di Roberto Prinzi
Hamas
e i gruppi armati palestinesi hanno compiuto crimini di guerra durante
l’offensiva israeliana “Margine Protettivo” della scorsa estate. A
sostenerlo è un rapporto pubblicato due giorni fa da Amnesty
International. Nel suo rapporto, intitolato “Illegali e
mortali: attacchi con razzi e mortai dei gruppi armati palestinesi
durante il conflitto di Gaza e Israele del 2014”, l’organizzazione non
governativa internazionale impegnata nella difesa dei diritti umani accusa
le fazioni armate palestinesi di aver mostrato un “flagrante disprezzo
per la vita dei civili lanciando ripetutamente attacchi indiscriminati
con razzi e mortai contro le zone residenziali israeliane”. “Diversi di
quegli attacchi – precisa l’ong – hanno costituito crimini di guerra”.
Secondo il direttore del programma Medio Oriente e
Africa del Nord di Amnesty, Philip Luther, “durante il conflitto i
gruppi armati palestinesi, incluso il braccio armato di Hamas, hanno
lanciato attacchi illegali, in evidente sfregio del diritto
internazionale umanitario e delle conseguenze delle loro azioni per le
popolazioni civili sia in Israele che nella Striscia di Gaza”. Perciò
Luter ha invitato le fazioni palestinesi a “porre fine a tutti gli
attacchi indiscriminati diretti contro i civili”. Secondo Luter, i
gruppi armati “devono prendere tutte le precauzioni possibili per
proteggere la popolazione civile della Striscia di Gaza evitando di
situare uomini armati e munizioni all’interno o nei pressi di zone
densamente popolate”.
Amnesty ha condannato l’utilizzo dei razzi usati dai palestinesi “perché
hanno proiettili senza alcuna guida che non possono essere diretti con
accuratezza contro obiettivi specifici e sono dunque di per sé
indiscriminati”. “Queste armi – sottolinea il documento – sono vietate
dal diritto internazionale e il loro uso costituisce un crimine di
guerra”. Nel mirino della ong ci sono soprattutto i mortai che hanno
“munizioni imprecise che non dovrebbero mai essere usate per attaccare
obiettivi militari situati all’interno o nei pressi di zone
residenziali”.
Secondo dati forniti dall’Onu, durante i 50 giorni di
“Margine Protettivo” i palestinesi hanno sparato 4.881 razzi e 1.753
colpi di mortaio verso lo stato ebraico. Amnesty ha
stigmatizzato l’azione dei gruppi armati palestinesi perché – sostiene –
ha messo in pericolo anche gli stessi civili della Striscia. A
tal proposito il rapporto cita espressamente il caso del missile che,
sparato dalla Striscia di Gaza, è caduto nel campo profughi di Shati
causando la morte di 13 palestinesi lo scorso 28 luglio. Amnesty ha
esortato le autorità locali “a investigare sull’accaduto e ad assicurare
alla giustizia gli assassini”.
Nel documento dell’ong, viene criticato anche
Israele il cui “devastante impatto [dei suoi attacchi] contro i civili
palestinesi nel conflitto è innegabile”. Ciononostante, sostiene il
rapporto, “le violazioni di una parte del conflitto non possono mai
giustificare quelle della parte opposta”. Nel denunciare i gruppi armati
palestinesi e nel criticare Tel Aviv, Amnesty pone sullo stesso piano
le oltre 2,200 vittime palestinesi (di cui 1.585 erano civili) e le 77
vittime israeliane (6 civili). Non sottolinea l’evidente sproporzione
tra i danni causati da Israele e quelli incomparabilmente minori causati
dai palestinesi.
E’ la prima volta che l’organizzazione umanitaria
attacca Hamas e le fazioni armate palestinesi per le loro azioni
militari compiute durante “Margine protettivo”. Nei rapporti precedenti,
infatti, Amnesty aveva accusato solo i “crimini di guerra” compiuti da
Israele nella Striscia.
Sul banco degli imputati vi è soprattutto Hamas il cui braccio militare, le Brigate ‘Ezz ad-din al-Qassam, ha svolto un ruolo di primo piano durante l’offensiva israeliana.
Il movimento islamico ha respinto ieri le accuse del rapporto giudicato
“sbilanciato” perché adotta “la versione israeliana della storia”.
In una nota ufficiale, il gruppo ha affermato il diritto dei
palestinesi a difendersi contro “l’attuale occupazione israeliana e le
violazioni militari israeliane”. “Secondo lo statuto di Roma – si legge
nel comunicato – i crimini di guerra hanno caratteristiche chiare che in
nessun modo si applicano alla resistenza palestinese, che ha difeso,
difende e difenderà il suo popolo”.
Hamas ha criticato l’approccio di Amnesty perché si
“basa esclusivamente su informazioni israeliane”, non riuscendo in
questo modo “a redigere un documento bilanciato”. Il movimento islamico
ha detto che il rapporto “altera volutamente i fatti per giustificare i
crimini contro l’umanità compiuti da Israele” e ha invitato le
organizzazioni umanitarie a compiere inchieste imparziali.
Il documento di Amnesty è stato rilasciato
più o meno nelle stesse ore in cui un nuovo rapporto dell’Ufficio delle
Nazioni Unite per gli Affari umanitari (OCHA) dal titolo “Vite
frammentate” accusa Israele di aver ucciso lo scorso anno il numero più
alto di civili palestinesi dall’occupazione della Striscia di Gaza e
della Cisgiordania del 1967. “Nel 2014 – si legge nel documento – [Tel Aviv] ha ucciso 2.314 palestinesi e ne ha feriti 17.125”.
A causare l’aumento di vittime registrato lo scorso
anno è stata l’operazione israeliana “Margine protettivo”. Al di là
delle 2.250 vittime e dei feriti (più di 10.000), il rapporto evidenzia
anche i 500.000 rifugiati interni palestinesi raggiunti all’apice del
conflitto (100.000 lo sono ancora). Ma si è morto (e tanto) anche in
Cisgiordania e a Gerusalemme Est dove le forze armate israeliane hanno
ucciso 58 palestinesi (ferendone oltre 6.000), il numero più alto di
vittime dal 2007, quello più elevato di feriti dal 2005.
Il documento sottolinea, inoltre, un maggior utilizzo
di pallottole vere da parte di Israele. Aumentati nel 2014 anche gli
attacchi dei palestinesi contro le forze di sicurezza di Tel Aviv e i
civili – principalmente coloni – che hanno provocato la morte di 12
israeliani (4 erano state le vittime lo scorso anno). Interessante anche
il dato relativo alla detenzione amministrativa che ha registrato nel
2014 un aumento del 24% sebbene sia diminuito del 6% il numero dei
bambini arrestati a causa di questa pratica (da 197 del 2013 ai 185
dello scorso anno).
Brutte notizie per Hamas sono giunte ieri anche
dall’Europa. Ieri l’Unione Europea (Eu) ha deciso di far
rimanere l’organizzazione islamica nella lista nera del terrorismo
internazionale nonostante tre mesi fa una sentenza di un tribunale
europeo abbia chiesto a Bruxelles di rimuoverla dal registro dei gruppi
terroristici. L’Ue aveva subito protestato ed era ricorsa in
appello. “Hamas resta nella lista durante l’appello del Consiglio
[europeo] alla decisione di dicembre [del tribunale]” ha scritto su
Twitter la portavoce del Consiglio europeo, Susanne Kiefer. Il processo
di appello dovrebbe durare un anno e mezzo.
L’ala militare di Hamas (le brigate al-Qassam) è
stata inserita nella lista dei gruppi terroristici stilata dall’Unione
Europea nel dicembre 2001 dopo gli attacchi dell’11 settembre agli Stati Uniti. L’Ue ha successivamente inserito nel 2003 anche il braccio
politico dell’organizzazione islamica. Tuttavia, lo scorso anno, il
Tribunale generale dell’Unione europea ha deciso che l’inserimento del
movimento islamico nella blacklist non si è basato su giudizi legali, ma
su conclusioni derivate dai media e da internet.
La decisione del Consiglio Europeo ha fatto imbufalire il movimento islamico che ha accusato l’Ue di agire contro il sistema giudiziario. “Questa decisione contraddice totalmente quanto ha stabilito il tribunale” ha dichiarato all’Afp Fawzi Barhum. “E’ immorale, ingiusta e sbagliata per le nostre persone e per la nostra legittima resistenza. Inoltre incoraggia l’Occupazione [Israele, ndr] a compiere i suoi crimini”. “Perciò – ha aggiunto Barhum – rifiutiamo questa decisione, invitiamo a rivederla e a rimuovere tutte le forme di ingiustizia contro il nostro popolo e contro Hamas”.
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