Dall’indipendenza dal gas russo alla costruzione di infrastrutture strategiche, Varsavia si prepara a diventare l’hub energetico dell’Europa centro-orientale, anticipa Limes. Visione geopolitica di lungo percorso con indirizzo e sostegno degli Stati Uniti, complice (?) anche il sabotaggio del Nord Stream 2, spiega German Carboni, Varsavia si avvia a diventare un attore centrale nella politica energetica europea.
Polonia capofila dell’Ue più americana
Fino al 2021 il 50% del fabbisogno del gas naturale polacco arrivava dalla Russia. Dal dopo Ucraina, non solo Varsavia si è resa indipendente dal gas russo, ma, complice (termine al momento solo letterario) anche il sabotaggio del Nord Stream 2, si avvia a diventare protagonista nella politica energetica europea. Grazie innanzitutto al peso relativamente ridotto del gas nell’uso energetico polacco, ma anche «grazie a investimenti e progetti che hanno trovato negli Usa un importante sostegno». E questo non è un caso.
L’importante ‘sostegno Usa’
L’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) riporta che nel 2023 il gas naturale costituiva il 16,2% del ‘mix energetico’ polacco. Meno rispetto alla media dell’Ue (21%) e dell’Italia (38,2%) nello stesso anno. Il consumo del combustibile fossile ha iniziato ad aumentare solo di recente, “fonte energetica ponte” nel processo di ‘decarbonizzazione’ polacco (che attualmente soddisfa la maggior parte del fabbisogno energetico del paese). Ma la Polonia è stata un fondamentale paese di transito per il gas russo diretto in Germania grazie al gasdotto Yamal, che attraversa anche la Bielorussia. Ed è quello il fronte decisivo con Washington.
La storica inimicizia con la Russia un vantaggio
Nonostante i bassi consumi, il gas naturale ha avuto un ruolo importante nella politica energetica polacca. Nel 2021 l’Ue ha importato circa il 40% del suo gas dalla Russia, di cui il 20-25% attraverso il gasdotto polacco Yamal. Mossa da una sfiducia di fondo verso Mosca e dall’intenzione di aumentare la propria leva negoziale nei confronti dei russi (e tedeschi), già negli anni Novanta la Polonia ha perseguito una politica di diversificazione delle fonti, tenendo in conto il futuro aumento di consumo del gas.
Molte alternative all’eterno nemico
Così già all’inizio degli anni 2000 sono stati progettati gasdotti che connettessero la Polonia al Mar del Nord. Diventati realtà il 27 settembre 2022 con l’inaugurazione della Baltic Pipe, che permette a Varsavia di importare gas dalla Norvegia con una capacità annua pari al gas che nel 2021 veniva importato dalla Russia. Nel 2016 era già stato inaugurato il terminal per gas naturale liquefatto di Świnoujście. Nel maggio 2022 è stata completata la Gas Interconnection Poland–Lithuania (Gipl). Nello stesso anno è stato inaugurato il nuovo Gas Interconnector Poland-Slovakia (Gips) dalla Polonia verso la Slovacchia e viceversa.
Infrastrutture che, insieme alla produzione domestica, garantiscono il fabbisogno interno polacco di gas naturale e un surplus che può essere usato anche per lo stoccaggio, oggi già al 99% della sua capienza.
Ma la Polonia vuole esportare gas
L’anno scorso solo l’8% del gas importato nell’Ue proveniva dalla Russia, e nessun metro cubo è transitato dalla Polonia. Varsavia smette di svolgere una funzione di transito nel mercato europeo del gas, e mira a diventare un hub energetico rilevante per tutto il continente. Nel 2023 il precedente governo Morawiecki aveva presentato una sua strategia citando le nuove infrastrutture per il gas naturale e gnl e la costruzione di centrali nucleari. Tutti i progetti sono stati mantenuti dal nuovo governo Tusk che, già nel 2014 (inizio reale della guerra ucraina), mise le forniture energetiche alternative alla Russia al centro di uno dei suoi più importanti progetti.
Una ragnatela di oleo-gasdotti
Progetti significativi: il terminal gnl di Danzica (Fsru), ora in fase preparatoria e la cui inaugurazione è prevista nel 2028; l’espansione del terminal di Swinoujscie entro il 2024 e un nuovo interconnettore con la Repubblica Ceca con una capacità di 500 milioni di metri cubi, la cui conclusione è pianificata per il 2028. Iniziative che nel giro di quattro anni daranno alla Polonia una capacità di importazione ed esportazione con un surplus rispetto al suo attuale fabbisogno, con margini dunque sia per espandere il consumo interno sia per esportarne una parte.
Se non finisce la guerra Mosca - Kiev
Le necessità dei paesi dell’Europa centro-orientale, in assenza di un accordo tra Mosca e Kiev, a partire dal 2025 verranno sospese insieme alle forniture di gas russo in transito dall’Ucraina. La Repubblica polacca pianifica l’entrata in funzione della sua prima centrale nucleare per il 2033, permettendo di liberare quantitativi di gas per l’esportazione. In qualsiasi dinamica energetica tra Unione Europea e Russia, Varsavia giocherebbe comunque un ruolo centrale. Fuori uso il Nord Stream 2, la Polonia risulta ora uno dei necessari punti di transito del gas russo in Europa insieme all’Ucraina (gasdotti Soyuz e Bratstvo) e Turchia (con il Turkstream).
Polonia attore energetico a trazione americana
Nonostante alcuni limiti, prezzi molto alti, è evidente che si stanno gettando le basi per rendere la Polonia un attore centrale nella politica energetica europea e dell’intero Occidente. E non è certo un caso il coinvolgimento americano nei progetti energetici polacchi. La Us International Development Finance Corporation ha sostenuto finanziariamente i progetti di gas liquefatto in Polonia. Washington è inoltre coinvolta nella costruzione della centrale atomica di Choczewo, affidata al consorzio Westinghouse-Bechtel e beneficiaria di finanziamenti statunitensi.
Opportuno pensare che la diplomazia energetica americana (e non solo), guardi con favore a un futuro ruolo della Polonia come hub energetico in Europa, aprendo la strada a una possibile competizione con la Germania.
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