Stellantis ha da tempo mostrato un interesse crescente verso il mercato statunitense, con il marchio Jeep in particolare che rappresenta la nota positiva dell’intero gruppo. Il ministro Urso sta portando avanti un braccio di ferro con l’azienda da mesi per tenere la produzione in Italia, ad esempio.
Già alla pubblicazione dei risultati dello scorso semestre la multinazionale aveva palesato gravi difficoltà, e l’amministratore delegato Tavares aveva detto che avrebbero puntato al di là dell’Atlantico per riprendersi. Ma ora i suoi stessi azionisti si sono messi di traverso.
Tavares e la direttrice finanziaria Natalie Knight sono stati citati in giudizio da alcuni detentori di titoli della casa automobilistica. La dirigenza avrebbe infatti nascosto i segnali di debolezza che hanno preceduto i cattivi risultati, e dunque il calo del valore delle azioni.
Il loro prezzo sarebbe stato gonfiato per buona parte del 2024: a fine marzo segnavano 29 dollari l’una, mentre oggi viaggiano sotto i 15 dollari. La class action ha tempo fino a metà ottobre per crescere, e ci si aspetta che non saranno pochi coloro che vi aderiranno.
A far infuriare ancor di più un po’ tutti quanti, dagli azionisti ai lavoratori ai governi, ci hanno pensato anche le ultime notizie. Poco prima di Ferragosto l’azienda ha annunciato 2.450 esuberi nello stabilimento di Detroit, per la fine della produzione del pickup Ram 1500 Classic.
Da novembre, il marchio Citroen non commercializzerà più veicoli in Australia, dove le immatricolazioni sono aumentate, ma le vendite di vetture francesi sono crollate. Qualcuno ipotizza che verrà seguita anche da Peugeot, dopo che questa ha proposto una campagna di sconti significativi.
Tornando agli Stati Uniti, Shawn Fain, alla guida del sindacato United Auto Workers (UAW), ha affermato che “il problema non è il mercato: le vendite di automobili di GM e Ford sono cresciute. Il problema non sono i lavoratori del settore automobilistico, il problema è quest’uomo, Carlos Tavares”.
L’UAW ha minacciato anche uno sciopero a livello nazionale contro Stellantis, perché il gruppo non starebbe rispettando gli accordi contrattuali. In particolare, il riferimento è alle promesse di sviluppo dello stabilimento di Belvidere, nell’Illinois.
Per il sito si prevedeva un investimento di ben 1,5 miliardi di dollari, e altre attività che sarebbe dovute partire già dal prossimo anno. L’annuncio del rinvio è arrivato con la conferma di un sussidio per la tutela dell’occupazione di circa 335 milioni da parte del Dipartimento USA dell’Energia.
Fain ha inoltre aggiunto: “le vendite sono in calo, i profitti sono in calo e la retribuzione del Ceo è salita davvero di parecchio”. Tavares, infatti, ha scaldato ancora di più gli animi all’annuncio di quanto ha percepito nel 2023: 36,5 milioni di euro.
L’amministratore delegato si è quindi recato in prima persone oltre oceano, per tentare di mettere una pezza sul risultato disastroso (ma pagato profumatamente) della sua gestione. Del resto, anche le vendite di Ram e Jeep sono diminuite del 30% rispetto al primo semestre del 2019.
Nel frattempo, anche da questa parte dell’Atlantico trapelano informazioni che vorrebbero lo stabilimento di Mirafiori rinviare la sua apertura: dal 26 agosto al 2 settembre. Nel nostro paese sono circa 15 mila i lavoratori in situazioni contrattuali ridimensionate rispetto a un pieno impiego.
Il campione europeo, nato dalla fusione delle punte di diamante italiane e francesi, sta vivendo una delle sue fasi peggiori. Un’altra scommessa persa dalla borghesia europea?
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