di Francesco Dall'Aglio
La situazione in Siria è estremamente dinamica e ancora più confusa, e il fiume di informazioni contraddittorie che viene diffuso non contribuisce a chiarirla, anzi. Quello che si sa per certo è che il gruppo fondamentalista Hayat Tahrir al-Sham, armato e finanziato dalla Turchia, avanza a passo veloce verso Aleppo, dopo aver rotto la tregua del 2020. Tra loro vari reparti di turkmeni, uiguri e centroasiatici assortiti, oltre ai ceceni ‟dissidenti” di Anjad Al-Kavkaz guidati da Rustam Azhiyev, meglio noto come Abdulhakim Ash-Shishani, che fino a poco fa combattevano contro i russi in Ucraina e si sono portati appresso un bel po’ di materiale bellico, soprattutto droni, generosamente distribuito anche ai confratelli. La reale portata dell’avanzata, però, non è chiara. Le tattiche utilizzate sono quelle che abbiamo visto nell’offensiva nell’oblast’ di Kursk, con reparti veloci che aggirano le posizioni nemiche, occupano i nodi logistici e si fotografano e filmano ovunque per dare l’impressione che il territorio sia interamente in mano loro. In pochissimi di questi filmati, però, ci sono tracce di combattimenti:è vero che alcune unità delle FFAA siriane si sono ritirate senza combattere, ma pare probabile che la maggior parte dei filmati sia stata confezionata o lontano dai combattimenti o prima che arrivassero i rinforzi.
Al momento, come appunto nei primi giorni dell’invasione del Kursk, è dunque piuttosto complicato stabilire quali zone sono effettivamente in mano ai jihadisti. Aleppo oggi pomeriggio era data sostanzialmente per conquistata, ma anche in questo caso non si sono visti filmati di operazioni militari e le unità siriane che vi stanno affluendo mostrano una situazione tranquilla, anche se alla periferia occidentale si combatte. Per quanto riguarda poi i russi, va ricordato che ad Aleppo non ci sono reparti militari a eccezione di qualche unità di reparti speciali, che hanno mostrato foto piuttosto granguignolesche di miliziani morti, e lo stesso discorso vale anche per le unità iraniane e di Hezbollah, poco presenti nella zona; molto attiva è invece l’aviazione russa, che dall’inizio delle operazioni sta bombardando con impunità le posizioni arretrate dei fondamentalisti e le loro linee di rifornimento. Se tra gli scopi dell’operazione c’è quello di obbligare i russi a stornare truppe dall’Ucraina, o dalle riserve, per mandarle in Siria (anche qui una similitudine con l’operazione a Kursk, che doveva servire a sguarnire il Donbas), il risultato finora non è stato raggiunto.
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