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07/01/2022

Mezzo obbligo vaccinale, solo per garantire la produzione

Troppo tardi, troppo poco, troppo confuso, troppe differenziazioni. E nessuna ammissione sul disastro prodotto in due anni dai governi in carica con provvedimenti simili, improntati all’identica logica: “convivere con il virus”.

Il governo Draghi ha chiuso una lunga giornata di scontri interni decidendo un mezzo obbligo vaccinale, limitato ai soli ultracinquantenni – lavoratori e non – ma a partire dal 15 febbraio. Ossia tra 40 giorni. Quando – con molta probabilità – questo governo non sarà più in carica per il trasloco di Mario Draghi da Palazzo Chigi al Quirinale. Ci penserà qualcun altro, insomma...

Dettaglio rivelatore: a riferire la decisione finale sono stati lasciati tre ministri, usciti dal Palazzo, mentre “il migliore” ha rinunciato alla consueta conferenza stampa. Se questa doveva essere l’occasione per “comunicare al paese” una svolta nella lotta alla pandemia, beh, non c’è stata. E Draghi si è dileguato dalla porta di servizio, senza “metterci la faccia”.

Nel merito.

Il mezzo obbligo vaccinale passa ancora una volta per il green pass, nonostante questo strumento abbia già dimostrato di non essere assolutamente sufficiente per spingere verso l’iniezione quanti diffidano.

La “novità” sta nell’ennesima differenziazione. Chi lavora dovrà esibire il “super green pass rafforzato” – quello distribuito a vaccinati e guariti – mentre i senza lavoro saranno “obbligati” senza altra specificazione.

Ma anche questi ultimi dovranno mostrare la certificazione per entrare in una lunga e contorta serie di luoghi pubblici e ricreazionali, e senza prova di avvenuta vaccinazione non sarà ovviamente possibile.

Babele assoluta nella scuola, dove ad ogni fascia di età vengono applicate misure diverse. Alle materne la classe va in quarantena al primo caso di positività. Salendo di età si passa a due, tre, quattro, col passaggio in Dad dei soli non vaccinati, oppure chissà.

Trasformando così la lotta al virus in un arzigogolo burocratico di efficacia pari a zero. E la didattica – la formazione delle future generazioni – viene imbrigliata in un percorso ad ostacoli dai risultati evanescenti.

Inoltre far riaprire le scuole nell’attuale scenario di ampia diffusione e circolazione dei contagi – riempiendo così i trasporti e concentrando milioni di persone in luoghi chiusi – appare il solito azzardo all’insegna del “non si ferma nulla” e si “convive con il virus”.

Il caos normativo è certamente stato accresciuto dalle esigenze di Lega e grillini di marcare una qualche differenza rispetto al “grande capo”.

E già questo segnala come per il governo ci siano due sfere di importanza assolutamente diversa. Per i provvedimenti economici (PNRR, ecc.) Draghi ascolta tutti e poi fa come gli pare, tenendo conto delle obiezioni degli organismi europei ma non di quelle dei “partiti”. Sulla lotta alla pandemia, la mediazione è sempre possibile, perché evidentemente ritenuta problema secondario, “non strategico”.

Indirettamente lo ha ammesso lo stesso Mario Draghi, lasciando filtrare alla stampa il messaggio per cui con queste ultime decisioni si “vogliono preservare il buon funzionamento delle strutture ospedaliere e, allo stesso tempo, mantenere aperte le scuole e le attività economiche”.

Se si tiene nel dovuto conto che, nelle stesse ore, si registrava il record assoluto di contagi rintracciati in 24 ore – oltre 190.000 – si capisce facilmente che non è quest’ultimo l’obiettivo del governo.

Le preoccupazioni sono le solite: lasciar funzionare le attività economiche, con l’unico limite rappresentato dall’intasamento delle strutture ospedaliere.

Quando si rischia il maremoto – anche perché dopo due anni non si è affatto fermato il processo di privatizzazione e non sono state stanziate risorse straordinarie per la sanità pubblica – allora si prova a mettere qualche sacco di sabbia. Troppo poco e troppo tardi.

Identici record vengono quotidianamente segnati in tutto l’Occidente neoliberista. Oltre 300mila contagi in Francia, più di un milione negli Usa, ecc.

Una prova provata dell’incapacità – o della non volontà – dei governi. Che infatti ricorrono tutti all’indicazione di un “nemico interno” cui addebitare il fallimento nella battaglia al contagio. Un po’ come i generali italiani dopo le sconfitte sul Carso nella Prima Guerra Mondiale.

I “no vax” stanno lì per quello. I governi hanno voluto che ci fossero (con la “scelta facoltativa”) e continuano a parlare – e far parlare – solo di loro, nonostante che il numero cali fisiologicamente giorno dopo giorno (per paura o per ricovero); nonostante che di manifestazioni non ce ne siano praticamente più.

Idioti utili per la distrazione di massa. Che può essere molto aggressiva – vedi quel poco di buono di Emanuel Macron... – o più soft (il travicello Speranza), ma sostanzialmente identica nella logica.

Tirare delle conclusioni, da tutto questo, è semplice e impossibile allo stesso tempo. Tra una settimana, con l’ennesimo prevedibile raddoppio dei contagi, ci sarà un’altra sceneggiata dello stesso tipo.

Ad un anno esatto dall’apparizione dei vaccini, soltanto ora si comincia a dire – molto meno a praticare – che la vaccinazione deve essere universale, e dunque obbligatoria, altrimenti serve a relativamente poco (meno morti e ospedalizzati, certo, ma un virus che circola liberamente, muta e torna imprevedibile).

Nel frattempo la situazione è andata fuori controllo. È pressoché impossibile, oggi, qualsiasi tracciamento di quanti sono venuti a contatto con dei contagiati e persino degli stessi contagiati attuali. Li si scopre solo quando viene effettuato casualmente un tampone, cui non segue – in caso di positività – alcun obbligo di quarantena minimamente verificato.

Il mezzo obbligo vaccinale per gli over 50 è una misura più “produttiva” che sanitaria. La gran massa dei lavoratori qualificati, quelli indispensabili o insostituibili per le imprese, sono in questa fascia di età. E proprio le loro assenze sul lavoro – per essere stati contagiati o come misura precauzionale dopo un contatto – stanno mettendo in difficoltà sia i servizi che parte della produzione.

Ma governi come questi non hanno altro, nella testa.

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