di Chiara Cruciati
Al negoziato sponsorizzato
dalle Nazioni Unite gli Houthi ci saranno: il movimento sciita yemenita
lo ha confermato ieri, dopo che mercoledì era giunto il sì del governo
ufficiale in esilio. Alla fine di maggio sembrava che il tentativo di
mediazione dell’Onu fosse irrimediabilmente naufragato: il Palazzo di
Vetro aveva proposto una conferenza di pace a Ginevra per il 28 maggio,
ma solo i ribelli Houthi avevano confermato la propria partecipazione.
Dal presidente Hadi – ma soprattutto dal suo sponsor, l’Arabia Saudita –
era giunta una netta chiusura: la precondizione richiesta, il ritiro
Houthi dai territori occupati, non era stata rispettata.
Una piccola vittoria per il nuovo inviato Onu in Yemen,
Ismail Ould Cheikh Ahmed, seppur gli spiragli per una transizione
politica pacifica siano ridottissimi: di che pace si parlerà a Ginevra
se le due parti si trovano agli antipodi, ognuna con richieste che
l’altra ritiene inaccettabili? Il ritiro degli Houthi per Hadi, la fine dei raid e maggiore partecipazione politica nel governo centrale per gli sciiti.
Ieri a tendere la mano è stato l’ufficio politico Houthi: Daifallah al-Shami, suo membro, ha fatto sapere che
gli Houthi “sostengono senza precondizioni gli sforzi delle Nazioni
Unite per organizzare il dialogo Yemen-Yemen”. Dietro sta la
consapevolezza che la guerra civile in corso, infiammata dai sauditi,
non porterà probabilmente alla vittoria decisiva di nessuno, ma
ad uno scontro che potrebbe protrarsi per lungo tempo, distruggendo le
basi economiche e sociali di un paese già di per sé povero.
Perché, mentre le parti si accordano sul sedersi allo stesso tavolo, in Yemen si continua a morire. Ha
ormai passato i 2mila il numero di morti dall’inizio dell’operazione
“Tempesta Decisiva”, guidata da Riyadh contro il movimento sciita. Oltre
mezzo milione i rifugiati. A subire le conseguenze della guerra
per procura all’Iran è la popolazione civile: tra mercoledì e giovedì
sono stati uccisi almeno 58 civili. Di questi, 48 (tra loro soprattutto
donne e bambini, fa sapere il direttore dell’ospedale governativo di
Sadaa, Muhammed Abdulwahab Hajar) sono morti dopo che raid sauditi hanno
colpito le loro case nelle campagne a nord del paese, nella provincia
di Saada, al confine con l’Arabia Saudita.
L’avanzata di al Qaeda in Yemen
Del caos generato dalla longa manus saudita nel paese
approfitta al Qaeda che in Yemen ha da tempo la sua roccaforte. Se in
Siria è il Fronte al-Nusra a giocare un ruolo di primo piano nella
frammentazione del paese, in Yemen a operare è Aqap (al Qaeda
nella Penisola Arabica) che ha assunto il controllo di parte della
provincia meridionale di Hadramaut, la più ampia, sede di basi militari e
aeroporti, e del suo capoluogo Mukalla.
“Al Qaeda si sta radicando in Siria e Yemen approfittando della
distrazione generata dall’avanzata dell’Isis per ampliarsi come gruppo
transnazionale e radicale”, spiega Fawaz Gerges, professore in politiche
mediorientali alla London School of Economics. Al Qaeda – come l’Isis
in Iraq – cerca consenso tra la popolazione sunnita che in Yemen è
spaventata dall’assenza del governo e dall’avanzata degli sciiti, che i
qaedisti combattono soprattutto a est. Un consenso cercato anche
evitando le violenze barbare di cui invece è portatore lo Stato
Islamico: opera con attacchi terroristici, sì, ma non con punizioni
individuali.
La strategia scelta pare vincente: se per anni Washington ha
spacciato lo Yemen come il miglior modello di guerra a distanza, la
guerra con i droni, contro al Qaeda, oggi il movimento non pare più
essere il target internazionale. La coalizione guidata dall'Arabia Saudita non ha alcun interesse a colpire il gruppo, concentrata al
contrario nello spezzare la resistenza sciita e i suoi legami con
l’Iran. Lo aveva detto chiaramente poco tempo fa il portavoce saudita
della coalizione, Ahmed Asiri: “Il target dell’operazione è sostenere la
legittimità del presidente Hadi e impedire agli Houthi di danneggiare
gli yemeniti e i paesi vicini. Combattere al Qaeda richiede altre
strategia. Una volta che avremo reso stabile lo Yemen, allora non ci
sarà posto per al Qaeda”.
La verità è un’altra: Aqap combatte gli Houthi, come Riyadh. Da nemico ufficiale a alleato indiretto.
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