Il mistero sulla denuncia di Kiev riguardo l’utilizzo da parte russa di un missile intercontinentale è stato dipanato ieri sera direttamente da Vladimir Putin, in un discorso alla nazione carico di indicazioni importanti rispetto alle direzioni che può prendere il conflitto in Ucraina.
Il Cremlino, infatti, ha dichiarato che è stato lanciato un missile IRBM (un missile balistico a raggio intermedio, non intercontinentale come l’ICBM) MIRV (a testata multipla, per continuare a chiarire le varie sigle che si leggono sui giornali).
Il missile Orešnik, cioè “nocciola”, ne ha sei, ed è partito dal cosmodromo di Kapustin Yar. Viaggiando a una velocità di 2,5/3 chilometri al secondo (Mach 10), ha raggiunto Dnepropetrovsk in pochissimi minuti, colpendo lo stabilimento di Yuzhmash, coinvolto nello sviluppo missilistico.
Questa tipologia di arma, che può portare anche testate nucleari e non può essere intercettato dagli attuali sistemi di difesa, compreso il Patriot degli Stati Uniti, sembra essere stata sviluppata in completa segretezza.
Ad ogni modo, Sabrina Singh, portavoce del Pentagono, ha confermato in conferenza stampa che le autorità USA sono state avvertite con mezz’ora di anticipo del lancio del missile. Per evitare reazioni da parte statunitense che, senza ombra di dubbio, controllano Kapustin Yar con i satelliti.
Nel proprio discorso televisivo, Putin ha dichiarato che l’uso dell’Orešnik è avvenuto in risposta agli attacchi effettuati nelle regioni di Kursk e Bryansk il 19 novembre (coi missili ATACMS) e il 21 novembre (con i missili Storm Shadow).
Avevamo già scritto che l’ultima “botta da matto” di Biden, a cui è seguita quella di Francia e Regno Unito, cambiava i caratteri della guerra in Ucraina verso un’escalation che può diventare nucleare.
Questo perché, come Putin stesso ha ricordato, “è impossibile utilizzare armi a lungo raggio senza specialisti dei paesi in cui sono state prodotte”, con tutte le specifiche di quali armi si sta in realtà parlando che trovate negli articoli sopra linkati.
Il presidente russo ha sottolineato che “il conflitto in Ucraina ha acquisito elementi di carattere globale per gli attacchi dei missili occidentali contro la Russia”, la quale ha dimostrato di essere “pronta a qualsiasi sviluppo”.
Le parole di Putin hanno anche evidenziato come, in un certo senso, lo sviluppo dell’Orešnik sia la conseguenza del ritiro unilaterale degli USA dal trattato INF, sulle armi nucleari a raggio intermedio, avvenuto nel 2019 con l’amministrazione Trump.
La Russia, dunque, “ritiene di avere il diritto” di colpire le strutture militari dei paesi che hanno dato via libera all’utilizzo delle loro armi sul proprio territorio, e che al massimo saranno avvertiti per tempo i civili della zona, per ridurre al minimo il loro coinvolgimento.
Insomma, un avvertimento chiaro anche alle potenze occidentali, dato che, fatti un paio di calcoli, il nuovo missile russo impiegherebbe una ventina di minuti per raggiungere il Regno Unito.
Il 26 novembre è stata chiamata una riunione d’emergenza del Consiglio Ucraina-NATO, per affrontare le conseguenze dell’uso della nuova arma da parte di Mosca.
Le centrali imperialistiche occidentali possono cogliere l’occasione per una de-escalation, che sarebbe l’unica cosa intelligente da fare dopo aver spinto sul pedale dell’accelerazione dal 2022 a oggi.
Su molti media euroatlantici l’uso dell’Orešnik è stato additato come una risposta “rabbiosa” di Putin, mentre invece sembra la che Russia si stia muovendo con molti degli accorgimenti che la gravità della situazione richiede, pur mantenendo un atteggiamento saldo rispetto ai propri obiettivi strategici.
Ora, NATO e alleati possono rafforzare il braccio di ferro con la Russia, rendendo sempre più concreto il pericolo di un conflitto nucleare. Purtroppo, alcune notizie non fanno presagire nulla di buono: il Dipartimento della Difesa USA, appena 12 ore fa, ha pubblicato sul suo sito la notizia che vuole rivedere la sua strategia per la deterrenza nucleare.
Le minacce russe e cinesi, e il fatto che alcuni accordi scadranno a febbraio senza all’orizzonte un facile rinnovo, spingono in questa direzione, ha detto Richard Johnson, vice-assistente segretario alla Difesa per la politica nucleare.
Bisogna sperare che non sia davvero questa la strada intrapresa a Washington e Bruxelles. Ma intanto, risulta chiaro che la lotta per inceppare gli ingranaggi di guerra va intensificata.
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