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19/04/2023

La Corte Costituzionale decide che Cospito non può essere condannato all’ergastolo

Ottima notizia per Alfredo Cospito – rinchiuso in regime di 41bis ancora prima di essere stato condannato ad una pena che lo renda giustificabile (l’ergastolo “ostativo”) – e allo stesso tempo una pessima notizia per tutte le istituzioni che si sono fin qui occupate della vicenda confermando un pregiudizio incostituzionale contro un militante anarchico senza organizzazione (il 41bis, ufficialmente, dovrebbe servire a rompere i rapporti tra un prigioniero e un’organizzazione, in questo caso inesistente).

La Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sul caso, sollevato dalla Corte d’Assise di Torino (organo giudicante, non certo la Procura – ovvero “l’accusa”, ideologicamente formata a suo tempo da quell’autentico equivoco di nome Giancarlo Caselli, ritenuto “di sinistra” per le frequentazioni, non certo per la cultura giuridica [il suo ideale era certamente “il massimo della pena”] – ha riconosciuto che è “incostituzionale non riconoscere le attenuanti generiche”.

Una sottigliezza giuridica, com’era inevitabile, che però prende atto del fatto che non si possono precludere, per il reato di “strage politica”, sconti di pena “nei casi di recidiva aggravata”.

Dietro la sottigliezza giuridica sta il fatto clamorosamente evidente: la “strage politica” di cui è imputato Cospito – l’esplosione di un ordigno fatto con polvere pirica (quella dei “botti” di capodanno), nella notte, fuori della caserma dei carabinieri di Fossano, senza provocare né feriti né, tantomeno, morti – molto difficilmente, in un paese minimamente serio, può essere considerato un “reato gravissimo”.

Segnaliamo per dovere di informazione che neanche per Piazza Fontana o la strage alla stazione di Bologna, nel 1980, una qualsiasi corte abbia provato ad evocare quest’arma giudiziaria “fine di mondo”. Il “caso Cospito”, in questo senso, è un’invenzione...

Insomma: nella sentenza della Consulta di fatto si dice che la pena a cui può essere condannato Alfredo Cospito può e deve variare – tenendo conto di “attenuanti” come l’assenza di feriti e soprattutto morti – fino ad un massimo di 24 anni. Non pochi, sicuramente, ma in pratica la metà di quanto è considerato un ergastolo (40 anni, per i calcoli della legge “Gozzini”). E senza 41 bis, anzi, con l’ordinaria gestione dell’esecuzione delle pene considerate quasi “minori”...

Dice la sentenza: “In continuità con i suoi numerosi e conformi precedenti sulla disposizione censurata, la Corte ha ritenuto tale norma costituzionalmente illegittima nella parte in cui vieta al giudice di considerare eventuali circostanze attenuanti come prevalenti sulla circostanza aggravante della recidiva di cui all’art. 99, quarto comma, cod. pen., nei casi in cui il reato è punito con la pena edittale dell’ergastolo”.

In altri termini: il giudice che dovrà determinare in futuro la pena di Cospito per il “petardone” di Fossano potrà anche, ma solo in linea teorica, propendere per la pena dell’ergastolo. Ma non gli potrà essere impedito di valutare le “circostanze attenuanti”: ovvero l’assenza di vittime.

Secondo la Corte, il carattere “fisso” della pena dell’ergastolo per “strage politica” esige comunque che il giudice possa operare “l’ordinario bilanciamento” tra circostanze aggravanti e attenuanti previsto dai primi tre commi dello stesso articolo 69. Conseguentemente, il giudice dovrà valutare, caso per caso, se applicare la pena dell’ergastolo oppure, laddove reputi prevalenti le attenuanti, una diversa pena detentiva (molto minore).

Tutti coloro che hanno avuto a che fare col caso di Cospito (corti, tribunali di sorveglianza, fino al ministro Nordio) dovrebbero correre a dimettersi per manifesta ignoranza dei parametri fondamentali della Costituzione Italiana.

Non a caso nata dalla Resistenza. Ossia dalla sconfitta del fascismo, che ogni tanto rimette la testa fuori. Persino nelle aule dei tribunali.

Una defaillance mostruosa per un governo fascista, che mette in atto la stessa logica incostituzionale ovunque metta le mani: dal salario alla scuola, dalla sanità all’immigrazione, dal lavoro femminile alla partecipazione alla guerra.

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