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07/06/2015

Messico al voto, tensione alta e repressione

Quando mancano pochi giorni alle elezioni di metà mandato, nel corso delle quali si voterà per rinnovare il congresso nazionale ed eleggere nove governatori, è nuovamente alta la tensione in Messico, dove il governo sta rispondendo con una dura repressione, e con metodi che ricordano gli anni peggiori dell’autoritarismo che ha caratterizzato il novecento messicano, alla protesta che in differenti stati della federazione minaccia d'impedire lo svolgimento del processo elettorale in corso, considerato farsesco data l’emergenza umanitaria che si vive nel Paese e lo stretto legame della classe politica con il narcotraffico.

Il boicottaggio delle elezioni del prossimo 7 giugno è stato lanciato nei mesi scorsi dal variegato movimento che accompagna la protesta dei familiari e dei compagni degli alunni della scuola normale rurale Isidro Burgos di Ayotzinapa, vittime dell’assalto di un commando di poliziotti e narcos che ha provocato la morte di 6 persone e la sparizione forzata di 43 studenti lo scorso 26 settembre.

Sebbene azioni e iniziative contro i partiti e le istituzioni legate all’imminente tornata elettorale si siano verificate molto spesso nell’ultimo periodo, a partire da lunedì primo giugno si sono intensificate e diffuse in diverse zone del paese, colpendo in particolar modo gli stati del Guerrero, Oaxaca e Chiapas dove le iniziative sono state più radicali e la possibilità di ottenere qualche risultato da parte del movimento sono maggiori.

Nello stato del Guerrero, a portare avanti la protesta sono principalmente familiari e compagni dei desaparecidos di Ayotzinapa, gli studenti della Federación de Estudiantes Campesinos Socialistas de México (FECMS), i maestri della CETEG e dal Movimiento Popular Guerrerense (MPG).
Le proteste si sono tenute quotidianamente in diverse città dello stato, prendendo di mira il congresso e le sedi dei principali partiti, di fronte alle quali sono stati organizzati dei falò con la propaganda elettorale. Inoltre sono state bloccate l’autostrada del Sole e le statali Chilpancingo-Tlapa e Chilapa-Tlapa.

La risposta repressiva non si è fatta attendere ed è arrivata già martedì, con l’arresto di tre normalisti, che sono stati però rilasciati poche ore dopo, e, successivamente, con un’operazione poliziesca ai danni della normale di Ayotzinapa, che è stata minacciosamente accerchiata per diverse ore da membri della polizia federale e dell’esercito. Lo stesso giorno, a Tlapa, circa 200 persone legate al Partido Revolucionario Institucional (PRI), armate i bastoni e machete, hanno attaccato militanti del MPG dopo che questi avevano dato fuoco a più di centomila schede elettorali.

L’intensità della repressione è aumentata a partire da mercoledì quando più di 500 elementi di esercito e polizie statale e federale hanno bloccato i pullman su cui viaggiavano compagni e familiari dei normalisti all’uscita della città di Tixla, impedendogli di raggiungere la capitale dello stato per partecipare alle iniziative della campagna. Dopo un inascoltato tentativo di dialogo portato avanti da parte di una delegazione di studenti e genitori, sono iniziate le cariche, i lanci di lacrimogeni e di proiettili di gomma, che hanno ferito due normalisti. Durante gli scontri, durati circa un’ora, è stato fermato dalle forze dell’ordine anche un autobus di turisti, i quali hanno denunciato di essere stati picchiati dagli agenti.

Per quattro giorni consecutivi un imponente schieramento di forze dell’ordine ha impedito ad allievi e parenti dei 43 desaparecidos di poter uscire da Tixla, la quale si trova di fatto in stato d'assedio, con centinaia di agenti in tenuta antisommossa a presidiare le vie d’accesso alla città e posti di blocco sparsi in tutta la zona a controllare autobus e automobili. La situazione è tale che il Centro per i Diritti Umani della Montagna di Tlachinolan parla di stato d’assedio e di sospensione delle garanzie individuali; mentre il comitato studentesco di Ayotzinapa parla della negazione di fatto dei diritti alla libertà di espressione e di manifestazione nello stato del Guerrero.

Nonostante questo clima e la militarizzazione dello stato, dove sono giunti in questi giorni migliaia di elementi delle diverse forze di polizia e dell’esercito, nonché decine di camion blindati, camionette e carri di diverso genere, le mobilitazioni sono continuate per tutta la settimana in diverse località. Nella giornata di giovedì, i celerini hanno caricato il corteo organizzato a Chilpancingo, tentando, senza riuscirci a causa della resistenza dei manifestanti, di sgomberare il presidio permanente piazzato da ottobre al centro della città per chiedere verità e giustizia per la strage di Iguala. Venerdì, invece, nella cittadina di Tlapa, insieme a divise e manganelli è entrato in scena anche un gruppo di picchiatori legati al PRI e al Partido del Trabajo (PT), i quali, armati di machete, pali chiodati e mazze da baseball hanno assaltato la marcia del MPG ferendo una ventina di persone e arrestando tre militanti della CETEG. Durante gli scontri, tuttavia, i professori avevano fermato un agente municipale e due impiegati dell’Instituto Nacional Electoral (INE), i quali sono stati scambiati con i docenti arrestati nel corso della serata.

Manifestazioni e proteste si sono verificate anche nella regione di Oaxaca, dove la parte del leone l’hanno fatta i docenti della Coordinadora Nacional de los Trabajadores de la Educación (CNTE), in sciopero da lunedì per fermare il processo elettorale in solidarietà con la causa di Ayotzinapa ma anche per abrogare la riforma educativa approvata l’anno scorso, la quale precarizza drasticamente il lavoro docente e apre alla privatizzazione della scuola.

Qui la settimana è iniziata con l’occupazione da parte dei docenti delle 11 sedi locali dell’INE e con azioni in diverse città contro obiettivi legati alle prossime elezioni, durante le quali sono state bruciate circa 90 mila schede elettorali e sanzionate sedi di partiti e istituzioni. Altre azioni di protesta sono consistite nel “sequestro” di mezzi di trasporto di varie imprese e nella ripartizione delle merci a passanti ed automobilisti, così come l’occupazione dei distributori di benzina e la mescita gratuita del prodotto. Mercoledì invece i docenti hanno occupato una parte dell’aeroporto della capitale dello stato bloccandone per alcune ore le operazioni. Anche qui come nello stato guerrerense le iniziative sono proseguite in diversi paesi anche giovedì e venerdì con manifestazioni, blocchi stradali e azioni contro le sedi dei principali partiti e contro Pemex, l’impresa petrolifera statale.

Anche in Chiapas la situazione e assai simile a quelle appena descritte ed insegnanti e normalisti sono in prima fila nel movimento per il boicottaggio delle elezioni. Per fare alcuni esempi, nel corso della settimana, sono state bruciate le sedi di tutti i partiti politici nella capitale Tuxla Gutierrez, nonché la facciata della sede dell’INE e diversi mezzi di trasporto di proprietà di Comisión Federal de Electricidad (FCE) e altre imprese. Inoltre, è stato occupato per due giorni di fila l’impianto di stoccaggio e distribuzione di Pemex, il che sta iniziando a causare problemi ai distributori di benzina della città.

La protesta non si è fermata nonostante il governo abbia concesso agli insegnanti la sospensione della valutazione dei docenti, che rappresentava un importante elemento di discordia tra le parti. Di fronte a questa situazione, e con la promessa da parte del movimento di impedire l’istallazione delle sezioni elettorali, il governo sta inviando elementi della polizia federale, dell’esercito, della marina e della gendarmeria verso lo stato di Oaxaca. Si parla di 3 mila elementi ai quali verranno aggiunti altri 3 mila della polizia statale.

Per quanto il ministro degli interni Osorio Chong sostenga che la situazione sia sotto controllo, tutto sembra indicare che queste elezioni non possano affatto essere definite normali né serene, e che buona parte della popolazione non ritiene legittime queste votazioni. Insomma, la giornata di domenica si preannuncia tesa e assai rischiosa per i movimenti che hanno deciso d'impedire lo svolgimento delle elezioni, considerando l’importante spiegamento di forze dell’ordine che sarà impiegato “per difendere il diritto al voto” (12 mila uomini) e la presenza in diversi stati della repubblica di gruppi di picchiatori legati soprattutto al PRI, i quali hanno già iniziato a seminare il terrore non solo nello stato del Guerrero, ma anche in quello di Veracruz. A Xalapa, infatti, nella nottata di giovedì un gruppo di individui in borghese, armato di spranghe e machete ha fatto irruzione nell’appartamento di alcuni attivisti universitari colpendo brutalmente i giovani e ferendone gravemente tre. Durante l’aggressione, i picchiatori hanno fatto riferimento alle prossime elezioni intimando i giovani di non disturbarle.

A rendere il quadro ancora più difficile e a contribuire a mettere in dubbio la credibilità del processo sono state anche le violenze che lo hanno caratterizzato. Tra precandidati, candidati e membri delle squadre di campagna sono state assassinate 20 persone in 10 stati della repubblica. A questo dato si devono aggiungere i casi di sequestro, di aggressione, minaccia, che fanno di questa campagna elettorale la più violenta degli ultimi anni e dimostrano un ruolo attivo da parte della criminalità organizzata. Senza parlare degli scandali legati alla compravendita dei voti e alla distribuzione di televisioni, laptop, dispense alimentari, programmi governativi a scopi elettorali.

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