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30/04/2023

Guerra di droni in Ucraina

di Francesco Dall'Aglio

Post lungo, diviso in due parti e dedicato, guarda un po’, ai droni.

Prima parte: la notizia che ieri mattina hanno battuto tutti i media è l’attacco con droni al porto di Sebastopoli che ha portato alla distruzione di quattro cisterne di carburante con effetti parecchio scenografici (allego due foto, quelle belle che vado scavando nei canali russi, non la monnezza che pubblicano Repubblica e soci).

La notizia è stata presentata come un fatto d’arme straordinario e come il primo passo della riconquista ucraina della Crimea, con tanto di roboanti affermazioni di Zelensky sul fatto che si tratta solo dell’inizio e che i russi farebbero bene ad andarsene finché sono in tempo eccetera.

Ora, intendiamoci: la notizia è certamente importante e va data. Testimonia ancora una volta la capacità ucraina di organizzare un attacco di droni a lungo raggio (tre gruppi di Mugin-5, per un totale probabile di 10 droni, uno solo dei quali ha colpito il bersaglio), la ripresa in forze delle ricognizioni di aerei NATO sul Mar Nero per designare gli obiettivi (ieri si è rivisto in volo l’E-3F francese, che compare sempre il giorno prima di un attacco di droni, insieme a un Atlantic A-2 sempre francese e a un Global Hawk statunitense. Niente aerei inglesi stavolta) e la vulnerabilità della Crimea ad attacchi di questo tipo: non è la prima volta e non sarà di certo l’ultima.

Ciò detto, non si è trattato alla fine di un’operazione straordinaria né coronata da particolare successo. Due droni sono stati abbattuti (uno da un Pantsir, l’altro da un distaccamento della fanteria di marina, non sono riuscito a capire con che mezzo) e sette (c’è chi scrive otto) sono stati tirati giù grazie a contromisure elettroniche, quattro in mare e tre o quattro sulla terraferma: il che significa che la contraerea russa ha fatto un buon lavoro, considerando la difficoltà dell’abbattere velivoli del genere – piccoli, molto mobili, in fibra di carbonio e con una segnatura radar estremamente bassa.

I danni sono stati certamente scenografici, come si vede anche dalle foto che allego, ma alla fine contenuti, e non ci sono state vittime. Però è una vittoria di pr importante, soprattutto in un momento avaro di vittorie sul campo, in attesa sempre più spasmodica della controffensiva.

Seconda parte: appunto la controffensiva, o meglio un elemento della stessa.

I nostri media, come detto sopra, hanno parlato moltissimo dell’attacco di droni ucraino a Sebastopoli: non hanno però parlato per niente degli attacchi di droni russi nelle retrovie del fronte di Cherson, dove sembra che qualcosa si stia muovendo davvero.

Le ultime 24 ore sono state semplicemente tragiche per la contraerea ucraina: i Lanzet russi hanno distrutto due S-300 (uno dei quali saltato in aria in stile hollywoodiano, allego foto), ne hanno danneggiati altri due e hanno danneggiato un Gepard, il semovente antiaereo fornito dalla Germania (allego foto anche di questo.

Sì, il canale che ha diffuso il filmato dell’attacco al Gepard si chiama Antiseptic, non posso farci nulla), il tutto filmato e fotografato.

Non è chiaro quanti danni abbiano subito i mezzi danneggiati, ma certo la loro operatività, almeno per il momento, è compromessa. Particolarmente ironico l’attacco sul Gepard, il cui scopo sarebbe impedire che i sistemi antiaerei più complessi vengano attaccati e che invece è stato attaccato a sua volta, tra l’altro con un impatto frontale.

Il giorno prima, infine, un altro Lanzet aveva colpito un Tor, altro sistema antiaereo semovente a corto raggio.

Considerazioni in ordine sparso.

La prima uscita pubblica del Gepard non è andata molto bene. Se sia sfortuna o carenza di addestramento da parte dell’equipaggio, è presto per dirlo. I canali russi, ovviamente, ridono, ma la cosa in fin dei conti non è molto importante.

La cosa importante da chiedersi, infatti, è perché tutti quei sistemi antiaerei erano in movimento a così poca distanza l’uno dall’altro e così vicini alla linea del fronte: i mezzi infatti si trovavano tutti nelle vicinanze di Promin’, a meno di 25 chilometri dal Dnepr.

Il raggio d’azione di un S-300 di quel tipo è intorno ai 75 chilometri usando i missili 5V55R, e 45 usando i 5V55K: perché erano così vicini al fronte, e concentrati? Soprattutto la vicinanza al fronte è preoccupante, perché può significare due cose.

La prima: i missili in dotazione hanno ormai esaurito la loro vita operativa (anche le armi scadono) e quindi non garantiscono più le stesse prestazioni: abbiamo già visto missili lanciati dagli S-300 ucraini prendere strane strade, inclusa quella della Polonia.

La seconda: l’aviazione russa (ne abbiamo già parlato) ha cominciato a utilizzare bombe guidate che consentono agli aerei di agire a distanza molto maggiore dalla linea del fronte, con maggiore efficacia. L’antiaerea deve necessariamente avvicinarsi e questo la espone al rischio di essere colpita, oltre che dagli aerei stessi, dai droni: come si è visto ieri.

Non è un caso che la richiesta che maggiormente viene fatta agli alleati occidentali, oltre agli F-16, siano i sistemi antiaerei. I pochi arrivati sono a guardia degli obiettivi sensibili, non a sostegno delle operazioni militari.

La domanda da porsi, adesso, è: senza appoggio aereo e senza antiaerea per dissuadere l’aviazione nemica, si può mettere in piedi una controffensiva così ambiziosa come quella nei piani dello Stato Maggiore ucraino (o nei sogni dei media che ne parlano)?

I russi, intanto, si dicono preoccupati. Non hanno proiettili, dicono. Hanno pochi uomini. Pochi mezzi. Poi c’è la corruzione, i traditori, come dice Prigožin. Qua va a finire, dice sempre lui, che si comincerà a combattere davvero quando i nemici saranno quasi a Mosca, come al solito. E quanto più i media parlano delle difficoltà ucraine, tanto più i russi si lamentano delle proprie. Che noia.

Intanto voci non confermate dicono che gli ucraini hanno iniziato ad aumentare lo scarico d’acqua dalle dighe sul Dneper, per allagare le posizioni russe e costringerli ad arretrare. Ve la do come l’ho letta, perché a me pare abbia poco senso: i russi arretrerebbero di sicuro, ma per gli ucraini sarebbe ancora più difficile passare il fiume.

Però ho anche letto (lo riporta Bild) che istruttori tedeschi stanno addestrando dei reparti dotati di kayak. Torno a dire che mi sembra strano, ma come attacco diversivo potrebbe anche funzionare.

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