di Michele Giorgio – Il Manifesto
Il governo israeliano nega,
smentisce con forza le rivelazioni pubblicate ieri dal Wall Street Journal
sulle sue presunte operazioni di spionaggio dei negoziati in
corso sul programma nucleare iraniano, fatte a danno della linea del
dialogo con Tehran portata avanti dalla Casa Bianca. Giorno dopo
giorno lo scontro tra Barack Obama e Benyamin Netanyahu emerge in
tutta la sua complessità. E pare destinato ad aggravarsi, ma senza
mettere in alcun modo a rischio gli stretti rapporti strategici e di
sicurezza esistenti tra Washington e Tel Aviv.
«L’ostilità tra Netanyahu e Obama non ha precedenti nelle relazioni tra i due Paesi», notava ieri Arutz 7, l’agenzia di informazione della destra israeliana, puntando nel suo report l’indice contro il presidente Usa. Obama ha non pochi motivi per essere infuriato. Alti funzionari della Casa Bianca hanno riferito al Wsj
che l’anno scorso Israele ha spiato i negoziati in corso tra Tehran,
gli Stati Uniti e gli altri Paesi membri del Consiglio di Sicurezza
dell’Onu più la Germania. Un’operazione che, secondo il
giornale, rientrava in una campagna del premier israeliano per
ostacolare la possibile firma di un accordo e realizzata passando
le informazioni segrete a parlamentari americani. Il
fine sarebbe stato quello di aizzare contro Obama il Congresso, ora
nelle mani dei Repubblicani stretti alleati di Israele. E proprio a
deputati e senatori statunitensi Netanyahu ha parlato tre
settimane fa denunciando la politica del presidente e l’intesa con
l’Iran in dirittura di arrivo.
«Una cosa è lo spionaggio reciproco (tra gli Usa e Israele),
un’altra è il furto di segreti per poi passarli ai parlamentari Usa
per minare la diplomazia americana», ha detto uno degli anonimi
funzionari al Wsj, giornale che, peraltro, è vicino a Israele e di solito schierato contro le politiche di Obama. La
Casa Bianca ha scoperto l’operazione quando le agenzie di
intelligence americane hanno intercettato comunicazioni tra
funzionari israeliani con dettagli che, secondo gli Usa, potevano
provenire solo dai colloqui riservati. Da parte loro gli
israeliani hanno negato di avere spiato direttamente i negoziatori
americani, spiegando di avere ricevuto le informazioni attraverso
altri canali, come la sorveglianza dei negoziatori iraniani.
Sdegnata la reazione del ministro degli esteri israeliano Lieberman.
«Noi – ha detto – non spiamo gli Stati Uniti, né direttamente, né per
vie traverse… Quelle informazioni non sono giuste. Con gli Stati
Uniti manteniamo un atteggiamento di completa trasparenza». Il
ministro della difesa Moshe Yaalon da parte sua ha
sottolineato che Israele «non ha ricevuto alcun richiamo formale da
parte degli Usa su presunte operazioni di spionaggio a danno di
esponenti americani».
Netanyahu non ha commentato le rivelazioni del Wsj, ma
il suo ufficio ha avvertito che quelle informazioni sarebbero state
diffuse nell’intento di danneggiare le relazioni fra Israele e
Stati Uniti. Dalle nuvole è caduto John Boehner, speaker del
Camera dei Rappresentanti e principale alleato di Netanyahu ai
vertici delle istituzioni statunitensi. «Sono sbalordito perché
non mi è mai stata rivelata alcuna informazione segreta (sui
negoziati con l’Iran)», ha affermato Boehner che il 31 marzo
sarà a Gerusalemme, “casualmente” nell’ultimo giorno utile per il
raggiungimento dell’accordo con Tehran. Quel giorno assieme a
Netanyahu potrebbe lanciare un nuovo pesante attacco alla politica di
Obama.
La vicenda, secondo alcuni, spiegherebbe la determinazione con
la quale due giorni fa il capo dello staff di Obama, Denis McDonough,
ha attaccato Netanyahu durante il suo intervento alla conferenza
annuale dell’associazione ebraico americana J Street. La Casa
Bianca, ha detto McDonough, insiste sulla nascita di uno Stato
palestinese e, quindi, sulla soluzione dei “due Stati per due popoli”
e ha affermato che l’amministrazione Usa continua a considerare
inquietanti le dichiarazioni fatte da Netanyahu in campagna
elettorale con le quali ha categoricamente escluso la creazione
dello Stato di Palestina per poi fare una parziale retromarcia
subito dopo il voto del 17 marzo.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento