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21/08/2024

Il Bangladesh ha di fronte una strada difficile

Quella che è iniziata come una protesta studentesca di massa contro il cosiddetto sistema delle quote [1] è diventata in poche settimane una mobilitazione più ampia che parla di problemi sistemici generalizzati, e l’anticamera della materializzazione di un cambiamento di regime nel Paese.

Come rileva un dirigente studentesco, “il miracolo economico del Bangladesh si è basato su fondamenta fragili. Se la causa immediata della crisi attuale si può attribuire alle quote dei posti di lavoro governativi, la crisi è in buona misura colpa del governo. La violenza di questi giorni è sintomo delle debolezze strutturali nell’economia politica del Bangladesh (istituzioni politiche fragili e una base economica superficiale)”.

La repressione iniziale e i commenti sprezzanti sugli studenti che protestavano (chiamandoli “Razakars”, termine associato con i collaborazionisti durante la guerra di indipendenza dal Pakistan del 1971) sono serviti solo a infiammare le tensioni, aumentare la dimensione delle manifestazioni e incitare i leader studenteschi ad ampliare le loro rivendicazioni. Inoltre è stata utilizzata dai partiti di opposizione (il Partido Nazionalista de Bangladesh (BNP), di destra, e l’islamista Jamaat-e-Islami) per trarre profitto dall’instabilità politica e mobilitare le loro proprie agende contro la Lega Awami (LA).

Sotto i governi di Hasina e della sua Lega Awami, l’economia è cresciuta rapidamente grazie a un vantaggio competitivo nell’industria tessile, specialmente nelle esportazioni di capi di vestiario confezionati, cosa che ha fatto uscire dalla povertà 25 milioni di persone e ha svolto un ruolo chiave nell’acquisizione di potere da parte delle donne. Il reddito pro capite del Bangladesh è stato più alto di quello dell’India negli ultimi anni e il Paese è in testa nel sud dell’Asia in vari indicatori di sviluppo umano. Tuttavia dopo la pandemia, la crescita ha rallentato, e hanno iniziato a crearsi delle crepe. E in questo contesto, è aumentata l’importanza dei posti di lavoro nel settore pubblico, dove, secondo gli studenti, persone in relazione con la governante Lega Awami si erano accaparrate le quote.

Le cicatrici della divisione sono ancora presenti. Hasina e la Lega Awami rappresentavano la versione secolare e modernizzatrice del nazionalismo bengalese. Il trauma della divisione rimane ancora molto radicato e ravviva gli scontri e la schizofrenia nella società del Paese. Le divisioni tra nazionalisti laici e nazionalisti musulmani che non appoggiarono la guerra di liberazione è ancora presente, come si vede in questi giorni negli attacchi contro persone e proprietà indù e della Lega Awami.

Per alcuni analisti, guardare il Bangladesh “in termini binari (musulmani o non musulmani) è la dimostrazione di una interpretazione profondamente sbagliata di una società complessa, e rivela la miopia degli osservatori esterni, in particolare gli analisti vicini all’attuale governo indiano”, timorosi che una repubblica islamica sia l’unica alternativa attuale.

Anche le voci e la riconfigurazione geopolitica influenzano il nuovo scenario.

L’India è stata la grande sconfitta, essendosi aperta una tappa delicata per il gigante asiatico, dato che ha perso la sua alleanza strategica e un altro alleato nella regione dopo la caduta di Hasina. Il BNP e il Jamaat-e-Islami del Bangladesh, che hanno guadagnato importanza, sono ostili verso l’India. A questo bisogna aggiungere le preoccupazioni per l’aumento dell’influenza cinese e pakistana.

Fonti dell’intelligence indiana sono arrivati a segnalare un’alleanza tacita tra Pechino e Islamabad, nella quale sarebbe stato deciso di dare all’inizio di quest’anno un sostanziale supporto finanziario per destabilizzare il governo di Hasina, indicando che una parte importante di questo finanziamento proviene da enti cinesi che operano in Pakistan, nell’ottica di uno sforzo diretto a sostituire Hasina con un regime amichevole con Pakistan e Cina.

Altre fonti indicano il probabile ruolo degli Stati Uniti, arrabbiati per il rifiuto di Hasina di cedere loro una base militare nel Golfo del Bengala e desiderosi di destabilizzare la regione, il cosiddetto progetto «K» (Kukiland), la balcanizzazione di Bangladesh e Myanmar che ha denunciato Hasina, e tagliare l’accesso dell’India al sudest asiatico e all’Eurasia.

I prossimi passi sono un’incognita. Si prevede un governo provvisorio, sotto tutela militare. Ci sarà da vedere se l’opposizione del BNP e del Jamaat lo controlleranno, cosa che ripeterebbe la situazione del passato e radicalizzerebbe ancora di più i settori emarginati. Senza dimenticare la capacità dei promotori delle proteste, gli studenti, di mantenere vivo l’impulso e realizzare la loro agenda.

Una miscela tossica di problemi economici e un atteggiamento prepotente del governo sono sfociati in proteste che aprono la porta a uno scenario sconosciuto, e tutto questo alla vigilia del 15 di agosto, anniversario della morte nel 1975, per mano dei militari, del primo presidente del Bangladesh indipendente il «padre della nazione», chiamato anche «Bangabandhu», Sheikh Mujibur Rhman, e padre di Hasina.

Note

1) Il governo prevedeva di ripristinare il “sistema delle quote” per l’ammissione ai posti di lavoro nella pubblica amministrazione che era in vigore fino al 2018, e secondo il quale una percentuale del 30% doveva essere riservata ai familiari dei combattenti nella guerra di Liberazione del 1971, che sono una minima parte della popolazione. I dimostranti lo ritengono un escamotage per concedere un privilegio ingiustificato a un settore sociale legato al partito di governo

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