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31/03/2015

Ucraina: arrivano i soldati e le armi di Washington


A ricordare la tragedia del Donbass, bombardato per quasi un anno dalle artiglierie pesanti di Kiev, è stata ieri la Responsabile per i diritti umani della Repubblica di Donetsk Jana Cepikova: nel corso delle operazioni definite dal governo ucraino “antiterorrismo”, nel solo territorio della Repubblica di Donetsk sono stati uccisi 60 bambini. Secondo quanto dichiarato dalla stessa Cepikova, la cifra è, purtroppo, tutt'altro che completa. Se ricordiamo che il numero ufficiale di morti di tutte le operazioni belliche nel Donbass è, secondo l'ONU, di poco inferiore alle 6.000 persone, ma che, secondo informazioni diffuse circa due mesi fa dai servizi segreti tedeschi (ma già a fine 2014, alcuni fuoriusciti ucraini ne avevano accennato) la cifra potrebbe essere di dieci volte superiore, il dato ora diffuso a Donetsk, già di per sé triste, potrebbe risultare ancora più atroce.

E, nonostante a oggi il cessate il fuoco concordato a Minsk il 12 febbraio scorso sia fondamentalmente rispettato, non sono poi così robuste le speranze che, nelle prossime settimane, le truppe governative o i battaglioni neonazisti che ne costituiscono la punta avanzata, non riprendano l'offensiva. In ogni caso, sporadiche violazioni del cessate il fuoco e sotterfugi nell'allontanamento delle artiglierie dalla linea di contatto, da parte dei governativi, si stanno verificando praticamente ogni giorno contro le milizie del Donbass.

Milizie che, per ordine del Presidente della Repubblica di Donetsk Aleksandr Zakharcenko, dovrebbero essere presto disarmate, probabilmente anche per dare un ulteriore segnale delle intenzioni costruttive da parte delle regioni “separatiste”. Ma non solo. Specificamente, Zakharcenko, ha ordinato il disarmo, entro il prossimo 4 aprile, di tutti i soggetti che non facciano parte delle strutture militari ufficiali della Repubblica. Si fa rilevare che la misura viene adottata anche per motivi di ordine pubblico e si incarica  il Ministero degli interni di adottare “le misure per il fermo, il disarmo e l'isolamento dei soggetti che non ottempereranno alla misura”. Tali persone verranno considerate “membri di formazioni criminali”: “nei loro confronti si procederà al disarmo tramite operazioni speciali e verranno chiamate a rispondere penalmente”. Oltre che un messaggio positivo lanciato a Kiev, non è escluso che il provvedimento sia dettato anche dalla necessità di dare una strutturazione più qualificata e meno “spontanea” alle forze chiamate a difendere la Repubblica, in vista della formazione di un esercito unico della Novorossija, comprendente le milizie delle due Repubbliche, di Donetsk e di Lugansk. Gli stessi fuoriusciti ucraini cui si accennava sopra avevano parlato infatti di vari episodi, a dir poco “non professionali”, da parte di alcuni comandanti in campo che, agendo di propria iniziativa (e, sembra, nel proprio privato interesse), mentre combattevano contro i battaglioni nazionalisti di Kiev, usavano le armi per scopi pressoché briganteschi.

Sull'altro fronte, di contrapposto, si attende per il prossimo 20 aprile l'arrivo di 290 paracadutisti USA al poligono di Javorov (nella regione di Lvov, a pochi chilometri dal confine con la Polonia) per manovre congiunte americane-ucraine. Ciò, quasi a voler rammentare una volta di più, a chi ne avesse ancora bisogno, che il ruolo degli Stati Uniti non è più da oltre un secolo quello di cui Marx, riportando le parole del francese “Constitutionnel”, poteva dire che “Nessuna delle potenze europee è disposta ad ammettere che il governo degli Stati Uniti abbia il diritto di proteggere la rivoluzione europea con la forza delle armi”: a meno che non ci si riferisca oggi alle “rivoluzioni colorate” sponsorizzate a piene mani dagli Stati Uniti nell'area post-sovietica.

In concreto, il Ministro degli interni ucraino Arsen Avakov ha scritto che i soldati della 173° brigata aviotrasportata USA “Sky Soldiers” (di stanza a Vicenza), in base agli accordi tra Kiev e Dipartimento di Stato di Washington, addestreranno reparti della Guardia Nazionale ucraina. L'addestramento riguarderà tre gruppi di 300 guardie l'uno, per 8 settimane ciascuno, dopo di che si procederà alle manovre congiunte; terminate queste, gran parte del munizionamento e di altro materiale rimarrà in dotazione alla Guardia Nazionale ucraina, formata come è noto non solo dai cadetti delle accademie militari di Kiev ma soprattutto dai battaglioni formati dalle varie forze ultranazionaliste e neonaziste agli ordini dei vari oligarchi.

Formalmente, le manovre con la presenza di truppe USA, sono state “legalizzate” dal progetto di legge presentato lo scorso 13 marzo alla Rada dal presidente Petro Poroshenko e approvato il 19 marzo, sull'ammissibilità dell'ingresso di reparti militari stranieri sul territorio ucraino nel 2015 per la partecipazione a manovre plurinazionali. Secondo il programma, nell'area del poligono di Javorov quest'anno si terranno manovre militari americane-ucraine e anche plurinazionali (Paesi della Nato e Paesi partecipanti al programma “Partnership in nome della pace”!!), pressoché ininterrottamente, da marzo a novembre, con la partecipazione di alcune migliaia di soldati. Nel 2015, è previsto anche l'invio di militari ucraini all'estero per programmi di addestramento della polizia militare: in Germania, Lituania, Ungheria, Spagna e Portogallo.

Ovviamente queste manovre, programmate con la durata di una gravidanza, non possono che partorire, nella mente del Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, il sospetto che... “la Russia stia cercando di far rivivere il sistema delle sfere d'influenza”. Ma “noi siamo contrari a ciò, dato che ogni Paese è sovrano” ha detto Stoltenberg. Effettivamente, quanto la sovranità dell'Ucraina stia a cuore a Nato e Ue lo testimoniano le vicende dei tredici mesi trascorsi dal golpe contro il legittimo Presidente Viktor Janukovic (nell'organizzazione del quale lo stesso Obama ha ammesso pubblicamente la mano statunitense), le migliaia di morti dei dieci mesi di guerra contro il Donbass foraggiata con armi passate a Kiev dai più ultranzionalisti governi dell'Europa orientale e l'affamamento della popolazione ucraina causato dalle condizioni socio-economiche capestro imposte da Ue e Fmi per riempire di miliardi le tasche degli oligarchi locali. Condizioni che, alla lunga, rischiano di provocare una crisi intestina dello stesso regime golpista, con scontri non proprio pacifici tra i settori armati più direttamente agli ordini delle cordate oligarchiche, quelli che, bene o male, devono anche manifestare preoccupazioni di facciata per la drammatica situazione della popolazione e quelli infine che, rispondendo esclusivamente alle rispettive ambizioni, arrancano verso il potere a colpi di mitra. Da questi ultimi giunge l'ultima avvisaglia di quanto potrebbe a breve verificarsi: lasciano infatti pochi dubbi le recentissime dichiarazioni del leader dell’organizzazione neonazista Pravyj sektor, Dmitrij Jarosh, sulla reale possibilità di una “terza majdan". Commentando le parole di Jarosh, il vice presidente della frazione Russia Unita alla Duma russa, Frants Klintsevic, ha detto che l'Ucraina “è come un funambolo che si mantiene in equilibrio con molta difficoltà e che rischia di precipitare nel baratro ogni secondo”. Moltissimo dipenderà, in fin dei conti, dai diversi ordini che verranno trasmessi da Washington e Bruxelles.

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