21/04/2023
Rovesciamo dal piedistallo Almirante e il neofascismo
Per anni il revisionismo storico, di cui è stata complice anche tanta “sinistra”, ha tentato di costruire un Pantheon “condiviso” dei padri della Patria, che superasse l’antifascismo e magari lo sostituisse con l’anticomunismo.
Così la Costituzione e la democrazia sarebbero state portate dagli americani e realizzate e difese da De Gasperi. Il ruolo dei comunisti nella Resistenza è stato ridotto a quello dei cattivi. Massacratori di civili inermi dopo il 25 aprile e complici degli slavi infoibatori. C’è persino una ricorrenza ufficiale dedicata a questo.
Il solo “comunista buono” sarebbe Enrico Berlinguer, perché avrebbe accettato la NATO e soprattutto perché viene spesso accostato a Giorgio Almirante, che rese omaggio al suo feretro.
E in questi tempi il nazifascista Almirante, presentato come onesto, simpatico, rigoroso, è diventato anch’egli un “padre della Patria”.
Giorgio Almirante fu un razzista convinto, segretario di redazione della rivista nazista La Difesa della Razza. Fu nazifascista di Salò, fucilatore di partigiani, collaborazionista nello sterminio degli ebrei. Scampato alla giustizia partigiana e colpevolmente amnistiato da Togliatti, Almirante fu poi tra i fondatori del MSI.
La sigla del partito neofascista nasceva direttamente dalla Repubblica Sociale Italiana, RSI, voluta da Hitler per mascherare e rendere più agevole l’occupazione militare del nostro paese. La M stava al posto della R, ma era la repubblica di Salò il riferimento del MSI e la fiamma, giunta fino al partito di Giorgia Meloni, aveva un solo significato: celebrare Benito Mussolini.
Almirante fu il capo dello squadrismo neofascista più violento e, seppure con l’astuzia di mandare avanti altri, direttamente o indirettamente fu coinvolto in tutte le trame eversive degli anni '60 e '70. Non accettò mai la democrazia, semplicemente ne usò gli spazi, ma festeggiò il golpe dei colonnelli in Grecia del 1967 e quello di Pinochet in Cile del 1973.
Poi negli anni '80, contemporaneamente alla svolta liberista e alla restaurazione padronale, cominciò la legittimazione del nazifascista Giorgio Almirante.
Oggi Meloni, Lollobrigida e La Russa possono dire quello che dicono perché Almirante, che mai si distaccò dal fascismo se non con artifizi storicisti, è considerato un politico “per bene” da rimpiangere, non un criminale scampato alla pena.
Oggi la legittimazione del nazifascismo si è rafforzata con le politiche di austerità e con la guerra.
Giorgia Meloni ha fatto sua l’agenda di Draghi e ha esaltato la centralità dell’impresa e lo sfruttamento del lavoro, come nel passato Margareth Thatcher. Questo l’ha resa affidabile per l'élite. Poi ha continuato e rafforzato la partecipazione alla guerra in Ucraina; e così i liberali euroatlantici hanno potuto applaudirla.
Se i nazisti del battaglione Azov sono diventati “eroi della democrazia”, se i fascisti polacchi sono diventati “la prima linea della libertà”, come si fa a contestare la fiamma fascista di Giorgia Meloni?
Meloni ed i suoi sono profondamente almirantiani. Più il palazzo li legittima, più loro chiedono in cambio la legittimazione del loro fascismo.
Il ministro Lollobrigida ha ora sdoganato nel governo della Repubblica il concetto di “sostituzione etnica”. È una mostruosità nazista, una delle basi ideologiche dello sterminio degli ebrei e di ogni razzismo.
Il Ku Klux Klan negli USA linciava gli afroamericani, mentre tra i bianchi spargeva il timore di essere “rimpiazzati dai neri”. Non si può proclamare la “sostituzione etnica” se non si pensa che i bianchi debbano prevalere in quanto razza.
Come sempre, dopo aver lanciato il sasso, i fascisti di governo ritirano la mano, fanno finte correzioni, si dichiarano ignoranti che usano termini impropri. Certo meglio ignorante che fascista, ma stanno solo facendo gli scemi per non pagare dazio.
Quello che vogliono è alzare progressivamente l’asticella non della rivalutazione del fascismo storico, ma della legittimazione dei suoi elementi reazionari permanenti. Essi spargono un veleno profondo, che contamina ogni senso comune e pubblico e che rende normale ciò che fino a ieri era disgustoso ed inaccettabile.
Lo possono fare perché il Palazzo continuamente li punzecchia, ma poi alla fine li benedice.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è la personificazione più elevata di questo comportamento. Mattarella dovrebbe chiedere le dimissioni immediate di Lollobrigida, nel nome della Costituzione, invece tace. E va proprio dai fascisti polacchi per lanciare proclami di “guerra totale”.
Poi ad Auschwitz parla della “complicità” dei fascisti coi nazisti. Cioè anche lui cambia la storia a fini attuali, perché i fascisti non furono complici, ma autori dello sterminio degli ebrei, compresi i fascisti italiani con Almirante in testa.
C’è infine una ulteriore legittimazione dei fascisti di governo, quella che viene da chi sostiene che parlare di antifascismo sia un modo per nascondere i problemi reali.
Costoro partono da un fatto politico vero, che il PD ed il centro sinistra hanno spesso usato antifascismo e anti berlusconismo per coprire e legittimare le propria politica di destra liberale. Ma dimenticano che proprio questa politica ha portato al governo i fascisti, che ora ne sono gli estremi esecutori. Dunque denunciare oggi la legittimazione del neofascismo è un modo concreto per scontrarsi con le politiche liberiste e di guerra, che oggi sono la bandiera di Meloni e compagnia.
Facciamo un 25 aprile di lotta contro il governo dei seguaci di Almirante e della difesa della razza. Ribelliamoci alla legittimazione del fascismo. E rovesciamo dal suo sporco piedistallo il criminale nazifascista rimasto impunito.
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