C’è atmosfera di eccitazione nei vertici politici e militari italiani per l’aria che tira nel Mar Rosso intorno alla missione navale-militare europea “Aspides”.
Sabato il cacciatorpediniere italiano Duilio, in navigazione nel Mar Rosso meridionale, “ha localizzato una traccia aerea sconosciuta. Il profilo era minaccioso e, a seguito di riconoscimento ottico attraverso i sensori di bordo di un drone della stessa tipologia e comportamento di quelli che nei giorni scorsi si sono resi autori degli attacchi al traffico mercantile in area, Nave Duilio ha reagito per autodifesa”.
Così riporta la dichiarazione ufficiale del comandante del cacciatorpediniere della Marina Militare, il capitano di vascello Andrea Quondamatteo, descrivendo quello che è stato ritenuto un attacco degli Houthi yemeniti.
L’oggetto volante abbattuto dalla nave militare italiana nel Mar Rosso era però a ben 6 km di distanza, secondo quanto ammesso dallo stesso Ministero della Difesa. I militari italiani hanno abbattuto l’oggetto volante – definito un drone – con 7 o 8 colpi di cannone da 76 mm.
“Gli attacchi terroristici degli Houti sono una grave violazione del diritto internazionale e un attentato alla sicurezza dei traffici marittimi da cui dipende la nostra economia”, ha subito dopo affermato il ministro della Difesa Guido Crosetto commentando la notizia.
“Questi attacchi – sottolinea Crosetto – sono parte di una guerra ibrida, che usa ogni possibilità, non solo militare, per danneggiare alcuni Paesi e agevolarne altri”. Il non detto del ministro Crosetto sarebbe che gli Houthi nel Mar Rosso attaccano solo le navi israeliane o delle potenze occidentali, ma non quelle della Russia o della Cina o di altri paesi non allineati alla Nato.
“L’Italia non è nel Mar Rosso per fare azioni di guerra, ma per difendere le sue navi. Da cittadino sarei turbato se non ci fosse unanimità su una missione che difende i traffici marittimi nel Mediterraneo, che per noi sono vitali”, ha aggiunto Crosetto in una intervista al Corriere della Sera.
Si respira dunque aria di “eccitazione” ai vertici del governo italiano. L’Italia finalmente ha “battuto un colpo”, ha sparato e abbattuto. Ma questa eccitazione potrebbe portare a brutte sorprese.
Il 27 febbraio colpito drone statunitense dal “fuoco amico” tedesco
Il “guaio” lo hanno combinato tre giorni fa i militari tedeschi della nave Hessen, anch’essa inviata nel Mar Rosso con la flotta Aspides targata Unione Europea. I mass media italiani si sono affrettati a nascondere l’imbarazzante incidente sotto il tappeto, ma i fatti alla fine sono emersi alla luce del sole.
L’unità navale tedesca ha sparato per abbattere quello che si è rivelato poi un MQ-9 Reaper statunitense scambiandolo per un missile houthi e gli ha tirato contro due missili RIM-66C SM-2.
“Un MQ-9 Reaper dell’aeronautica statunitense ha rischiato di essere abbattuto da una nave da guerra tedesca in un incidente di fuoco amico sul Mar Rosso il 27 febbraio”, hanno dichiarato funzionari statunitensi alla rivista Air & Space Forces.
L’MQ-9 dell’USAF è stato preso di mira dalla fregata tedesca Hessen mentre il drone stava conducendo una missione per l’Operazione Prosperity Guardian, la missione marittima guidata dagli Stati Uniti che “sta proteggendo la navigazione internazionale dagli attacchi degli Houthi”, ha dichiarato un funzionario statunitense.
Il giorno dopo, il 28 febbraio, il Ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ha riconosciuto però che c’è stata una “situazione in cui un drone è stato bersagliato ma non è stato colpito”. Pistorius non ha però detto che il drone preso di mira fosse un aereo statunitense. Un portavoce del Comando operativo delle forze congiunte della Bundeswehr tedesca ha dichiarato alla rivista Air & Space Forces che non avrebbe “fornito ulteriori dettagli operativi”.
Ma i funzionari statunitensi hanno successivamente confermato ad Air & Space Forces che un MQ-9 americano è stato colpito e hanno aggiunto che il CENTCOM sta lavorando su come prevenire incidenti di fuoco amico in futuro.
I vertici politici e militari italiani adesso si stanno godendo i loro cinque minuti di esaltazione con i colpi di cannone da 76mm sparati dal cacciatorpediniere “Duilio”.
In fondo avrebbero avuto una prestazione migliore di quella dei loro colleghi tedeschi che hanno abbattuto un drone “alleato”.
Ma i guai sono solo rinviati. Aver spedito un flotta nel Mar Rosso perché i paesi europei hanno confermato la loro complicità politica e militare con Israele e per questo le loro navi mercantili finiscono nel mirino, non solo non è la soluzione ma probabilmente è proprio quella sbagliata.
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19/02/2024
Cosa è successo il 7 ottobre 2023? Soldato israeliano rivela l’ordine di sparare contro un kibbutz
Nuove rivelazioni si aggiungono al crescente corpo di prove che indicano che molti israeliani morti il 7 ottobre sono stati uccisi dall’esercito israeliano. Nel frattempo, il governo israeliano ha messo il bavaglio ai prigionieri liberati da Gaza per evitare di danneggiare ulteriormente la narrazione ufficiale.
Testimonianze di prima mano di soldati israeliani, per quanto inesperti, rivelano l’ordine di aprire il fuoco contro le comunità israeliane quando i miliziani palestinesi hanno violato le recinzioni che circondano Gaza il 7 ottobre.
Un servizio “entusiasmante” di una compagnia di carri armati tutta al femminile, pubblicato dalla rete israeliana N12 News, contiene ammissioni da parte del capitano ventenne – identificata solo come “Karni” – che le è stato ordinato da un soldato “in preda al panico” di aprire il fuoco sulle case del kibbutz Holit, indipendentemente dal fatto che contenessero o meno dei civili.
Dieci israeliani sono stati uccisi a Holit il 7 ottobre; tra i morti non c’erano bambini.
“Il soldato mi ha indicato e mi ha detto: “Spara lì – i terroristi sono lì””, ha raccontato il capitano nel filmato appena pubblicato, sottolineando che quando ha chiesto “ci sono civili lì?”, il suo connazionale ha risposto semplicemente “non lo so” e le ha ordinato di “sparare” comunque un colpo di cannone contro gli edifici.
Alla fine, ha ricordato, “ho deciso di non sparare” perché “questa è una comunità israeliana”. Invece, ha aggiunto, “ho sparato con la mia mitragliatrice contro una casa”.
Mentre il governo israeliano e il suo esercito di propagandisti internazionali hanno incolpato solo Hamas per una serie di macabre uccisioni il 7 ottobre, insieme ad affermazioni infondate di stupri, torture e decapitazioni di bambini, i commenti nel rapporto di N12 si aggiungono a un crescente corpo di prove che dimostrano che i bombardamenti dei carri armati israeliani sono responsabili di molte delle vittime subite nei kibbutzim israeliani. Secondo i soldati intervistati, tra gli altri uccisi dalla compagnia di carri armati in questione ci sono presunti miliziani palestinesi ai quali dicono di averli schiacciato a morte il loro veicolo.
“Il mio autista vede due terroristi sulla strada e lo segnala”, racconta il capitano al suo intervistatore di N12. Quando “le dico di investirli, lei si limita a investire i terroristi e passa oltre”, spiega allegramente.
La compagnia femminile di carristi sembra essere stata addestrata sui veicoli meno avanzati dell’arsenale israeliano e le sono stati affidati solo compiti di difesa dei confini. Nel caos dell’assalto di Hamas del 7 ottobre, sono state costrette a salire su veicoli più avanzati, dotati di un sistema di armi a controllo remoto (RCWS).
Nel rapporto dell’N12, il generale di brigata Raviv Mahmia ha ammesso che affrontare una banda di miliziani nel Kibbutz Holit è stato un compito “molto complesso” per il quale le giovani carriste “per molti versi... non erano addestrate a combattere”.
“Hanno sparato nelle comunità israeliane, guidando su strade normali”, ha osservato.
Imbavagliare i prigionieri israeliani liberati per salvare la propaganda
Le rivelazioni secondo cui le truppe israeliane avrebbero ricevuto l’ordine di aprire il fuoco indiscriminatamente sulle comunità israeliane arrivano mentre i servizi di sicurezza del Paese compiono sforzi disperati per controllare la narrazione della guerra di Gaza.
A seguito di un accordo di cessate il fuoco temporaneo che ha visto decine di prigionieri ebrei rilasciati da Gaza a partire dal 24 novembre, il Canale 12 di Israele ha rivelato che le autorità di Tel Aviv hanno istituito nuove regole che richiedono che gli israeliani liberati siano strettamente monitorati quando rilasciano interviste.
I prigionieri liberati dalla custodia di Hamas “dovranno ricevere una stretta supervisione e saranno istruiti su cosa dire ai media e cosa no”, ha chiarito il rapporto.
Al momento della pubblicazione, nessuno degli israeliani liberati di recente aveva parlato pubblicamente con i media. Le apparizioni dei prigionieri sui media israeliani sono diventate sempre più rare dopo il rilascio di Yochaved Lifshitz, 85 anni, che è stata aspramente criticata per aver stretto la mano a uno dei suoi custodi di Hamas e aver riconosciuto che “ci hanno trattato con gentilezza”.
I recenti commenti di una parente di un’altra anziana donna israeliana rilasciata il 24 novembre, Ruth Munder, sembrano convalidare questa tesi.
Descrivendo il periodo trascorso dagli israeliani a Gaza, il familiare ha detto: “Fortunatamente, non hanno vissuto esperienze spiacevoli durante la loro prigionia; sono stati trattati in modo umano”.
“Contrariamente ai nostri timori”, Munder “non ha incontrato le storie orribili che avevamo immaginato” e, alla fine, i custodi dei prigionieri “non hanno fatto loro del male”, ha dichiarato il familiare al quotidiano israeliano Jerusalem Post.
Allo stesso modo, la sorella di un lavoratore thailandese preso in ostaggio a Gaza ha raccontato ai media internazionali che suo fratello è stato “trattato molto bene” e “sembrava felice” quando è stato rilasciato.
Un ospite del canale israeliano Channel 13 News ha riconosciuto che “è importante ricordare che molti hanno accusato [l’ex prigioniera israeliana] Yochaved Lifschitz [di slealtà], ma lei ha dichiarato proprio queste cose. Ha subito un cattivo trattamento ed è stata descritta come causa di un significativo danno mediatico, accusata di mentire a causa della prigionia del marito, che Hamas l’ha influenzata, facendole il lavaggio del cervello prima del suo rilascio. Ma ogni parola che ha detto era vera, e queste persone fanno le stesse affermazioni”.
Al momento di lasciare Gaza per Israele, la prigioniera israeliana Danielle Aloni ha lasciato una lettera ai suoi carcerieri di Hamas ringraziandoli per ” il senso di umanità ineguagliabile che avete mostrato verso di me e verso mia figlia Emilia. Siete stati come genitori per lei, invitandola nella vostra stanza ogni volta che lo desiderava”.
Ha concluso esprimendo gratitudine per “l’atto gentile che avete mostrato qui nonostante la difficile situazione che stavate affrontando voi stessi. E per le difficili perdite che vi hanno colpito qui a Gaza. Vorrei che in questo mondo potessimo essere amici”.
Durante il periodo di prigionia, Aloni è apparsa in un video in cui accusava Netanyahu per la sua incapacità di negoziare il suo rilascio e quello degli altri ostaggi.
Sebbene il governo israeliano possa sostenere che Aloni sia stata costretta a scrivere la lettera sotto estrema costrizione, non le ha ancora permesso di parlare pubblicamente della sua esperienza a Gaza.
Fonte
Testimonianze di prima mano di soldati israeliani, per quanto inesperti, rivelano l’ordine di aprire il fuoco contro le comunità israeliane quando i miliziani palestinesi hanno violato le recinzioni che circondano Gaza il 7 ottobre.
Un servizio “entusiasmante” di una compagnia di carri armati tutta al femminile, pubblicato dalla rete israeliana N12 News, contiene ammissioni da parte del capitano ventenne – identificata solo come “Karni” – che le è stato ordinato da un soldato “in preda al panico” di aprire il fuoco sulle case del kibbutz Holit, indipendentemente dal fatto che contenessero o meno dei civili.
Dieci israeliani sono stati uccisi a Holit il 7 ottobre; tra i morti non c’erano bambini.
“Il soldato mi ha indicato e mi ha detto: “Spara lì – i terroristi sono lì””, ha raccontato il capitano nel filmato appena pubblicato, sottolineando che quando ha chiesto “ci sono civili lì?”, il suo connazionale ha risposto semplicemente “non lo so” e le ha ordinato di “sparare” comunque un colpo di cannone contro gli edifici.
Alla fine, ha ricordato, “ho deciso di non sparare” perché “questa è una comunità israeliana”. Invece, ha aggiunto, “ho sparato con la mia mitragliatrice contro una casa”.
Mentre il governo israeliano e il suo esercito di propagandisti internazionali hanno incolpato solo Hamas per una serie di macabre uccisioni il 7 ottobre, insieme ad affermazioni infondate di stupri, torture e decapitazioni di bambini, i commenti nel rapporto di N12 si aggiungono a un crescente corpo di prove che dimostrano che i bombardamenti dei carri armati israeliani sono responsabili di molte delle vittime subite nei kibbutzim israeliani. Secondo i soldati intervistati, tra gli altri uccisi dalla compagnia di carri armati in questione ci sono presunti miliziani palestinesi ai quali dicono di averli schiacciato a morte il loro veicolo.
“Il mio autista vede due terroristi sulla strada e lo segnala”, racconta il capitano al suo intervistatore di N12. Quando “le dico di investirli, lei si limita a investire i terroristi e passa oltre”, spiega allegramente.
La compagnia femminile di carristi sembra essere stata addestrata sui veicoli meno avanzati dell’arsenale israeliano e le sono stati affidati solo compiti di difesa dei confini. Nel caos dell’assalto di Hamas del 7 ottobre, sono state costrette a salire su veicoli più avanzati, dotati di un sistema di armi a controllo remoto (RCWS).
Nel rapporto dell’N12, il generale di brigata Raviv Mahmia ha ammesso che affrontare una banda di miliziani nel Kibbutz Holit è stato un compito “molto complesso” per il quale le giovani carriste “per molti versi... non erano addestrate a combattere”.
“Hanno sparato nelle comunità israeliane, guidando su strade normali”, ha osservato.
Imbavagliare i prigionieri israeliani liberati per salvare la propaganda
Le rivelazioni secondo cui le truppe israeliane avrebbero ricevuto l’ordine di aprire il fuoco indiscriminatamente sulle comunità israeliane arrivano mentre i servizi di sicurezza del Paese compiono sforzi disperati per controllare la narrazione della guerra di Gaza.
A seguito di un accordo di cessate il fuoco temporaneo che ha visto decine di prigionieri ebrei rilasciati da Gaza a partire dal 24 novembre, il Canale 12 di Israele ha rivelato che le autorità di Tel Aviv hanno istituito nuove regole che richiedono che gli israeliani liberati siano strettamente monitorati quando rilasciano interviste.
I prigionieri liberati dalla custodia di Hamas “dovranno ricevere una stretta supervisione e saranno istruiti su cosa dire ai media e cosa no”, ha chiarito il rapporto.
Al momento della pubblicazione, nessuno degli israeliani liberati di recente aveva parlato pubblicamente con i media. Le apparizioni dei prigionieri sui media israeliani sono diventate sempre più rare dopo il rilascio di Yochaved Lifshitz, 85 anni, che è stata aspramente criticata per aver stretto la mano a uno dei suoi custodi di Hamas e aver riconosciuto che “ci hanno trattato con gentilezza”.
I recenti commenti di una parente di un’altra anziana donna israeliana rilasciata il 24 novembre, Ruth Munder, sembrano convalidare questa tesi.
Descrivendo il periodo trascorso dagli israeliani a Gaza, il familiare ha detto: “Fortunatamente, non hanno vissuto esperienze spiacevoli durante la loro prigionia; sono stati trattati in modo umano”.
“Contrariamente ai nostri timori”, Munder “non ha incontrato le storie orribili che avevamo immaginato” e, alla fine, i custodi dei prigionieri “non hanno fatto loro del male”, ha dichiarato il familiare al quotidiano israeliano Jerusalem Post.
Allo stesso modo, la sorella di un lavoratore thailandese preso in ostaggio a Gaza ha raccontato ai media internazionali che suo fratello è stato “trattato molto bene” e “sembrava felice” quando è stato rilasciato.
Un ospite del canale israeliano Channel 13 News ha riconosciuto che “è importante ricordare che molti hanno accusato [l’ex prigioniera israeliana] Yochaved Lifschitz [di slealtà], ma lei ha dichiarato proprio queste cose. Ha subito un cattivo trattamento ed è stata descritta come causa di un significativo danno mediatico, accusata di mentire a causa della prigionia del marito, che Hamas l’ha influenzata, facendole il lavaggio del cervello prima del suo rilascio. Ma ogni parola che ha detto era vera, e queste persone fanno le stesse affermazioni”.
Al momento di lasciare Gaza per Israele, la prigioniera israeliana Danielle Aloni ha lasciato una lettera ai suoi carcerieri di Hamas ringraziandoli per ” il senso di umanità ineguagliabile che avete mostrato verso di me e verso mia figlia Emilia. Siete stati come genitori per lei, invitandola nella vostra stanza ogni volta che lo desiderava”.
Ha concluso esprimendo gratitudine per “l’atto gentile che avete mostrato qui nonostante la difficile situazione che stavate affrontando voi stessi. E per le difficili perdite che vi hanno colpito qui a Gaza. Vorrei che in questo mondo potessimo essere amici”.
Durante il periodo di prigionia, Aloni è apparsa in un video in cui accusava Netanyahu per la sua incapacità di negoziare il suo rilascio e quello degli altri ostaggi.
Sebbene il governo israeliano possa sostenere che Aloni sia stata costretta a scrivere la lettera sotto estrema costrizione, non le ha ancora permesso di parlare pubblicamente della sua esperienza a Gaza.
Fonte
16/12/2023
Gaza - Militari israeliani uccidono tre ostaggi. Ucciso un altro giornalista. La resistenza palestinese rivendica i propri risultati
L’ esercito israeliano ha ammesso, defininendolo come un “tragico” incidente, l’uccisione di tre ostaggi da parte dai suoi stessi uomini. Il fatto ha scatenato un’ondata di proteste a Tel Aviv. Gli ostaggi erano Yotam Haim, 28 anni; Alon Shamriz, 26 e Samer El Talalqa, 25 e sono stati uccisi in un quartiere di Gaza City dai militari israeliani che li hanno scambiati per miliziani. “Durante gli scontri a Shejaiya i soldati hanno erroneamente identificato tre ostaggi israeliani come una minaccia e, di conseguenza, li hanno uccisi”, ha detto il portavoce militare Daniel Hagari.
A Tel Aviv centinaia di persone si sono radunate per protestare davanti al Ministero della Difesa sventolando bandiere e striscioni con i volti di alcuni dei 129 ostaggi ancora detenuti a Gaza.
Ancora giornalisti uccisi
Nella Striscia di Gaza continuano a morire i giornalisti: al Jazeera ha riferito dell’uccisione del suo corrispondente Samer Abu Daqqa da parte dei soldati israeliani, mentre un altro, Wael Dahdouh, è stato ferito dalle schegge durante un attacco missilistico israeliano a Khan Younis.
Samer Abu Daqqa, un giornalista palestinese e cameraman del canale Al-Jazeera a Gaza, è stato ucciso venerdì in un attacco militare israeliano a Khan Yunis, mentre copriva la guerra a Gaza.
Abu Daqqa è stato preso di mira, insieme a Wael al-Dahdouh, un giornalista palestinese che ha perso la maggior parte della sua famiglia in un recente attacco aereo israeliano, che ha preso di mira la loro casa nel campo profughi di Nuseirat, nel centro di Gaza. Le forze israeliane si sono rifiutate di consentire l’evacuazione del giornalista palestinese gravemente ferito, portando, sei ore dopo, alla sua morte.
Anche altri giornalisti e operatori della protezione civile sono stati colpiti da un missile israeliano che li ha colpiti nelle vicinanze della scuola femminile Farhana a Khan Yunis.
I combattimenti a Gaza. Abu Obeida rivendica la resistenza casa per casa
I media palestinesi riferiscono di intensi bombardamenti israeliani in tutta la Striscia di Gaza, compresa la città meridionale di Khan Younis e le aree a nord dell’enclave. Scontri a fuoco tra militari israeliani e i combattenti palestinesi si sono verificati nell’area di Jabaliya, dove l’Aeronautica di Tel Aviv ha distrutto un edificio.
Abu Obeida, portavoce delle Brigate Al-Qassam, l’ala militare del Movimento di Resistenza Palestinese Hamas, ha rilasciato una nuova dichiarazione venerdì.
La dichiarazione ha coinciso con due video, prodotti dai media militari della Brigata, che mostrano carri armati militari israeliani presi di mira dai missili della Resistenza palestinese in varie parti di Gaza.
“Negli ultimi cinque giorni, i nostri combattenti hanno preso di mira più di 100 veicoli militari negli assi dell’aggressione sionista a Jabalia, Al-Shuja’iyya, Sheikh Radwan, Al-Zaytoun, nella regione centrale, e a Khan Younis nel sud della Striscia di Gaza” ha affermato Abu Obeida.
“Negli ultimi cinque giorni, i nostri combattenti hanno effettuato un gran numero di imboscate precise contro le forze di fanteria nemiche a Jabalia, Sheikh Radwan, Al-Shuja’iyya centrale e Khan Younis.
“Questi includevano l’attirare le forze nemiche in edifici che i nostri combattenti avevano identificato come accessibili al nemico, quindi far esplodere ordigni antiuomo e attaccare queste forze con mitragliatrici a distanza ravvicinata. In diverse operazioni, i proiettili anti-fortificazione sono stati usati direttamente sopra le teste dei soldati di occupazione.
Fonte
A Tel Aviv centinaia di persone si sono radunate per protestare davanti al Ministero della Difesa sventolando bandiere e striscioni con i volti di alcuni dei 129 ostaggi ancora detenuti a Gaza.
Ancora giornalisti uccisi
Nella Striscia di Gaza continuano a morire i giornalisti: al Jazeera ha riferito dell’uccisione del suo corrispondente Samer Abu Daqqa da parte dei soldati israeliani, mentre un altro, Wael Dahdouh, è stato ferito dalle schegge durante un attacco missilistico israeliano a Khan Younis.
Samer Abu Daqqa, un giornalista palestinese e cameraman del canale Al-Jazeera a Gaza, è stato ucciso venerdì in un attacco militare israeliano a Khan Yunis, mentre copriva la guerra a Gaza.
Abu Daqqa è stato preso di mira, insieme a Wael al-Dahdouh, un giornalista palestinese che ha perso la maggior parte della sua famiglia in un recente attacco aereo israeliano, che ha preso di mira la loro casa nel campo profughi di Nuseirat, nel centro di Gaza. Le forze israeliane si sono rifiutate di consentire l’evacuazione del giornalista palestinese gravemente ferito, portando, sei ore dopo, alla sua morte.
Anche altri giornalisti e operatori della protezione civile sono stati colpiti da un missile israeliano che li ha colpiti nelle vicinanze della scuola femminile Farhana a Khan Yunis.
I combattimenti a Gaza. Abu Obeida rivendica la resistenza casa per casa
I media palestinesi riferiscono di intensi bombardamenti israeliani in tutta la Striscia di Gaza, compresa la città meridionale di Khan Younis e le aree a nord dell’enclave. Scontri a fuoco tra militari israeliani e i combattenti palestinesi si sono verificati nell’area di Jabaliya, dove l’Aeronautica di Tel Aviv ha distrutto un edificio.
Abu Obeida, portavoce delle Brigate Al-Qassam, l’ala militare del Movimento di Resistenza Palestinese Hamas, ha rilasciato una nuova dichiarazione venerdì.
La dichiarazione ha coinciso con due video, prodotti dai media militari della Brigata, che mostrano carri armati militari israeliani presi di mira dai missili della Resistenza palestinese in varie parti di Gaza.
“Negli ultimi cinque giorni, i nostri combattenti hanno preso di mira più di 100 veicoli militari negli assi dell’aggressione sionista a Jabalia, Al-Shuja’iyya, Sheikh Radwan, Al-Zaytoun, nella regione centrale, e a Khan Younis nel sud della Striscia di Gaza” ha affermato Abu Obeida.
“Negli ultimi cinque giorni, i nostri combattenti hanno effettuato un gran numero di imboscate precise contro le forze di fanteria nemiche a Jabalia, Sheikh Radwan, Al-Shuja’iyya centrale e Khan Younis.
“Questi includevano l’attirare le forze nemiche in edifici che i nostri combattenti avevano identificato come accessibili al nemico, quindi far esplodere ordigni antiuomo e attaccare queste forze con mitragliatrici a distanza ravvicinata. In diverse operazioni, i proiettili anti-fortificazione sono stati usati direttamente sopra le teste dei soldati di occupazione.
Fonte
20/11/2023
Civili israeliani colpiti anche dai militari. Le perdite a Gaza più alte di quanto dichiarato
Un’indagine della polizia israeliana ha riconosciuto che un numero imprecisato dei 364 civili uccisi il 7 ottobre, nel sito del rave Supernova, vicino al Kibbutz Re’im, sono stati colpiti da un elicottero da combattimento israeliano.
A scriverlo è il reporter Ziv KorenPolaris sul giornale israeliano Haaretz.
Gli investigatori israeliani hanno concluso che i combattenti di Hamas che hanno attraversato il confine da Gaza quel giorno non erano a conoscenza del festival musicale tenutosi vicino al Kibbutz Re’im, un insediamento coloniale israeliano a pochi chilometri a est di Gaza, lo ha riferito sabato il quotidiano di Tel Aviv Haaretz. I combattenti di Hamas erano in realtà diretti verso un kibbutz lì vicino.
“Secondo una fonte della polizia, l’indagine mostra anche che un elicottero da combattimento dell’IDF che è arrivato sulla scena e ha sparato ai terroristi apparentemente ha colpito anche alcuni partecipanti al festival“, afferma Haaretz.
L'articolo non indica quanti dei partecipanti al festival siano stati uccisi o feriti dall’elicottero.
L’indagine della polizia riportata da Haaretz sembra essere il primo riconoscimento ufficiale israeliano diretto che le IDF hanno ucciso alcuni dei loro civili il 7 ottobre e dopo.
Ma nelle ultime settimane si sono accumulate prove e testimonianze che quel giorno era accaduto anche questo. I tanti morti civili israeliani non sarebbero tutti responsabilità dei palestinesi, ma vittime del cinismo della cosiddetta ‘Direttiva Hannibal‘ a cui devono attenersi le forze armate israeliane.
L’aviazione israeliana ha ammesso di aver inviato più di due dozzine di elicotteri d’attacco che hanno sparato enormi quantità di proiettili di cannone e missili Hellfire di fabbricazione americana il 7 ottobre, anche se in molti casi i piloti non sono stati in grado di distinguere i palestinesi dai civili israeliani.
“La frequenza del fuoco contro le migliaia di terroristi era enorme all’inizio, e solo a un certo punto i piloti hanno iniziato a rallentare i loro attacchi e a scegliere con cura gli obiettivi“, ha riferito il mese scorso l’emittente israeliana Ynet, citando un’indagine dell’aviazione israeliana.
“Sparate a tutto“, avrebbe detto un capo squadriglia ai suoi uomini.
Il video diffuso dall’esercito israeliano mostra elicotteri che prendono di mira quelle che sembrano essere auto civili a casaccio, anche se al momento della pubblicazione del video l’esercito ha affermato che mostrava i suoi velivoli che sparavano ai “terroristi”.
E giovedì, il portavoce del governo israeliano Mark Regev ha ammesso – forse involontariamente – in un’intervista alla MSNBC, che il 7 ottobre le forze israeliane hanno colpito a morte centinaia di persone in un fuoco indiscriminato che non distingueva i combattenti palestinesi dai civili israeliani.
Israele non ha mai spiegato come i combattenti palestinesi equipaggiati solo di armi leggere possano aver causato la massiccia devastazione vista in alcuni insediamenti, dove le case sono state ridotte in macerie, o bruciato centinaia di persone a morte in modo irriconoscibile.
Le perdite israeliane a Gaza sono più alte di quanto dichiarato
Sabato scorso, Israele ha ammesso l’uccisione di altri sei ufficiali e soldati, oltre al grave ferimento di altri otto. Si è arrivati così a 65 morti nella battaglia di Gaza.
A Beit Hanoun, la Jihad islamica palestinese ha dichiarato di aver combattuto feroci battaglie contro i soldati israeliani, causando molte perdite tra le truppe israeliane
Il portavoce delle Brigate Al Qassam, Abu Obeida, nei giorni scorsi aveva fornito alcuni dati sulle perdite israeliane nei combattimenti in corso a Gaza, ma non i dati sulle perdite tra i combattenti palestinesi.
Comprensibilmente, durante un conflitto, tutti tendono a minimizzare le proprie perdite ed esaltare quelle inflitte al nemico. Ma quello israeliano è un apparato ufficiale, di uno Stato e non di una organizzazione guerrigliera.
La certificazione delle perdite, in questo caso, è un dato ufficiale, ha effetti pesanti sull’opinione pubblica e sul morale delle truppe sul campo, ragione per cui le informazioni vengono lesinate, omesse e riconosciute solo in alcuni casi non rigettabili. I dati forniti dai bollettini militari israeliani fanno riferimento alle vittime ma non ai danni subìti dai propri mezzi impiegati nelle operazioni.
Secondo le immagini satellitari analizzate da Al-Jazeera, 383 veicoli militari israeliane sono entrati a Gaza all’inizio dell’operazione di terra il 27 ottobre.
Secondo l’unità di analisi di Al-Jazeera, 88 di questi veicoli militari erano “scomparsi” tra il 1° e il 10 novembre.
L’8 novembre, Abu Obeida aveva annunciato che 136 veicoli militari erano stati distrutti completamente o parzialmente. Ma il portavoce della Resistenza si riferiva all’intera Striscia di Gaza, non solo alla zona settentrionale. E da allora, altri veicoli corazzati sono stati danneggiati o distrutti.
Israele ha diverse vie di rifornimento che gli consentono di evacuare alcuni dei suoi veicoli distrutti o danneggiati e sostituirli con altri funzionanti, ma non c’è dubbio che il tasso di distruzione delle macchine militari israeliane a Gaza sembra essere superiore nella storia di tutte le guerre contro gli eserciti arabi.
Almeno 31 palestinesi sono stati uccisi quando Israele ha preso di mira le case palestinesi nella Striscia di Gaza centrale durante la notte. Altri due sono stati uccisi a Khan Yunis. Undici palestinesi sono stati uccisi e altri feriti in un bombardamento israeliano che ha preso di mira una casa nella città di Jabaliya. Cinque palestinesi sono stati uccisi e altri feriti in un bombardamento israeliano che ha preso di mira una casa nel campo di Nuseirat, nella Striscia di Gaza centrale.
Drammatica la situazione dei civili a Gaza
Quattro bambini prematuri sono stati dichiarati morti nell’ospedale Al-Shifa. 31 bambini prematuri nell’ospedale Al-Shifa sono arrivati all’ospedale degli Emirati a Rafah, a sud della Striscia di Gaza.
Le Suore di Maria Teresa di Calcutta, hanno fatto sapere che la sede di un loro istituto per ragazzi disabili e portatori di handicap a Gaza è assediata dai militari israeliani.
I militari hanno detto che se vogliono le suore possono evacuare, ma gli assistiti no, devono restare.
Tra di loro ci sono persone che non possono muoversi da sole e molti non possono nemmeno nutrirsi da soli, hanno bisogno di assistenza completa.
Le suore hanno perciò deciso all’unanimità di restare, ben sapendo come andrà a finire visto quello che succede intorno a loro.
Gli attacchi alle scuole che ospitano sfollati e un ospedale trasformato in una “death zone”. Il livello di violenza che ha devastato Gaza negli ultimi giorni è incomprensibile: lo ha denunciato, in una dichiarazione, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani.
“Gli orrendi eventi delle ultime 48 ore a Gaza sono oltre ogni comprensione“, ha detto Volker Turk, avvertendo che “l’uccisione di così tante persone nelle scuole trasformate in rifugi, centinaia in fuga per salvarsi la vita dall’ospedale al-Shifa, in mezzo ai continui sfollamenti di centinaia di migliaia nel Sud di Gaza, sono azioni che vanno contro le protezioni fondamentali che i civili devono ricevere secondo il diritto internazionale“.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato di aver effettuato una missione all’ospedale al-Shifa di Gaza, bersaglio di incursioni da parte dell’esercito israeliano, e di stare lavorando a un piano di evacuazione della struttura, che ha descritto come una “zona di morte“.
“L’OMS e i suoi partner stanno elaborando con urgenza piani per l’immediata evacuazione dei pazienti rimanenti, del personale e delle loro famiglie“, ha dichiarato l’organizzazione in un comunicato, aggiungendo che sabato erano rimasti nell’ospedale 291 pazienti e 25 membri del personale medico.
Il numero delle vittime palestinesi è salito a oltre 12.300 dall’inizio dell’operazione militare israeliana a Gaza il 7 ottobre.
Ammissioni e smentite sulle trattative sugli ostaggi
Da alcune fonti si apprende che starebbe andando avanti l’attività diplomatica per liberare almeno una parte dei 238 ostaggi israeliani, rapiti il 7 ottobre.
Il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman al Thani, durante la conferenza stampa congiunta con il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha detto che un accordo per la liberazione degli ostaggi sequestrati dipende ora da questioni pratiche “minori”.
Finora il Qatar ha contribuito a mediare i colloqui volti a liberare alcuni dei circa 240 ostaggi in cambio di un cessate il fuoco temporaneo nella Striscia di Gaza. Nelle ultime ore si stanno susseguendo indiscrezioni sul raggiungimento di un accordo tra Israele e Hamas per il rilascio di parte degli ostaggi, ma Stati Uniti e le autorità di Tel Aviv hanno spiegato che al momento non è stato raggiunto alcun accordo.
In Israele cresce la pressione dei familiari degli ostaggi affinché si fermi l’offensiva militare per consentire la trattativa e la liberazione degli ostaggi.
Il Times of Israel riferisce che in un furioso alterco, i parlamentari del partito di estrema destra Otzma Yehudit hanno urlato contro i familiari degli ostaggi detenuti a Gaza dopo che questi ultimi si sono espressi contro la pena di morte proposta da Otzma Yehudit per i terroristi, nel timore che una tale legge possa avere gravi ripercussioni per i loro parenti prigionieri.
“Smettetela di parlare di uccidere gli arabi e cominciate a parlare di salvare gli ebrei”, ha gridato il parente di uno degli ostaggi la cui moglie e figlia sono tenute prigioniere, durante un’audizione del Comitato per la sicurezza nazionale della Knesset, che sta preparando la legislazione.
Libano/Fronte Nord
Il movimento di resistenza libanese Hezbollah ha dichiarato che i suoi combattenti hanno preso di mira 4 siti israeliani ad Al-Dahaira, Jal Al-Alam e Al-Jardah, Al-Marj. Le sirene hanno risuonato negli insediamenti di Shlomi e Kissufim.
Le forze armate israeliane hanno denunciato il sospetto di infiltrazione di due droni dal Libano mentre bombardamenti di artiglieria israeliana hanno preso di mira le città di Kafr Kila, Naqoura e Alma al-Shaab nel sud del Libano.
Fonte
A scriverlo è il reporter Ziv KorenPolaris sul giornale israeliano Haaretz.
Gli investigatori israeliani hanno concluso che i combattenti di Hamas che hanno attraversato il confine da Gaza quel giorno non erano a conoscenza del festival musicale tenutosi vicino al Kibbutz Re’im, un insediamento coloniale israeliano a pochi chilometri a est di Gaza, lo ha riferito sabato il quotidiano di Tel Aviv Haaretz. I combattenti di Hamas erano in realtà diretti verso un kibbutz lì vicino.
“Secondo una fonte della polizia, l’indagine mostra anche che un elicottero da combattimento dell’IDF che è arrivato sulla scena e ha sparato ai terroristi apparentemente ha colpito anche alcuni partecipanti al festival“, afferma Haaretz.
L'articolo non indica quanti dei partecipanti al festival siano stati uccisi o feriti dall’elicottero.
L’indagine della polizia riportata da Haaretz sembra essere il primo riconoscimento ufficiale israeliano diretto che le IDF hanno ucciso alcuni dei loro civili il 7 ottobre e dopo.
Ma nelle ultime settimane si sono accumulate prove e testimonianze che quel giorno era accaduto anche questo. I tanti morti civili israeliani non sarebbero tutti responsabilità dei palestinesi, ma vittime del cinismo della cosiddetta ‘Direttiva Hannibal‘ a cui devono attenersi le forze armate israeliane.
L’aviazione israeliana ha ammesso di aver inviato più di due dozzine di elicotteri d’attacco che hanno sparato enormi quantità di proiettili di cannone e missili Hellfire di fabbricazione americana il 7 ottobre, anche se in molti casi i piloti non sono stati in grado di distinguere i palestinesi dai civili israeliani.
“La frequenza del fuoco contro le migliaia di terroristi era enorme all’inizio, e solo a un certo punto i piloti hanno iniziato a rallentare i loro attacchi e a scegliere con cura gli obiettivi“, ha riferito il mese scorso l’emittente israeliana Ynet, citando un’indagine dell’aviazione israeliana.
“Sparate a tutto“, avrebbe detto un capo squadriglia ai suoi uomini.
Il video diffuso dall’esercito israeliano mostra elicotteri che prendono di mira quelle che sembrano essere auto civili a casaccio, anche se al momento della pubblicazione del video l’esercito ha affermato che mostrava i suoi velivoli che sparavano ai “terroristi”.
E giovedì, il portavoce del governo israeliano Mark Regev ha ammesso – forse involontariamente – in un’intervista alla MSNBC, che il 7 ottobre le forze israeliane hanno colpito a morte centinaia di persone in un fuoco indiscriminato che non distingueva i combattenti palestinesi dai civili israeliani.
Israele non ha mai spiegato come i combattenti palestinesi equipaggiati solo di armi leggere possano aver causato la massiccia devastazione vista in alcuni insediamenti, dove le case sono state ridotte in macerie, o bruciato centinaia di persone a morte in modo irriconoscibile.
Le perdite israeliane a Gaza sono più alte di quanto dichiarato
Sabato scorso, Israele ha ammesso l’uccisione di altri sei ufficiali e soldati, oltre al grave ferimento di altri otto. Si è arrivati così a 65 morti nella battaglia di Gaza.
A Beit Hanoun, la Jihad islamica palestinese ha dichiarato di aver combattuto feroci battaglie contro i soldati israeliani, causando molte perdite tra le truppe israeliane
Il portavoce delle Brigate Al Qassam, Abu Obeida, nei giorni scorsi aveva fornito alcuni dati sulle perdite israeliane nei combattimenti in corso a Gaza, ma non i dati sulle perdite tra i combattenti palestinesi.
Comprensibilmente, durante un conflitto, tutti tendono a minimizzare le proprie perdite ed esaltare quelle inflitte al nemico. Ma quello israeliano è un apparato ufficiale, di uno Stato e non di una organizzazione guerrigliera.
La certificazione delle perdite, in questo caso, è un dato ufficiale, ha effetti pesanti sull’opinione pubblica e sul morale delle truppe sul campo, ragione per cui le informazioni vengono lesinate, omesse e riconosciute solo in alcuni casi non rigettabili. I dati forniti dai bollettini militari israeliani fanno riferimento alle vittime ma non ai danni subìti dai propri mezzi impiegati nelle operazioni.
Secondo le immagini satellitari analizzate da Al-Jazeera, 383 veicoli militari israeliane sono entrati a Gaza all’inizio dell’operazione di terra il 27 ottobre.
Secondo l’unità di analisi di Al-Jazeera, 88 di questi veicoli militari erano “scomparsi” tra il 1° e il 10 novembre.
L’8 novembre, Abu Obeida aveva annunciato che 136 veicoli militari erano stati distrutti completamente o parzialmente. Ma il portavoce della Resistenza si riferiva all’intera Striscia di Gaza, non solo alla zona settentrionale. E da allora, altri veicoli corazzati sono stati danneggiati o distrutti.
Israele ha diverse vie di rifornimento che gli consentono di evacuare alcuni dei suoi veicoli distrutti o danneggiati e sostituirli con altri funzionanti, ma non c’è dubbio che il tasso di distruzione delle macchine militari israeliane a Gaza sembra essere superiore nella storia di tutte le guerre contro gli eserciti arabi.
Almeno 31 palestinesi sono stati uccisi quando Israele ha preso di mira le case palestinesi nella Striscia di Gaza centrale durante la notte. Altri due sono stati uccisi a Khan Yunis. Undici palestinesi sono stati uccisi e altri feriti in un bombardamento israeliano che ha preso di mira una casa nella città di Jabaliya. Cinque palestinesi sono stati uccisi e altri feriti in un bombardamento israeliano che ha preso di mira una casa nel campo di Nuseirat, nella Striscia di Gaza centrale.
Drammatica la situazione dei civili a Gaza
Quattro bambini prematuri sono stati dichiarati morti nell’ospedale Al-Shifa. 31 bambini prematuri nell’ospedale Al-Shifa sono arrivati all’ospedale degli Emirati a Rafah, a sud della Striscia di Gaza.
Le Suore di Maria Teresa di Calcutta, hanno fatto sapere che la sede di un loro istituto per ragazzi disabili e portatori di handicap a Gaza è assediata dai militari israeliani.
I militari hanno detto che se vogliono le suore possono evacuare, ma gli assistiti no, devono restare.
Tra di loro ci sono persone che non possono muoversi da sole e molti non possono nemmeno nutrirsi da soli, hanno bisogno di assistenza completa.
Le suore hanno perciò deciso all’unanimità di restare, ben sapendo come andrà a finire visto quello che succede intorno a loro.
Gli attacchi alle scuole che ospitano sfollati e un ospedale trasformato in una “death zone”. Il livello di violenza che ha devastato Gaza negli ultimi giorni è incomprensibile: lo ha denunciato, in una dichiarazione, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani.
“Gli orrendi eventi delle ultime 48 ore a Gaza sono oltre ogni comprensione“, ha detto Volker Turk, avvertendo che “l’uccisione di così tante persone nelle scuole trasformate in rifugi, centinaia in fuga per salvarsi la vita dall’ospedale al-Shifa, in mezzo ai continui sfollamenti di centinaia di migliaia nel Sud di Gaza, sono azioni che vanno contro le protezioni fondamentali che i civili devono ricevere secondo il diritto internazionale“.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha annunciato di aver effettuato una missione all’ospedale al-Shifa di Gaza, bersaglio di incursioni da parte dell’esercito israeliano, e di stare lavorando a un piano di evacuazione della struttura, che ha descritto come una “zona di morte“.
“L’OMS e i suoi partner stanno elaborando con urgenza piani per l’immediata evacuazione dei pazienti rimanenti, del personale e delle loro famiglie“, ha dichiarato l’organizzazione in un comunicato, aggiungendo che sabato erano rimasti nell’ospedale 291 pazienti e 25 membri del personale medico.
Il numero delle vittime palestinesi è salito a oltre 12.300 dall’inizio dell’operazione militare israeliana a Gaza il 7 ottobre.
Ammissioni e smentite sulle trattative sugli ostaggi
Da alcune fonti si apprende che starebbe andando avanti l’attività diplomatica per liberare almeno una parte dei 238 ostaggi israeliani, rapiti il 7 ottobre.
Il primo ministro del Qatar, Mohammed bin Abdulrahman al Thani, durante la conferenza stampa congiunta con il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, ha detto che un accordo per la liberazione degli ostaggi sequestrati dipende ora da questioni pratiche “minori”.
Finora il Qatar ha contribuito a mediare i colloqui volti a liberare alcuni dei circa 240 ostaggi in cambio di un cessate il fuoco temporaneo nella Striscia di Gaza. Nelle ultime ore si stanno susseguendo indiscrezioni sul raggiungimento di un accordo tra Israele e Hamas per il rilascio di parte degli ostaggi, ma Stati Uniti e le autorità di Tel Aviv hanno spiegato che al momento non è stato raggiunto alcun accordo.
In Israele cresce la pressione dei familiari degli ostaggi affinché si fermi l’offensiva militare per consentire la trattativa e la liberazione degli ostaggi.
Il Times of Israel riferisce che in un furioso alterco, i parlamentari del partito di estrema destra Otzma Yehudit hanno urlato contro i familiari degli ostaggi detenuti a Gaza dopo che questi ultimi si sono espressi contro la pena di morte proposta da Otzma Yehudit per i terroristi, nel timore che una tale legge possa avere gravi ripercussioni per i loro parenti prigionieri.
“Smettetela di parlare di uccidere gli arabi e cominciate a parlare di salvare gli ebrei”, ha gridato il parente di uno degli ostaggi la cui moglie e figlia sono tenute prigioniere, durante un’audizione del Comitato per la sicurezza nazionale della Knesset, che sta preparando la legislazione.
Libano/Fronte Nord
Il movimento di resistenza libanese Hezbollah ha dichiarato che i suoi combattenti hanno preso di mira 4 siti israeliani ad Al-Dahaira, Jal Al-Alam e Al-Jardah, Al-Marj. Le sirene hanno risuonato negli insediamenti di Shlomi e Kissufim.
Le forze armate israeliane hanno denunciato il sospetto di infiltrazione di due droni dal Libano mentre bombardamenti di artiglieria israeliana hanno preso di mira le città di Kafr Kila, Naqoura e Alma al-Shaab nel sud del Libano.
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