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20/04/2023

Il razzismo dei cattivi

Il Governo Meloni ha appena licenziato il suo primo Documento di Economia e Finanza (d’ora in poi DEF), su cui abbiamo già avuto modo di soffermarci. Il DEF è cruciale non solamente per mettere a fuoco l’orientamento economico di un Governo, ma anche e soprattutto per gettare una luce chiara e depurata dalle chiacchiere su quale è la linea più propriamente politica che informa l’azione dell’Esecutivo.

Secondo diversi commentatori, il DEF avrebbe fatto emergere una contraddizione profonda e un’ipocrisia di fondo del Governo, per giunta su uno dei temi su cui Meloni, Salvini e compagnia cantante hanno calcato la mano con più volgarità e violenza. La contraddizione sarebbe – sarebbe perché, come vedremo, in realtà non c’è alcuna contraddizione – la seguente: da un lato il Governo si scaglia quotidianamente contro i migranti, in un susseguirsi di bestialità di cui non si vede la fine. L’elenco è lungo ed agghiacciante, dalla gestione della tragedia di Cutro – con annesse dichiarazioni del ministro dell’Interno Piantedosi e non solo – al tentativo di ostacolare in ogni maniera chi prova a salvare vite umane messe a repentaglio dai naufragi che si susseguono a ritmo spaventoso in questi mesi, dalla proclamazione dello stato d’emergenza nazionale per le questioni migratorie allo stop alla ‘protezione speciale’ e la stretta sui permessi di soggiorno per questioni mediche.

Dall’altro lato, però, a pagina 125 del DEF appare questa figura...

Il messaggio è eloquente: con un aumento dei flussi migratori di un terzo, ci troveremmo nel 2070 con un debito pubblico in rapporto al PIL minore di circa il 30%. Una sorta di toccasana per la salute dei conti pubblici italiani, una medicina capace di curare il più annoso dei nostri problemi. Tutto questo avverrebbe in virtù di un semplice meccanismo: la maggior parte dei migranti è giovane, quindi in età lavorativa. Ad un loro aumento aumenta l’offerta di lavoro e di conseguenza, seguendo la teoria economica dominante, aumentano la produzione e il reddito (cioè il PIL) del paese in cui i migranti approdano. In tale maniera un dato stock di debito pubblico ha, quindi, un peso minore a fronte di un PIL in crescita e risulta più sostenibile. Un simile ragionamento appare anche in un recente rapporto della Ragioneria dello Stato, dove il discorso è esteso alla spesa sanitaria e pensionistica, la cui sostenibilità migliorerebbe all’intensificarsi dei flussi migratori. E d’altronde l’ex presidente dell’INPS Tito Boeri aveva già fatto di questo tema un suo cavallo di battaglia, aggiungendo una nota di sfacciataggine che a rileggerla ora quasi è difficile crederci. Secondo il ragionamento di Boeri, infatti, i lavoratori stranieri pagano regolarmente contributi previdenziali e pensionistici, ma in una rilevante proporzione non rimarranno in Italia a sufficienza per godere anche dei benefici pensionistici che ne conseguirebbero. Cioè, pagano dei contributi per una pensione che non riscuoteranno mai, perché torneranno prima o poi nel loro Paese d’origine e lasceranno i cittadini autoctoni a beneficiare dei loro contributi.

Non è questo il luogo per contestare l’insensato meccanismo economico e la metodologia alla base dei calcoli che si possono trovare nel DEF, e d’altronde non è questo neanche il punto principale della questione. È però utile notare, invece, come le apparenti contraddizioni del Governo Meloni sulla questione migratoria siano in realtà esattamente due facce della stessa medaglia di un coerente progetto politico. Le morti in mare, la becera propaganda razzista e l’inasprimento delle condizioni di vita per chi arriva in Italia in fuga dalla disperazione hanno uno scopo preciso, che è quello di terrorizzare e disciplinare preventivamente una forza lavoro da usare alla stregua di schiavi, a cui affidare i cosiddetti ‘lavori di merda’ con salari da fame e a cui chiedere di pagare, per complemento, le nostre pensioni. 

A partire dal suo insediamento, il Governo Meloni ha mostrato a più riprese il suo vero volto, fatto di totale continuità con i Governi precedenti per quanto riguarda l’adesione cieca e totale al dogma dell’austerità e con un sovrappiù di viltà quando c’è da fare i duri con i disperati e gli occhi dolci al potente di turno, che siano le istituzioni europee o Confindustria. In maniera non sorprendente, per questo Governo i migranti sono carne da cannone, uno spauracchio su cui esercitare la più bieca retorica razzista e da agitare come arma di distrazione, e al contempo braccia da sfruttare e offrire in pasto al padronato, a condizioni tanto migliori per il padrone quanto più la loro vita sarà stata precedentemente resa un inferno. E non cambiano di una virgola il ragionamento le ultime farneticanti dichiarazioni di Lollobrigida e della Meloni stessa su sostituzione etnica e partecipazione femminile al lavoro in contrapposizione e alternativa al lavoro migrante. Si tratta solamente dell’ennesima dimostrazione della natura di questo Governo e di un tozzo di pane offerto alle frange di elettorato più genuinamente razziste.

Tutti i governi, di ogni colore politico, del resto, hanno sempre tenuto, in relazione al fenomeno migratorio, la stessa identica linea differenziandosi a tratti soltanto per la patina ideologica superficiale: rendere l’ingresso irregolare dei migranti l’unico di fatto possibile incrementando così illegalità e precarietà esistenziale della forza lavoro immigrata. Tanti schiavi docili al servizio del capitalismo e dell’economia nazionale da poter poi agitare come capro espiatorio nell’eterna lotta tra poveri rinfocolata ad arte contrapponendo gli ultimi ai penultimi.

Per chi lavora, per chi è disoccupato, per chi prende una pensione o aspira a prenderne una un giorno, il nemico non è e non può essere il migrante, ma è il padrone e il Governo che in suo nome opera. Il migrante è invece l’alleato naturale del lavoratore, del disoccupato e del pensionato, perché ne condivide interessi materiali, posizione all’interno di un sistema economico fondato sul profitto e lo sfruttamento e aspirazione all’emancipazione.

Bisogna rovesciare lo schema logico atroce dell’immigrato come mero strumento al servizio di qualcosa o di qualcuno per ribadirne invece il ruolo di soggettività sociale naturalmente organica alla vasta maggioranza di coloro che non hanno nulla da guadagnare da questo sistema economico.

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