Lo vediamo spesso che l’informazione italiana è diventata un raccogliticcio di propaganda inserita tra notizie frivole, spesso di poca valenza per capire quel che succede al Paese e nello scenario internazionale. Ieri la rubrica di Federico Rampini “Oriente | Occidente” si è cimentata nel primo caso.
“Emissioni di CO2, la Cina sorpassa l’Europa anche nelle colpe «storiche»” è il titolo che campeggia sull’articolo come un monito a tutti coloro che ancora si ostinano a credere che il blocco occidentale non sia “il migliore dei mondi possibili”.
Ormai a conclusione della Cop29, Rampini sottolinea come l’argomento spesso portato dai paesi emergenti a quel consesso, ovvero che sono sostanzialmente Stati Uniti ed Europa a dover pagare il maggior prezzo per la transizione ecologica, non regge più alla prova dei dati.
E non regge perché, tra chi ha sollevato questo argomento, c’è la Cina che ormai ha superato la UE nel “calcolo storico delle emissioni carboniche accumulate nell’atmosfera in passato. Presto avverrà lo stesso sorpasso cinese anche ai danni dell’America”.
“Xi Jinping, in base a questo dato”, chiosa Rampini, “ha perso la legittimità per salire in cattedra e dare lezioni all’Occidente inquinante”. E dunque, che il Dragone comunista stia zitto, ché Washington e Bruxelles devono tornare a dettare legge.
Però, se si va a leggere l’analisi da cui è presa questa notizia, ovvero uno studio uscito sul sito scientifico Carbon Brief, rinomato per il suo lavoro sul cambiamento climatico, ci si rende conto subito che quel che è raccontato sul Corriere non torna.
È vero che anche qui il titolo è esplicito: “le emissioni della Cina hanno ora causato più riscaldamento globale della UE”. E la notizia è sostenuta poi coi dati: parlando di miliardi di tonnellate di anidride carbonica (GtCO2), la Cina ha raggiunto le 312 GtCO2 nel 2023, superando le 303 GtCO2 europee.
Ma se non ci si ferma al titolo e si continua a leggere il testo, la realtà delle cose appare molto differente da quella raccontata sul giornale italiano.
Prima di tutto, se si va oltre il semplice dato complessivo, ma si guarda a quello che conta davvero, cioè le emissioni pro-capite (il rapporto tra quantità delle sostanze emesse e quantità della popolazione). In questo caso, la questione si ribalta immediatamente, e ogni cinese diventa “responsabile” di 227 tonnellate di CO2. Mentre sono 682 le tonnellate emesse da ogni cittadino UE, e addirittura 1.570 quelle di ogni statunitense.
Dovrebbe essere risaputo che è il dato pro-capite quello che conta, considerando l’enorme differenza di popolazione tra gli attori considerati (1,4 miliardi di cinesi, 500 milioni di europei, 330 milioni di yankee). Di fatto uno statunitense inquina come 4 cinesi e un europeo come 3 persone del Celeste Impero.
Ma se si pensa che sia una svista sul peso che viene dato a certe statistiche invece che ad altre, c’è il resto del confronto tra i due articoli a sciogliere i dubbi.
Rampini ricorda correttamente che la Cina è ancora molto indietro rispetto alle emissioni complessive degli USA (532 GtCO2). Ma poi afferma che il sorpasso cinese avverrà presto anche su di loro, e ora che è tornato Trump e la sua politica energetica poco eco-friendly la situazione si fa critica.
Sul fatto che la nuova amministrazione di Washington sia pericolosa rispetto al collasso ambientale non ci sono dubbi. Ma il resto è il contrario di quel che è scritto nello studio di Carbon Brief, letteralmente.
Sulla rivista online si legge: “è improbabile che la Cina superi mai il contributo degli Stati Uniti al riscaldamento globale”. E questo “anche prima di tenere conto delle potenziali politiche di aumento delle emissioni della presidenza Trump in arrivo”.
Viene poi affermato sul Corriere che sono le politiche di Xi Jinping ad essere mascherate dall’attenzione alla “sostenibilità”, ma che in realtà si muoverebbero in barba al pericolo climatico.
Carbon Brief, invece, ha esaminato la tendenza delle emissioni annuali in Cina, negli Stati Uniti e nell’UE a 27 in base alle impostazioni politiche correnti e nello “scenario delle politiche dichiarate” (STEPS) dell’IEA. E nel caso del Dragone le emissioni dovrebbero crollare nei prossimi anni.
Assurdo, dunque, che l’articolo di Rampini si concluda dicendo che “l’America finirà per allinearsi al pragmatismo di Xi Jinping”. Se lo facesse avremmo molti più strumenti per combattere il cambiamento climatico, come altri studi hanno dimostrato.
Detto questo, nessuno nega che l’impatto cinese, o indiano o di altri paesi che si affacciano sullo scenario globale, sia sostanzioso. Ma perché ognuno faccia la propria parte, bisogna far sì che l’opinione pubblica possa fare le giuste pressioni sui nostri decisori politici.
E servirebbe dunque che i giornalisti facessero il proprio lavoro, e dessero le giuste informazioni ai cittadini che devono farsi un’opinione, senza narrazioni strumentali anticinesi.
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