Unione Sindacale di Base e Rete Iside continuano il monitoraggio dei morti di lavoro e nel 2023 la situazione appare di giorno in giorno più grave: giovedì 13 aprile, secondo le notizie raccolte, si sono contate ben dodici vittime.
Nella maggior parte dei casi si tratta di morti evitabili, con dinamiche comuni alle tante già avvenute in passato, denunciate sia da USB che da Rete Iside. Di fronte a una strage che sotto gli occhi di tutti conta quest’anno già 289 vittime, siamo gli unici ad aver presentato una reale proposta: l’introduzione nel codice penale del reato di omicidio e lesioni gravi sul lavoro, una necessità non più rimandabile.
Abbiamo presentato una proposta di legge nella scorsa legislatura: grazie all’introduzione del reato di omicidio sul lavoro non sarebbe più conveniente per la parte datoriale tagliare su quelle misure salvavita che troppo spesso, invece, sono considerate un costo da ridurre all’osso per aumentare i profitti.
In Italia si muore quotidianamente di lavoro non solo nelle fabbriche, nei magazzini, nei cantieri, nei campi e sulle strade, ma anche durante le attività di formazione e istruzione. Le vittime di queste ultime ore hanno perso la vita secondo un preciso schema che si ripete in una spirale di sangue.
Se alcune morti sono causate da eventi straordinari ed imprevedibili, ma non certo meno gravi e tragici, come quella del parà della Folgore deceduto probabilmente a causa di un malore durante un lancio in provincia di Pisa, e quelle delle tre aspiranti guide alpine travolte da una valanga in Val d’Aosta, gli eventi che hanno portato alle altre morti non hanno niente di straordinario ma rientrano nella tremenda normalità in cui lavoratrici e lavoratori sono costretti a vivere ogni giorno.
Sono ben tre le morti in itinere che abbiamo conteggiato in questo tragico giovedì, quattro se si considera che una delle vittime ha perso la vita in un incidente stradale in cui la notte precedente era rimasto ucciso un altro lavoratore che viaggiava con lui: è infatti deceduto in ospedale un uomo di 33 anni, coinvolto in uno scontro con un Tir la notte tra il 12 e il 13 aprile mentre trasportava pesce verso Messina con un furgone, insieme a un altro lavoratore di 72 anni deceduto sul colpo. Dinamica simile per il 26enne di origine albanese morto nello scontro tra il furgone che guidava e un camion sull’A21 altezza Parma. Alle 6 del mattino, invece, lo schianto tra un’autovettura ed un monopattino elettrico ha ucciso un trentunenne diretto al lavoro a Limido Comasco.
Al reparto grandi ustionati dell’ospedale di Padova è spirato un operaio di 57 anni, albanese, a causa delle ferite causate da uno scoppio. Il decesso è avvenuto il 5 aprile ma la notizia è stata data solo dopo una settimana, altro tragico effetto della riforma Cartabia, che causa da tempo l’oscuramento dei fatti di cronaca.
È precipitato da oltre 50 metri l’operaio morto a Brienza in Basilicata, per il ribaltamento del camion su cui lavorava in una cava. Due sono i decessi accertati in agricoltura: in provincia di Pesaro Urbino un uomo di 78 anni è caduto da quattro metri procurandosi una ferita alla gamba che lo ha fatto morire per dissanguamento durante il taglio di un ramo, mentre un cinquantottenne si è ribaltato con il trattore ed è morto morto sulla provinciale Terlizzi-Molfetta.
Queste morti seguono un quotidiano stillicidio: nel nostro Paese morire di lavoro è diventata una cosa tragicamente “normale”. Ancor peggio se il lavoratore è straniero e sottoposto a continui ricatti dalla burocrazia, che porta ad accettare condizioni di lavoro indecenti; ricordiamo ad esempio Drame Ibrahima, operaio di 25 anni caduto da un’impalcatura mercoledì 12 a Teramo: la Federazione USB Abruzzo e Molise lo ricorderà in piazza sabato 15, dopo un’assemblea verso la mobilitazione per i diritti dei lavoratori migranti del prossimo 28 aprile.
Tutto questo nella settimana in cui ha fatto notizia sui media nazionali soltanto il decesso dei due vivaisti morti per il cedimento di una piattaforma in un golf club nel Milanese: se accade in Lombardia, la notizia vale di più, in un atteggiamento culturale e politico precursore dell’autonomia differenziata perseguita dal governo di destra. Un atteggiamento che fa il paio con quello dei golfisti del club, che secondo alcune ricostruzioni avrebbero continuato a giocare mentre venivano recuperati i corpi dei due operai e si procedeva a soccorrere il giovane apprendista di 21 anni rimasto gravemente ferito.
Questi fatti hanno una triste logica e si ripetono di continuo: frequentissime sono le cadute dall’alto, qualcosa che dovrebbe essere impedito da adeguate barriere fisiche o comunque evitato grazie a imbracature e dispositivi individuali, moltissime sono le vittime della strada, le morti in itinere causate da orari notturni e una viabilità sempre più caotica a causa dei tagli ai servizi pubblici. I decessi in agricoltura sono tantissimi, in particolare quelli a seguito del ribaltamento di mezzi che dovrebbero essere, di norma, equipaggiati con rollbar protettivi per evitare lo schiacciamento di chi è alla guida. Dobbiamo anche notare come molti dei morti di lavoro era avanti con gli anni: tanti sono gli over 60 che perdono la vita lavorando, una diretta conseguenza delle politiche pensionistiche del nostro Paese e dell’invecchiamento generale della popolazione. I lavoratori, in Italia, sono sempre più anziani e muoiono sempre più spesso!
USB e Rete Iside, grazie al protocollo d’intesa sul tema salute e sicurezza sul lavoro, continueranno ad impegnarsi per tutelare le vite di lavoratrici e lavoratori, a cominciare dalla campagna per introdurre il reato di omicidio e lesioni gravi sul lavoro: solo grazie a questo strumento di deterrenza si potrà dare un freno a questa strage quotidiana.
Ci stringiamo in solidarietà ai parenti e agli amici di tutte le vittime sul lavoro, senza alcun tipo di distinzione. Continueremo a lottare per chiedere giustizia per tutti coloro che perdono la vita a causa del proprio lavoro.
Unione Sindacale di Base
Rete Iside
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