Venerdì riferendosi ai colloqui per il cessate il fuoco a Gaza, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato piuttosto impropriamente che un accordo sarebbe a portata di mano.
“Non voglio rovinare nulla... Potremmo avere qualcosa. È molto, molto più vicino di quanto non fosse tre giorni fa. Quindi, tenete le dita incrociate”, ha detto Biden a uso e consumo delle telecamere.
In una dichiarazione congiunta, Washington, Qatar ed Egitto hanno affermato che “è tempo di rilasciare gli ostaggi e i detenuti, iniziare il cessate il fuoco e attuare questo accordo” e che “la strada è ora tracciata per questo risultato”.
Questo ottimismo senza precedenti, appare però sconcertante, considerando che il movimento palestinese Hamas, non ha partecipato ai colloqui tenutisi a Doha giovedì e venerdì e che Israele – dopo aver ucciso il negoziatore Hanyeh – continua a massacrare i palestinesi a Gaza come se i negoziati non fossero mai iniziati.
Mentre i mass media occidentali hanno invece dato l’impressione che Hamas avesse partecipato indirettamente ai colloqui, fonti del movimento palestinese hanno comunicato di non aver avuto alcun ruolo, diretto o meno, nei colloqui.
Una fonte di Hamas ha detto ad Al-Jazeera che “il movimento di Hamas è impegnato nella proposta del 2 luglio” e che “Ciò che ci raggiunge attraverso i canali indiretti non è all’altezza del minimo negoziale presentato, e Hamas non lo accetterà”, ha aggiunto.
Il movimento palestinese ha chiarito che non è disposto a rinegoziare ciò che è già stato offerto e concordato da tutte le parti.
Quindi, cosa sta succedendo esattamente nelle trattative su Gaza?
Palestine Chronicle riferisce come Saeed Ziad, un rispettato analista palestinese, abbia così riassunto la posizione di Hamas in un’intervista ad Al-Jazeera.
“Hamas non ha partecipato direttamente o indirettamente a questi negoziati e aveva annunciato il suo boicottaggio dei ‘colloqui’ pochi giorni fa”, ha detto Ziad, aggiungendo che “Hamas sperava che sarebbero andati alla messa in pratica di una ‘proposta precedente’ piuttosto che ai negoziati su una nuova”.
“Stiamo, infatti, tornando indietro nei negoziati, non andando avanti. Le affermazioni americane secondo cui gli ultimi due giorni sono stati i più fruttuosi per i negoziati sono menzogne assolute. Siamo di fronte al completo collasso dei negoziati”.
In realtà, Netanyahu continua a rifiutare il principio del cessate il fuoco permanente e usa lo schermo della trattativa per tenere buono il fronte interno, in particolare i familiari degli ostaggi. Ma è evidente che gli stop and go nei negoziati da parte di Israele servono solo a gettare fumo negli occhi, prendere tempo e continuare a fare come le pare sia a Gaza che in Libano che in tutta la regione.
Allora perché gli USA e i governi occidentali vogliono dare una falsa impressione positiva sull’andamento dei negoziati?
Le possibili risposte sono almeno due e non del tutto dissimili. La prima è il ripetuto sostegno statunitense alla posizione israeliana, anche se tale posizione contraddice le politiche e gli interessi americani nella regione. La seconda è la disperata speranza di Washington di evitare un conflitto regionale in Medio Oriente in un decisivo anno elettorale con le presidenziali alle porte ma con Israele che gioca il ruolo del “cane pazzo” alzando continuamente la soglia dell’escalation.
È evidente che con questo atteggiamento Washington continua a fornire a Israele il tempo e le risorse necessarie per portare avanti la sua guerra genocida a Gaza, destabilizzare la regione e sollevare timori di un’imminente guerra regionale.
Diventa più che legittimo domandarsi perchè i mediatori arabi – Qatar ed Egitto – alimentino questo gioco contribuendo all’illusione che siano stati fatti progressi nei negoziati.
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