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25/03/2015

La Tunisia e il tempo delle scelte in Europa


Qualche considerazione su primavera araba, terrorismo di ritorno e ruolo del Vecchio Continente dopo gli attacchi jihadisti di Tunisi.

Il vero obiettivo dei jihadisti

Il commando, secondo le ricostruzioni, aveva provato a entrare in parlamento. Non riusciendoci ha preso di mira il museo del Bardo, che è adiacente al parlamento. Il dettaglio non è secondario. Le ipotesi su una strategia precostituita mirante a colpire “il turismo”, pur plausibile, troverebbe una parziale smentita se la ricostruzione fosse valida. Piuttosto, come si ricorda da più parti, colpire luoghi simbolo come il Bardo, notoriamente frequentati da turisti per lo più occidentali, è nel DNA delle organizzazioni terroristiche di matrice islamica fin dalla nascita del terrorismo qaidista. Questo è un segnale che non può essere ignorato.

Chi è stato?

Via twitter alcuni esponenti dello Stato Islamico si sono subito congratulati con gli attentatori, ma era avvenuto lo stesso anche dopo la strage a Charlie Hebdo: ciò fa parte, almeno per ora, del capitolo “jihad elettronico” e non dimostra che all’attentato corrisponda l’inizio di una serie di operazioni preparate a tavolino che prendano di mira in particolare la Tunisia. Ovviamente, l’ipotesi non deve essere scartata, viste le minacce – provenienti da una formazione, Ansar al-sharia, che oggi si trova nel “regno di mezzo” nella battaglia per l’egemonia fra al Qaida e lo Stato Islamico – apparse sul web prima dell’attentato.

Lo stile dell’attacco ricorda in molti punti quello di Parigi che, invece, è stato rivendicato da al-Qaida in Yemen. Lo differenzia la genesi dell’individuazione dell’obiettivo – a Parigi la redazione di Charlie Hebdo era da tempo nel mirino dei terroristi, al contrario del Bardo – e la (probabile) affiliazione degli attentatori: militanti di una brigata tunisina di al Qaida nel Maghreb Islamico di ritorno da Siria e Iraq che però, gradualmente, come in molti altri teatri, si avvicinano alle posizioni dello Stato Islamico.

L’altra differenza, non da poco, è che c’è un arresto avvenuto sul luogo dell’attacco. Avremo probabilmente dunque, a differenza di altri casi, diverse risposte su queste domande, che dovremo valutare con cura.

Il terrorismo di ritorno

Le agenzie di stampa battevano a poche ore dall’attacco la notizia secondo cui nella periferia nord della capitale era stata sgominata una cellula terroristica. L’operazione aveva dato come risultato l’arresto di 7 persone, alcune delle quali reduci dalla Siria. L’attività della cellula, secondo le forze di sicurezza tunisine, era legata al reclutamento. È possibile che l’attacco al Parlamento e al Bardo sia un contraccolpo di questa operazione.

È presto per dirlo, ma sta di fatto che in Tunisia, molto più che altrove, vediamo per la prima volta in atto gli effetti del tanto discusso “terrorismo di ritorno“: jihadisti partiti per la Siria e l’Iraq tornano nel loro paese e organizzano attacchi patria.

Al di là di questo dato fondamentale, è proprio il DNA dei terroristi a spaventare di più. Le pratiche dell’indottrinamento appaiono ormai perfettamente oliate: gli obiettivi sensibili sembrano essere rilevati dai terroristi con automatismo, i luoghi-simbolo sono identificati e colpiti come seguendo un algoritmo. A questo si aggiunge un’esperienza “militare” senza precedenti nella storia qaidista: i punti deboli sono individuati in maniera  precisa, le dinamiche degli attacchi sfruttano scientificamente le falle della sicurezza di un paese che, come nella nostra Europa, mostra di voler vivere la propria libertà anche tenendo aperto un museo.

Tunisi chiama Europa

Ma la Tunisia non è in Europa. La sua esposizione ad attacchi del genere è infinitamente maggiore per diversi motivi. È vulnerabile: la sua economia, a differenza dei paesi confinanti, non può contare sulla rendita petrolifera e si espone sempre più alle intemperie del mercato globale in termini di investimenti e di mercato del lavoro. La sua democrazia è giovanissima e fragile, anche se determinata grazie a un processo costituente tutto sommato solido.

In questa prospettiva le partecipatissime manifestazioni di ieri a Tunisi rappresentano un punto di speranza. Ma se davvero democrazia e libertà sono valori fondanti, è venuto il momento per l’Europa di dare a questo paese il supporto di cui ha bisogno e che merita. Se aveva senso dire “Je suis Charlie”, adesso ha senso dire “Je suis Bardo”*.

Non basta lo schema del prestito internazionale, dell’aiuto economico, né l’assistenza nel campo della sicurezza. Serve investire sulla dimensione politica e connettere davvero la Tunisia all’Europa. Questo attacco ci segnala, drammaticamente, che il tempo sta per scadere.

Fonte

* tutto sommato bene fino a questo punto, poi lo scivolone retorico...
Chissà perchè poi ci si deve eprdere sempre in questi scivoloni imbarazzanti. Proprio non ce la si fa ad uscire dal centrismo occidentale...

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