A quanto pare non tutti gli attentati sono “terrorismo”...
Scorrendo i titoli dei principali quotidiani, stamattina, tutti relativi all’uccisione con una bomba del blogger nazionalista russo Tatarsky, ne abbiamo la prova evidente.
“Colpo alla Wagner. Prighozin perde il guerriero cyber” (Repubblica).
“Ucciso il blogger ultrà di Putin” (La Stampa).
“Colpo a Putin” (Il Resto del Carlino)
“Una statuetta bomba per Tatarsky, ucciso il blogger amico di Putin” (Il Messaggero).
“Tatarsky, il blogger russo che insultava gli ucraini ucciso con una statuetta bomba” (Il Corriere della sera, edizione online).
Si potrebbe andare avanti, ma l’ordine redazionale – per tutte le redazioni – è stato chiarissimo: “ottima cosa”, da applaudire a scena aperta.
Segnaliamo che la statuetta-bomba ha fatto altri 25 feriti, visto che l’esplosione è avvenuta in un bar aperto al pubblico. E che Maksim Fomin (il vero nome di Tatarsky), per quanto decisamente antipatico – un nazionalista che “criticava da destra” la gestione della guerra in Ucraina – era comunque anche lui “un civile”, non un militare.
Dunque piazzare bombe in un bar per far fuori dei civili (“la bomba non ha una natura gentile, ma spinta da imparzialità”, cantava Fabrizio De André, per sottolinearne la distruttività indiscriminata) può essere addirittura un gesto “in difesa della democrazia”. Dipende da chi lo fa e da chi ci rimane secco...
Gli stessi media, senza alcun soprassalto di indignazione, pubblicano i video delle telecamere di sorveglianza, immediatamente resi pubblici dalle autorità russe, che mostrano una donna che entra nel bar con un pacchetto in mano, che poi ricompare nelle mani dello stesso Tatarsky.
Si intuisce che sia stato consegnato cerimoniosamente – probabilmente come “omaggio di un’ammiratrice” che poi si allontana prima dell’esplosione.
La donna in questione è stata identificata come una ragazza di 26 anni, Daria Trepova, russa e di San Pietroburgo.
Va rilevato che la ragazza è poi stata arrestata questa mattina. Ed ha confessato pressoché immediatamente: “Ho portato una statuetta lì dentro, che è esplosa“.
Quando le è stato chiesto perché fosse stata arrestata, Trepova ha detto: “Arrestata, direi, per essere stata sulla scena dell’omicidio di Vladlen Tatarsky“. Alla domanda su chi le abbia procurato la statuetta, si è rifiutata di rispondere. “Posso parlarvene più tardi“, ha detto.
Le scarne notizie sulla sua biografia la descrivono come una partecipante alle non oceaniche manifestazioni russe contro la guerra.
Ed anche questo “dettaglio” sembra rilevante. Come sempre avviene in un clima di guerra, un potere – in questo caso quello russo – definisce come “agenti del nemico” i contestatori interni. Mentre il potere nemico – l’imperialismo euro-atlantico – ne parla come “campioni della democrazia”. Era avvenuto anche con Bin Laden e i talebani...
A parti invertite si fa lo stesso gioco. Qui da noi persino il Papa è stato definito da qualche servo più deficiente come un “putiniano”...
Ma in questo caso ci troviamo – o ci troveremmo – di fronte ad una “contestatrice” che si rivela pedina o protagonista (comunque altamente consapevole) di un attentato con molta probabilità organizzato dallo Sbu (il servizio segreto ucraino) e/o dalla Cia (difficile di questi tempi tracciare un confine preciso tra le due organizzazioni).
Proprio come era avvenuto per l’attentato a Dugin, in cui era però rimasta uccisa la figlia (un’altra civile, con tutta evidenza).
E appare chiaro che se un “oppositore” diventa o si rivela un miliziano combattente per le forze “nemiche”, ecco che persino la propaganda bellica del Cremlino riesce a sembrare un servizio di informazione quasi realistico.
Tutto ciò ci conferma, insomma, quanto da sempre andiamo dicendo. Non esiste alcuna definizione universale di “terrorismo”, contro cui chiunque si dovrebbe schierare senza farsi domande.
Le forme non convenzionali di guerra a bassa intensità – senza utilizzo di truppe in divisa – sono parte integrante delle rivoluzioni, delle guerre civili, delle resistenze all’invasione, delle guerre tra Stati, ecc. Semplicemente, ogni potere chiama “terrorismo” quel che fa un qualsiasi proprio avversario. E “violenza giusta” quella condotta contro il nemico.
Il che significa, anche solo mentalmente, che siamo tutti già in guerra. Lo dicono i giornali...
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