzati” Accordi di Abramo con alcuni Paesi della regione e che “avrebbero dovuto includere anche l’Arabia Saudita, paese chiave nel campo arabo”.
“L’idea di una sorta di Nato mediorientale con al centro Israele e il maggiore alleato Usa, appare ora come un obiettivo più difficile da realizzare (…). Come alternativa a quel famoso asse Washington-Israele, che avrebbe dovuto in qualche modo definire gli equilibri regionali, emergono i rapporti con Mosca, con la Cina, e i rapporti interregionali stessi che si stanno in qualche modo ricomponendo dopo un decennio e oltre di rottura”, ha detto Negri, secondo il quale questi nuovi attori “seguono l’ottica degli sviluppi economici globali”.
“Parliamo di un Paese, l’Arabia Saudita, che ha visto la visita di Xi Jinping e che sta cercando partner alternativi a quelli occidentali, in particolare agli Stati Uniti”, ha concluso l’analista, ricordando il raffreddamento dei rapporti di Riad con Washington e il recente avvicinamento alla Cina che ha portato lo scorso 10 marzo alla firma dell’accordo tra Arabia Saudita e Iran “due storici nemici, uno sul fronte sunnita e l’altro sul fronte sciita, che si affrontano da tre o quattro decenni in Yemen, Iraq e nella Siria stessa”.
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