di Federica Iezzi
Problemi tecnici e ritardi
hanno avviato la macchina elettorale del parlamento federale e del
nuovo presidente in Nigeria. Dopo un rinvio di sei settimane per ragioni
di sicurezza, urne aperte dalle 8 alle 13 dello scorso sabato, per i 70
milioni di elettori. Rallentamenti nelle procedure a causa dello
sperimentale iter di registrazione dei votanti, tramite carte
biometriche con le impronte digitali. Nuovo sistema progettato contro i
brogli.
A causa dei recenti attacchi dei jihadisti di Boko Haram, in alcune
zone del Paese, le operazioni di voto sono state sospese e rimandate a
domenica. In più di 300 seggi, sui 150 mila presenti in tutto il
territorio, si è continuato invece a votare. Dall’apertura dei seggi,
almeno 41 persone sono state uccise nell’area di Gombe e Borno, nel
nordest nigeriano, roccaforte dei militanti islamici, e nello stato di
Rivers, nel sud-est del Paese.
Nei villaggi di Dukku, Birin Fulani, Tilen, Shole, Birin Bolawa e
Buratai si sono susseguiti attacchi e minacce dei militanti di Boko
Haram ai funzionari elettorali. In quest’ultima località venerdì scorso i
miliziani di Abubakr Shekau avevano decapitato una trentina di persone
con una motosega, mentre nella provincia di Gombe avevano aperto il
fuoco sulla gente in fila ai seggi.
Urne rubate e sospetti di ritardi in alcuni seggi elettorali, hanno
peggiorato lo stato di veridicità delle operazioni. I confini nazionali
sono chiusi da mercoledì scorso. Il traffico si è fermato nelle grandi
città del Paese fino alle cinque del pomeriggio, con posti di blocco
davanti ogni seggio. Ma centinaia di migliaia di nigeriani sono andati a
votare, nonostante le minacce di Boko Haram.
Sono 14 i candidati alla carica di Presidente, tra cui per la prima volta anche una donna, Remi Sonaiya, del partito KOWA. Ma a contendersi
davvero il mandato sono l’attuale presidente Goodluck Jonathan, impopolare e ampiamente accusato di corruzione, cristiano
del sud, beneficiario dei ricchi introiti delle esportazioni
petrolifere e il generale Muhammadu Buhari, forte del sostegno del nord
islamico della Nigeria, area abbandonata dal governo centrale di Abuja e
protagonista di una feroce dittatura militare nei primi anni ’80.
Una sfida che si ripete, dato che erano finiti al ballottaggio anche
nel 2011. In quell’occasione vinse la popolarità di Jonathan. Almeno
800 civili, in seguito ai risultati di quelle elezioni, persero la vita
durante violenti scontri. E gli sfollati interni furono 65.000.
In questi ultimi mesi, non sono mancate le critiche pesanti del
generale Buhari al governo Jonathan, accusato di non saper interrompere
la scia di sangue dipinta tragicamente dai combattenti di Boko Haram,
che dal 2002 hanno ucciso più di 10.000 civili, di cui 1000 solo
durante quest’anno.
Il nord, a maggioranza musulmana, sembra essere il territorio sotto
il controllo di Buhari e del suo partito di opposizione, l’All
Progressives Congress, mentre Jonathan e il Partito Democratico Popolare
hanno maggiore sostegno nel sud, prevalentemente cristiano.
Oltre alle elezioni presidenziali, i nigeriani sono chiamati a votare
per i governatori di 36 stati, per i rappresentanti dei 109 seggi del
Senato e dei 360 dell’Assemblea Nazionale. L’annuncio dei risultati è
atteso entro 48 ore dalla chiusura dei seggi. Senza il nome di un
vincitore, le sorti della Nigeria saranno in mano al ballottaggio tra
sette giorni. Il nuovo governo entrerà in carica alla fine di maggio.
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