L’Occidente è stato tirato su a valori astratti e diritti universali, con l’idea che il mercato è il telos della storia. Visioni che oggi impediscono di leggere la storia, di capire ciò che accade. Il mondo sta andando in un’altra direzione.
Occidente contro resto del mondo
Borrell dice che ci sono gesti che distruggono il sistema di sicurezza internazionale. Credo sia l’unico a pensare che esista ancora qualcosa di simile. E mi piacerebbe pensare che lo dica per propaganda, e spero sia così, perché sarebbe tragico se lo credesse veramente. Avremmo uno sprovveduto, l’uomo sbagliato nel posto sbagliato.
Spero che sia solo propaganda, e che sappiano dove stiamo andando, che siano coscienti che si sta creando un fronte enorme: il resto del mondo contro l’Occidente.
Chi segue l’evoluzione in Africa sa come le potenze occidentali siano progressivamente estromesse, che tipo di legami e relazioni si stanno creando. La Francia è oramai un relitto del passato.
In Asia oramai è chiaro a tutti che si tratta di liberarsi dai ricatti occidentali, di seguire una via di modernizzazione che conti il meno possibile sull’Occidente. E in meno di dieci anni l’arma usata di continuo, le sanzioni, avranno valore zero, mentre si potrebbero invertire i ruoli.
Non mi stupirei se in un futuro non troppo remoto fosse l’Europa ad essere sanzionata.
Le nuove forme di cooperazione internazionale hanno il senso di costruire un mercato con crescenti margini di autonomia dall’Occidente.
In Messico si nazionalizza il litio, il Brasile fa capire che, quale che sia il governo in carica, la direzione di politica estera non cambia, perché gli interessi nazionali restano gli stessi.
La Cina probabilmente inizierà a mandare armi alla Russia. I cinesi sanno che un crollo o anche un eccesso di difficoltà per Mosca sarebbe un pericolo per loro. Da un lato sanno che una volta liquidata la Russia toccherebbe a loro, e molti negli Usa premono per chiudere in un modo qualsiasi la partita con Putin per volgersi verso la Cina. Gioco spuntato.
La guerra in Ucraina ha chiarito alle due potenze asiatiche che insieme stanno e insieme cadono, almeno nel periodo dei prossimi decenni. Ma al di là di questo, una destabilizzazione asiatica come quella che vi sarebbe in caso di disgregazione della Federazione Russa sarebbe mortale per la Cina.
Del resto, la disgregazione della Federazione Russa resta una pia illusione. Le sanzioni avrebbero dovuto fare crollare l’economia russa, avrebbero dovuto ridurre nel giro di settimane o mesi la sua capacità bellica, i più scemi credevano vi sarebbe stato un golpe filoccidentale e che Putin sarebbe stato estromesso. Tutte farneticazioni.
La realtà sta davanti a tutti. Sul lungo periodo le sanzioni stimolano sviluppo interno e produzione nazionale, mentre il nostro PIL e i nostri risparmi ci salutano.
Il problema vero è che la classe dirigente occidentale è stata tirata su a valori astratti e diritti universali, con l’idea che il mercato è il telos della storia. Una classe dirigente e diplomatica incapace di comprendere le dinamiche storiche, i vincoli, i processi irreversibili, che crede ancora di essere negli anni ‘90, quando l’Occidente pensava di avere in mano le chiavi della storia e di poter essere il gendarme del pianeta.
Questi ancora hanno in mente le castronerie di Rawls sulle società liberali, quelle decenti e gli Stati fuorilegge. Scemenze che potevano avere un senso nel 1993 o 1999, ma che oggi sono foriere del disastro. Impediscono di leggere la storia, di capire ciò che accade.
La questione aperta è come si arriverà a un nuovo sistema di sicurezza europeo e mondiale.
Ci si può arrivare per la via del negoziato, che richiede una nuova concettualità, una diplomazia educata a comprendere il punto di vista degli altri, i movimenti storici, le costrizioni geopolitiche invece di rifarsi a schemi che il tempo ha usurato in breve. Oppure ci si arriverà con una tragedia immane.
Perché nessuno può più perdere, e il rischio è che la posta si alzi sempre un po’ di più. E per dirla con Stoltenberg: quando alzi la posta sai che non è a rischio zero.
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