In occasione dell’evento “The Defence era: capital and innovation in the current geopolitical cycle”, l’Area Studi Mediobanca ha presentato l’edizione 2024 del rapporto su “Sistema Difesa nel mondo e in Italia”. Con esso vengono esaminati i dati finanziari di 40 multinazionali e 100 aziende italiane che operano nel comparto della sicurezza.
A presenziare all’evento c’erano sia il sottosegretario di Stato alla Difesa, Matteo Perego di Cremnago sia Glenn McCartan, rappresentante della Defence Innovation Unit del comando europeo USA: a ricordare come la difesa è un affare euroatlantico, nel quadro dello scontro con i paesi emergenti.
Questo tipo di lavori, spesso prodotti da Mediobanca, sono di straordinario interesse, perché condensano in maniera sintetica tutta una serie di informazioni necessarie a capire che strada sta prendendo il nostro paese. E in questo caso, appare chiaro sia quella di un’economia improntata alla guerra.
Nel comunicato stampa rilasciato per l’occasione, si legge che, nel caso della difesa, i governi “devono bilanciare le risorse tra gli investimenti per la sicurezza nazionale e altri beni pubblici più orientati al benessere economico e sociale della popolazione come il welfare”.
Ospedali e cannoni vengono posti sullo stesso piano, quello dei beni pubblici. E viene poi sottolineata una sorta di competizione, tra lo stato sociale e le spese belliche, e va da sé che in questa fase di crescenti tensioni, le secondo prendono il sopravvento per rispondere alla “domanda di sicurezza”.
Non vogliamo qui parlare di un mondo astratto, in cui non esistono eserciti o armi. È chiaro che nel mondo così come lo conosciamo uno stato deve avere delle forze di difesa, ma è proprio questo il punto: il complesso militare-industriale occidentale è usato per sostenere e scatenare conflitti dove servono, non per difendersi da aggressioni.
Tornado al rapporto Mediobanca, in esso viene calcolato che il 2023 è stato l’anno con il massimo storico di spese militari a livello globale, 2.443 miliardi di dollari. Si tratta di 306 dollari a persona nel mondo, e ciò si è tradotto in un irrobustimento dei bilanci e della solidità delle imprese della difesa.
Il giro d’affari delle società del settore con ricavi pari ad almeno mezzo miliardo di euro si aggira sui 615 miliardi di euro, lo scorso anno in aumento di quasi il 10% rispetto al 2022. La classifica delle prime 40 multinazionali impegnate nella produzione di materiale bellico è dominata dagli Stati Uniti, ma anche l’Europa gioca un ruolo importante.
Se delle 40 aziende 16 sono a-stelle-e-strisce e rappresentano il 68% dei ricavi 2023, quelle europee – UE e Regno Unito – sono 17 e pesano per il 27% dei ricavi aggregati. In questo quadro, l’Italia esprime una fetta importante: Leonardo e Fincantieri contano per il 14% del giro d’affari europeo e per il 4% di quello mondiale.
Viene poi ripetuto il mantra della necessità quasi vitale di una Difesa UE. “Rendere più competitive le imprese del Vecchio Continente”, si legge nel comunicato stampa, “comporta un consolidamento industriale e una visione sovranazionale di appartenenza a un “tutto” europeo”.
Quello che serve è focalizzarsi maggiormente sull’innovazione, aumentare gli investimenti e risolvere l’estrema frammentazione, “con il baricentro decisionale che rimane in mano ai singoli Stati membri”. Insomma, partecipare a quel processo di fusione e acquisizione che creai i grandi trust industriali e finanziari tipici dell’imperialismo.
Non può dunque che preoccupare ancor di più il fatto che per il 2024 si prevede un ritmo degli aumenti dei ricavi maggiori per gli attori europei che per quelli statunitensi. Questo è il risultato della corsa al riarmo, che amplierà anche la base industriale continentale.
Su questo elemento, di fronte alla crisi irrisolvibile delle economie europee, si fonderà la legittimazione delle classi dominanti europeo per questo avvitamento continuo verso la guerra. E il tutto verrà alimentato dal lancio di strali sempre più duri verso nemici esterni, contro cui si invoglierà allo scontro ideologico, alla mobilitazione sociale, e forse anche a quella armata.
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