Dopo aver mirato ad ottenere una maggiore cooperazione sul piano militare con le Filippine e anche con il Vietnam, paesi coinvolti in vertenze territoriali sempre più tese con la Repubblica popolare cinese sul controllo di ampie aree del Mar cinese meridionale, Tokyo sta puntando ora a incrementare i rapporti con l’Indonesia che, finora, in queste vertenze ha tentato di giocare un ruolo di mediazione, forte delle sue dimensioni territoriali e demografiche ma anche della centralità sulle rotte d'intenso traffico marittimo tra Europa-Africa ed Estremo oriente.
Per questo il patto di difesa firmato tra i due paesi, al di là delle affermazioni diplomatiche, rappresenta un tassello di rilievo nella strategia giapponese di contenimento del potere cinese che rivendica anche isole contese con il Giappone nel Mar cinese orientale. In questo, giocando sul timore che – anche a causa della crisi dei tradizionali mercati d’esportazione europei e americano – ragioni economiche spingano sempre più il Sud-Est asiatico verso Pechino, consentendogli un controllo diretto di aree vitali all’economia nipponica.
Il nuovo patto firmato dal primo ministro nipponico Shinzo Abe e dal presidente indonesiano Joko Widodo in visita da domenica a Tokio prevede un aumento della cooperazione nell’addestramento delle Forze armate indonesiane e nell’utilizzo di tecnologie militari, in sostituzione di un vecchio trattato che finora di fatto incentivava solo lo scambio di studenti tra le accademie militari dei due paesi.
Definito “significativo” dai due paesi, l’accordo darà anche maggiori possibilità all’industria militare nipponica, all’avanguardia sul piano tecnologico, di contrastare la penetrazione sudcoreana nei mercati bellici regionali. Tuttavia, mentre il Giappone non nasconde il suo interesse a creare una rete strategica di contenimento delle pretese cinesi, Jakarta si muove con maggiore cautela. L’Indonesia ha già segnalato la volontà di una maggiore equidistanza nei confronti del colosso cinese sotto la presidenza di un personaggio slegato per la prima volta dagli interessi di un potere politico ed economico per molti anni connesso agli interessi della potente comunità di origine cinese nell’arcipelago.
Se il Giappone, guidato dal nazionalista Shinzo Abe, sembra impegnarsi nella costruzione di una vasta rete di alleanze per rafforzare le sue rinvigorite spinte egemoniche in Asia, dall’altra parte Tokio sembra cercare anche una sorta di equilibrio nei confronti dei suoi competitori diretti, in particolare Cina e Corea del Sud. I ministri degli Esteri di Pechino, Tokio e Seoul si sono infatti impegnati nei giorni scorsi a creare "al più presto" le condizioni per tenere un summit trilaterale tra i leader dei tre paesi. L'impegno è stato assunto durante un vertice a Seul, il primo di questo tipo da tre anni a questa parte. I colloqui rappresentano uno sforzo da parte dei tre per cercare di alleggerire le tensioni nella regione, dove si confrontano paesi con rivendicazioni territoriali irrisolte e con obiettivi geopolitici in aperta concorrenza tra loro. A dividere i contendenti ci sono anche le opposte valutazioni sulla storia e, in particolare, sul passato coloniale di Tokyo. In una dichiarazione congiunta i capi delle tre diplomazie – Yoon Byung-se per la Corea del Sud, Wang Yi per la Cina e Fumio Kishida per il Giappone – hanno detto di aver concordato di lavorare per un summit a tre dei rispettivi leader "nel più vicino momento possibile". I tre ministri hanno anche espresso "ferma opposizione" allo sviluppo delle armi nucleari nella Penisola coreana, un chiaro riferimento alle ambizioni nucleari della Corea del Nord. Parlando coi giornalisti, Yoon ha sostenuto che la dichiarazione congiunta ha "un significato speciale" ed è il prodotto di "profonde discussioni" su un ampio spettro di questioni sulle quali è possibile cooperare. Avviate nel 2007, queste consultazioni a livello di ministri degli esteri, sono state sospese ad aprile 2012 a causa delle profonde divisioni che si erano create tra i tre paesi.
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