di Manlio Dinucci
L’attacco terroristico in Tunisia,
che ha mietuto anche vittime italiane, è strettamente collegato alla
caotica situazione della Libia, sottolineano ambienti governativi e
media. Perfino Obama ha riconosciuto, giustamente, che la
responsabilità della nascita dell’Is è degli Usa per la guerra all’Iraq –
presidente era George W. Bush. Dimenticando però che anche il caos in Libia,
e sotto la sua presidenza, è stato provocato dalla guerra della Nato
che, esattamente quattro anni fa, ha demolito lo Stato libico.
Il 19 marzo 2011 iniziava infatti il bombardamento aeronavale della
Libia: in 7 mesi, l’aviazione Usa/Nato effettuava 10mila missioni di
attacco, con oltre 40mila bombe e missili; venivano finanziati e armati i
settori tribali ostili al governo di Tripoli e gruppi islamici fino a
pochi mesi prima definiti terroristi; venivano infiltrate in Libia anche forze speciali, tra cui migliaia di commandos qatariani. A questa guerra, sotto comando Usa tramite la Nato, partecipava l’Italia con basi e forze militari.
Molteplici fattori rendevano la Libia importante per gli
interessi statunitensi ed europei. Le riserve petrolifere le maggiori
dell’Africa, preziose per l’alta qualità e il basso costo di estrazione
e quelle di gas naturale, che rimanevano sotto il controllo dello Stato
libico che concedeva alle compagnie straniere ristretti margini di
guadagno; i fondi sovrani, ammontanti a circa 200 miliardi di dollari
(spariti dopo la confisca), che lo Stato libico aveva investito
all’estero e che in Africa avevano permesso di creare i primi organismi
finanziari autonomi dell’Unione africana.
E la posizione della Libia, all’intersezione tra Mediterraneo, Africa e Medio Oriente. Sono
stati dunque gli Usa e i maggiori alleati Nato – la Francia in primis –
a finanziare, armare e addestrare in Libia nel 2011 gruppi islamici
fino a poco prima definiti terroristi, tra cui i primi nuclei del futuro
Is; a rifornirli di armi con una rete organizzata dalla Cia
(documentata da un’inchiesta del New York Times) quando, dopo aver
contribuito a rovesciare Gheddafi, sono passati in Siria per rovesciare
Assad – ora ritornato «interlocutore» degli Usa come se nulla fosse;
sono stati sempre gli Usa e la Nato ad agevolare l’offensiva dell’Is in
Iraq, nel momento in cui il governo al-Maliki si allontanava da
Washington, avvicinandosi a Pechino e a Mosca. L’Is ha svolto di
fatto un ruolo oggettivamente funzionale alla strategia Usa/Nato di
demolizione degli Stati con la guerra coperta. L’attacco
terroristico a Tunisi è avvenuto il giorno dopo che Aqila Saleh,
presidente del «governo di Tobruk», aveva avvertito l’Italia che «il
Califfato può passare dalla Libia al vostro Paese», premendo su Roma
perché intervenga in Libia. Il ministro Gentiloni ha subito risposto:
«Faremo la nostra parte».
E il nuovo capo di stato maggiore dell’esercito, generale
Danilo Errico, ha assicurato che, «se il governo dovesse dare il via» a
un intervento in Libia, «noi siamo pronti». Pronti dunque a
combattere a fianco dell’«Esercito nazionale libico», braccio armato del
«governo di Tobruk», al cui comando documenta The New Yorker, il
23-2-2015 c’è il generale Khalifa Haftar che, «dopo aver vissuto per due decenni in Virginia (Usa), lavorando per la Cia, è ritornato a Tripoli per combattere la guerra per il controllo della Libia».
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