La
guerra in Yemen si fa sempre più mediatica. Gli oppositori degli houthi
accusano i ribelli di essere armati dagli iraniani. Accusa che sia
Teheran sia i ribelli negano fortemente. “Le affermazioni secondo cui la
repubblica islamica di Teheran abbia armato i ribelli, sono delle vere e
proprie menzogne” ha detto stizzita la portavoce del ministero degli
Esteri, Marzieh Afkham.
Afkham
ha criticato i raid della coalizione perché “hanno causato un alto
numero di morti” (si sono registrate già decine di vittime tra i civili)
e “provocato ingenti danni materiali”. I sauditi, intanto, ribadiscono
di aver imposto un blocco navale, dopo quello aereo, così da non
permettere l’arrivo di armi ai combattenti sciiti sia da fuori sia da
dentro il Paese. Secondo fonti locali, l’alleanza dei paesi arabi
sunniti avrebbe respinto in queste ore un tentativo degli houthi e dei
loro alleati (rappresentati dal deposto presidente Ali Abdullah Saleh)
di invasione di Aden. Poco fa la Reuters ha reso noto che le
forze fedeli al Presidente Hadi (sponsorizzato dalla coalizione) sono
riuscite a prendere il pieno controllo della città.
Proprio
Hadi aveva dichiarato Aden capitale momentanea dello Yemen dopo essere
riuscito a fuggire alcune settimane fa da Sanaa, da settembre in mano
degli houthi. I ribelli, però, nonostante i continui bombardamenti, sono
riusciti per più di cinque giorni ad assediare la città. Se dovesse
essere però confermata la notizia data dalla Reuters, la loro avanzata
potrebbe essere definitivamente terminata. Ad aggravare lo
squilibrio di forze in campo, inoltre, da stamattina ci sono anche le
navi da guerra egiziane che hanno bombardato l’aeroporto e le postazioni
houthi situate nella zona orientale di Aden. E’ proprio in
questa area che le forze anti-saudite avrebbero provato a radunarsi nel
tentativo, al momento velleitario, di riconquistare la città, roccaforte
del presidente Hadi. Secondo quanto riferisce un ufficiale del
ministero della salute, il fuoco dell’artiglieria nel distretto
meridionale di Khor Maksar avrebbe causato la morte di 26 persone
stanotte.
L’episodio
sanguinoso più grave è avvenuto ieri nel pomeriggio quando un raid
aereo saudita ha ucciso almeno 40 persone nel campo rifugiati di Haradh
nel nord del Paese. L’Agenzia Saba, sotto controllo dei ribelli
sciiti, ha precisato che a causare il bagno di sangue sono stati gli
aerei sauditi. Le vittime sarebbero tutte civili: principalmente donne e
bambini.
Ha provato
a giustificare l’attacco il portavoce militare saudita, il Generale
Ahmed Asseri: “forse [il raid] è stato provocato da alcun jet che hanno
risposto al fuoco [provocato dagli houthi] Non possiamo confermare che
era un campo profughi”. Asseri ha poi promesso che Riyad indagherà
sull’incidente.
Violenti
combattimenti tra i ribelli e forze saudite si segnalano ancora in
alcuni aree confinanti con l’Arabia Saudita. Secondo alcuni testimoni
oculari, si tratterebbe dei combattimenti più violenti da quando è
iniziata l’operazione “Tempesta decisiva”. Una offensiva, quella
sunnita, che oggi vanta a tutti gli effetti un nuovo alleato: il
Pakistan. Islamabad ha annunciato che invierà a breve un suo contingente
militare in sostegno alla coalizione. “Abbiamo giurato pieno sostegno
all’Arabia Saudita e alla sua operazione contro i ribelli – ha detto un
ufficiale pakistano che ha preferito restare anonimo – “e, pertanto, ci
uniremo alla coalizione”.
In
una nota ufficiale rilasciata ieri, il re saudita Salman ha dichiarato
che Riyad è favorevole ad un incontro con tutte le fazioni yemenite che
vogliono preservare l’unità del Paese. Ovviamente – ha lasciato
intendere il monarca saudita – a patto che esse seguano le direttive dei
sei stati del Consiglio di Cooperazione del Golfo in cui l’Arabia
Saudita ha il ruolo guida. Il Pakistan (paese non arabo),
dunque, si aggiunge agli altri stati (quelli sì arabi) che hanno giurato
cooperazione e alleanza nel vertice di Sharm ash-shaykh dello scorso
week end. I leader arabi, tutti o quasi, tra sorrisi e strette di mano
hanno concordato a formare una forza militare unificata per far fronte
alla “minaccia alla sicurezza” rappresentata dalla “marionetta
dell’Iran” (gli houthi).
Continua,
nel momento in cui vi scriviamo, il rimpatrio di centinaia di cittadini
stranieri. Dopo la partenza di gran parte degli occidentali (nei primi
giorni del conflitto), ieri è stato il turno di 500 pachistani. Oggi
toccherà agli indiani. Più complesso è il rimpatrio dei 6.000 e 7.000
egiziani che risiedono ancora nel Paese. Alcuni di questi,
sprovvisti di biglietto aereo, passaporto o carta d’identità, potranno
recarsi nel confinante Oman. Ad affermarlo è stato il ministro degli
esteri egiziani Sameh Shokri che ieri ha avuto una conversazione
telefonica con il suo pari saudita, il Principe Saud el-Faisal. Shoukri
ha chiesto a Riyad di aprire un valico tra Yemen e il regno wahhabita
per permettere la fuga dei suoi compatrioti dall’inferno yemenita.
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