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22/04/2023

Storie della Resistenza. Il Gobbo del Quarticciolo

Giuseppe Albano, più noto come il Gobbo del Quarticciolo, conobbe la sua fama soprattutto durante i primi mesi del 1944. La sua banda fu tra le prime a reagire alla rappresaglia nazista delle Fosse Ardeatine.

Il 10 Aprile ‘44, a pochi giorni dalla strage, giustiziò tre soldati nazisti nel quartiere Tuscolano, in via Calpurnio Fiamma. La reazione tedesca fu spietata. Il 17 aprile 700 uomini del vicino quartiere del Quadraro vennero rastrellati e deportati in Germania, ove ne morirono circa la metà.

Per mesi tedeschi e fascisti rinunciarono ad entrare nei quartieri popolari di Centocelle e Quarticciolo, anche a causa delle azioni dei nuclei partigiani della zona guidati da Giuseppe Albano (a volte con l’aiuto dei militanti di formazioni politiche divenute storicamente famose per la lotta partigiana, come Bandiera Rossa, o le brigate Garibaldi).

Il 17 Aprile Giuseppe Albano venne arrestato, probabilmente in seguito ad una spiata, insieme ad un folto gruppo di compagni di “Bandiera Rossa”. Il fatto di essere stato sorpreso insieme a compagni di un gruppo diverso dal suo e lo stesso ridicolo ordine tedesco di arrestare tutti i gobbi di Roma – Via Tasso e Regina Coeli erano pieni di poveracci con le spalle curve – fece sì che Albano non fosse riconosciuto come il famoso partigiano e non fosse quindi eseguita la condanna a morte che era stata promulgata nei suoi confronti. Questo non impedì però che in Via Tasso fosse ferocemente torturato.

Il 4 Giugno, con gli americani alle porte di Roma e i tedeschi in fuga, la popolazione assaltò Via Tasso e liberò i detenuti, tra cui il “gobbo”.

In seguito, nella Roma liberata, il Gobbo e i suoi parteciparono alla cattura di molti fascisti, per alcuni giorni addirittura in collaborazione con i poliziotti della Questura, divenuti per incanto tutti “antifascisti”.

Ma, come altri partigiani, il Gobbo fu ben presto deluso dalla non volontà del nuovo governo di “epurare” i fascisti ed anzi di cominciare a perseguitare i compagni. La banda si dedicherà quindi ad azioni di esproprio contro gli arricchiti della “borsa nera”, distribuendo vettovaglie e generi di prima necessità alla popolazione affamata.

Nel corso di una di queste azioni rimane ucciso un caporale inglese, Tom Linson. Un evento dalla dinamica poco chiara, ma che genera un’enorme caccia all’uomo. Carri armati e mezzi blindati vengono mandati al Quarticciolo per stanare il Gobbo che però riesce a sfuggire, ma giorni dopo – e dopo l’uccisione del Gobbo – il quartiere sarà oggetto di un nuovo massiccio rastrellamento alla caccia degli uomini della banda.

Giuseppe Albano ebbe contatti con le varie anime della Resistenza romana, senza però dipendere mai da alcun partito o organizzazione politica. Per ordine di Pietro Nenni (PSI), si infiltrò nel gruppo “Unione Proletaria”. Questo gruppo, con sede in Via Fornovo 12, nonostante il nome “di sinistra” in realtà aveva aggregato molti ex fascisti allo scopo di svolgere, d’accordo con ambienti monarchici (si dice fosse finanziato dallo stesso Umberto II, futuro sovrano), opera di provocazione contro le forze di sinistra.

Il leader del gruppo era Umberto Salvarezza, conosciuto nell’ambiente come “Il Guercio”, scaltro truffatore, ultrafascista militante nelle squadracce del ras di Milano Mario Giampaoli, vero e proprio trasformista.

Si reinventò come “uomo di sinistra”, riciclandosi nel periodo post Liberazione presentando il suo partitino come una formazione che combatte le destre. In realtà, viene finanziato da militari, industriali e politici che vedono nella appena nata Repubblica italiana la fine dei loro privilegi. L’obiettivo vero di quest’organizzazione era quello di creare tensioni, far esplodere violenze tali da giustificare un colpo di Stato. E ristabilire il vecchio ordine.

Il 16 Gennaio 1945, mentre usciva dalla sede dell’Unione Proletaria in Via Fornovo, il Gobbo venne ucciso con sei colpi di pistola, di cui uno alla testa. La versione ufficiale è che morì in un conflitto a fuoco con i carabinieri che lo ricercavano per la morte di un militare inglese.

Una successiva “controinchiesta”, condotta da Franco Napoli, vera testa pensante della “banda del Quarticciolo”, stabilì con certezza che Albano fu ucciso a tradimento da tale Giorgio Arcadipane, già spia dei tedeschi tra i detenuti di Regina Coeli, aggregatosi tra i provocatori dell’Unione Proletaria.

La provocazione fu ancora più chiara due giorni dopo, quando centinaia di poliziotti e carabinieri circondarono il Quarticciolo, con la scusa di arrestare i complici del Gobbo.

A nessuno dei partigiani della banda del Gobbo e a molti dei deportati del Quadraro sarà riconosciuta la pensione o altro risarcimento dovuto per legge ai combattenti della Resistenza.

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