di Guido Salerno Aletta
Un po' alla volta si stanno chiudendo i bilanci del 2022, un anno che è stato difficile per tutti.
È stato un anno duro soprattutto in Europa, per via della guerra in Ucraina: gli Stati Uniti sono lontani, e non solo fisicamente, come la Cina.
In Europa ci sono stati due fattori penalizzanti: la debolezza dell'euro sul dollaro, che ha reso tutte le importazioni più care; l'aumento del prezzo spot dell'energia per le industrie ed i consumatori, per via dei sistemi di calcolo utilizzati per fatturare i loro consumi.
Il "fattore Russia", cioè la valutazione delle conseguenze delle sanzioni è ancora di difficile quantificazione: secondo Eurostat, infatti, il saldo commerciale dell'Ue nel 2022 è peggiorato, arrivando a -148 miliardi di euro, rispetto ai -74 miliardi del 2021. Questo peggioramento di 74 miliardi è stato determinato da una diminuzione delle esportazioni verso la Russia, passate da 89 a 55 miliardi (-34 miliardi), e dell'aumento delle esportazioni, passate da 164 a 203 miliardi di euro (+39 miliardi).
Il fatto è che le sanzioni sono state comminate via via nel corso dell'anno, mentre durante l'estate scorsa ci si affrettava a fare scorte di gas ancora proveniente dalla Russia per l'inverno. Il problema degli approvvigionamenti si presenta ora, per gli stoccaggi di gas necessari per l'inverno del 2024, da effettuare questa estate: l'inverno del 2023 è stato mite e le scorte sono ancora ad un livello molto buono in tutta Europa.
Si rileva in queste settimane una forte discesa dei prezzi internazionali del petrolio e del gas, e questo è già rassicurante: il prezzo TTF per MWh, che dagli 80 euro di giugno aveva toccato a metà agosto la stratosferica vetta di 338 euro, in questi primi giorni di marzo quota 47 euro. Vero è che durante la crisi pandemica, nell'inverno del 2020, aveva toccato il valore più basso di 38 euro, ma in quel momento la domanda di gas era praticamente al minimo.
Ci sono due aspetti da valutare: l'esaurirsi della speculazione, che non ha più la grande liquidità a disposizione che c'era fino a qualche mese fa, per via delle politiche restrittive delle banche centrali; l'effettiva disponibilità di gas sul mercato per fare scorte. In questo momento, nessuno vuole lanciare allarmi sui prezzi: i governi e le banche centrali stanno facendo di tutto per placare l'inflazione.
In termini generali, il saldo commerciale dell'Ue nel suo complesso verso i Paesi extra Ue si è ribaltato di segno, passando da un attivo di +55 miliardi di euro nel 2021 ad un passivo di -431 miliardi nel 2022. Ciò è stato determinato da un fortissimo aumento delle importazioni di prodotti energetici, passate da 390 miliardi a 834 miliardi: più che raddoppiate. Le importazioni sono passate nel complesso da 2.126 a 3.003 miliardi di euro (+877 miliardi) mentre le esportazioni sono passate da 2.181 a 2.572 miliardi (+391 miliardi).
I saldi commerciali extra Ue più significativi sono stati quelli attivi con gli Usa con +151 miliardi di euro e con la Gran Bretagna con +110 miliardi; quelli passivi più rilevanti sono stati con la Cina con -396 miliardi, seguiti dalla Russia con -148 miliardi e dalla Norvegia con -93 miliardi. La preferenza dell'Europa per il gas, di provenienza dalla Russia e dalla Norvegia, è chiarissima.
Seguono i saldi con Svizzera (+42 miliardi), Giappone (+ 2 miliardi), Sud Corea (-12 miliardi) ed India (-20 miliardi).
Per quanto riguarda i singoli Paesi europei, la Germania è passata da un saldo attivo di +181 miliardi nel 2021 ad uno di +79 miliardi nel 2022 (-102 miliardi); l'Italia è passata da un attivo di +40 miliardi ad un passivo di -31 miliardi (-71 miliardi). La Francia ha peggiorato ancora il passivo, passando da -110 a -191 miliardi (-81 miliardi), la Spagna da -34 a -71 miliardi (-37 miliardi). La Grecia è ancora messa male, essendo passata da -25 a -38 miliardi (-13 miliardi).
L'euro debole ha penalizzato le importazioni dell'Europa, vista la svalutazione sul dollaro, sceso da 1,22 di maggio 2021 a 0,95 di fine settembre 2022. Anche nei confronti dello yuan l'euro si è svalutato, passando da circa 8 yuan per 1 euro di inizio 2022 a circa 7 yuan per 1 euro di fine 2022. Questo spiega anche il maggior costo delle importazioni dalla Cina, passate da 474 miliardi di euro del 2021 ai 626 miliardi del 2022 (+152 miliardi).
A ben vedere, nel 2022 l'Europa si è retta solo sulle importazioni in attivo con Stati Uniti e Gran Bretagna, mentre ha avuto posizioni fortemente negative in campo energetico con la Russia e la Norvegia e per i manufatti dalla Cina.
Importiamo energia dalla Russia e manufatti dalla Cina per vendere ad Usa e GB.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento