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05/06/2015

Yemen - Houthi: "Si al negoziato Onu". Avanza al Qaeda, alleato indiretto saudita

di Chiara Cruciati

Al negoziato sponsorizzato dalle Nazioni Unite gli Houthi ci saranno: il movimento sciita yemenita lo ha confermato ieri, dopo che mercoledì era giunto il sì del governo ufficiale in esilio. Alla fine di maggio sembrava che il tentativo di mediazione dell’Onu fosse irrimediabilmente naufragato: il Palazzo di Vetro aveva proposto una conferenza di pace a Ginevra per il 28 maggio, ma solo i ribelli Houthi avevano confermato la propria partecipazione. Dal presidente Hadi – ma soprattutto dal suo sponsor, l’Arabia Saudita – era giunta una netta chiusura: la precondizione richiesta, il ritiro Houthi dai territori occupati, non era stata rispettata.

Una piccola vittoria per il nuovo inviato Onu in Yemen, Ismail Ould Cheikh Ahmed, seppur gli spiragli per una transizione politica pacifica siano ridottissimi: di che pace si parlerà a Ginevra se le due parti si trovano agli antipodi, ognuna con richieste che l’altra ritiene inaccettabili? Il ritiro degli Houthi per Hadi, la fine dei raid e maggiore partecipazione politica nel governo centrale per gli sciiti.

Ieri a tendere la mano è stato l’ufficio politico Houthi: Daifallah al-Shami, suo membro, ha fatto sapere che gli Houthi “sostengono senza precondizioni gli sforzi delle Nazioni Unite per organizzare il dialogo Yemen-Yemen”. Dietro sta la consapevolezza che la guerra civile in corso, infiammata dai sauditi, non porterà probabilmente alla vittoria decisiva di nessuno, ma ad uno scontro che potrebbe protrarsi per lungo tempo, distruggendo le basi economiche e sociali di un paese già di per sé povero.

Perché, mentre le parti si accordano sul sedersi allo stesso tavolo, in Yemen si continua a morire. Ha ormai passato i 2mila il numero di morti dall’inizio dell’operazione “Tempesta Decisiva”, guidata da Riyadh contro il movimento sciita. Oltre mezzo milione i rifugiati. A subire le conseguenze della guerra per procura all’Iran è la popolazione civile: tra mercoledì e giovedì sono stati uccisi almeno 58 civili. Di questi, 48 (tra loro soprattutto donne e bambini, fa sapere il direttore dell’ospedale governativo di Sadaa, Muhammed Abdulwahab Hajar) sono morti dopo che raid sauditi hanno colpito le loro case nelle campagne a nord del paese, nella provincia di Saada, al confine con l’Arabia Saudita.

L’avanzata di al Qaeda in Yemen

Del caos generato dalla longa manus saudita nel paese approfitta al Qaeda che in Yemen ha da tempo la sua roccaforte. Se in Siria è il Fronte al-Nusra a giocare un ruolo di primo piano nella frammentazione del paese, in Yemen a operare è Aqap (al Qaeda nella Penisola Arabica) che ha assunto il controllo di parte della provincia meridionale di Hadramaut, la più ampia, sede di basi militari e aeroporti, e del suo capoluogo Mukalla.

“Al Qaeda si sta radicando in Siria e Yemen approfittando della distrazione generata dall’avanzata dell’Isis per ampliarsi come gruppo transnazionale e radicale”, spiega Fawaz Gerges, professore in politiche mediorientali alla London School of Economics. Al Qaeda – come l’Isis in Iraq – cerca consenso tra la popolazione sunnita che in Yemen è spaventata dall’assenza del governo e dall’avanzata degli sciiti, che i qaedisti combattono soprattutto a est. Un consenso cercato anche evitando le violenze barbare di cui invece è portatore lo Stato Islamico: opera con attacchi terroristici, sì, ma non con punizioni individuali.

La strategia scelta pare vincente: se per anni Washington ha spacciato lo Yemen come il miglior modello di guerra a distanza, la guerra con i droni, contro al Qaeda, oggi il movimento non pare più essere il target internazionale. La coalizione guidata dall'Arabia Saudita non ha alcun interesse a colpire il gruppo, concentrata al contrario nello spezzare la resistenza sciita e i suoi legami con l’Iran. Lo aveva detto chiaramente poco tempo fa il portavoce saudita della coalizione, Ahmed Asiri: “Il target dell’operazione è sostenere la legittimità del presidente Hadi e impedire agli Houthi di danneggiare gli yemeniti e i paesi vicini. Combattere al Qaeda richiede altre strategia. Una volta che avremo reso stabile lo Yemen, allora non ci sarà posto per al Qaeda”.

La verità è un’altra: Aqap combatte gli Houthi, come Riyadh. Da nemico ufficiale a alleato indiretto.

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