A Gerusalemme, Ramallah, Hebron, Nabi Saleh e altre località. Cresce
nelle dimensioni e nei contenuti la protesta popolare palestinese contro
l'occupazione, innescata dagli scioperi della fame osservati dai
prigionieri politici nelle carceri israeliane. Manifestazioni e raduni
che raccontano la rabbia e la frustrazione che covano sotto quella calma
apparente che da tempo regna in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Allo stesso tempo sono anche il segnale più limpido del crescente protagonismo dei comitati popolari palestinesi.
Dai villaggi agricoli, lungo il Muro israeliano in Cisgiordania, la
lotta non violenta si sta trasferendo a ridosso dei centri urbani e dei
campi profughi. Le iniziative si moltiplicano, a cominciare dalla
creazione di «avamposti palestinesi» nelle aree che Israele ha destinato
all'espansione delle colonie. Sono enormi le potenzialità di questo
movimento. Lo hanno capito i comandi militari israeliani, che ieri hanno
schierato ingenti forze per contrastare i manifestanti. In mezzo, tra
le parti contrapposte, c'è la goffa polizia dell'Autorità nazionale del
presidente Abu Mazen che tenta di fare interposizione e di riportare la
calma.
Ieri sulla spianata delle moschee di Gerusalemme, al termine della
preghiera islamica del venerdì, dozzine di giovani palestinesi hanno
scandito slogan a sostegno dei detenuti politici. Ad un certo punto
qualche giovane ha lanciato sassi contro la polizia che è intervenuta
arrestando diversi manifestanti. A Hebron circa mille palestinesi e
gruppetti di attivisti internazionali si sono riuniti in Bab Zawye,
all'ingresso della zona H2 - controllata da Israele e dove 600 coloni
vivono in mezzo a 25mila palestinesi - per chiedere la riapertura di
Shuhada Street, la strada commerciale più importante della casbah,
chiusa dalle autorità di occupazione nel 2000. Gli attivisti hanno
marciato verso l'ingresso di Shuhada Street, dove però sono stati
bloccati dall'esercito israeliano che ha lanciato candelotti di gas
lacrimogeno e granate assordanti. Un giovane è stato portato in ospedale
perché colpito ad una gamba da un proiettile. Una ventina di
palestinesi sono rimasti feriti o intossicati dal gas lacrimogeno.
Ad Anata, tra Ramallah e Gerusalemme, un palestinese avrebbe forzato un
posto di blocco della polizia, ferendo un agente, ed è poi riuscito a
fuggire. Ci sono scontri a Nabi Saleh e vicino alla prigione di Ofer
(Ramallah) dove centinaia di giovani hanno manifestato per il terzo
giorno consecutivo a sostegno dei detenuti in sciopero della fame, in
particolare di Samer Issawi, liberato con lo scambio di
prigionieri della fine del 2011 in cambio del soldato Ghilad Shalit e
condannato a 8 mesi di carcere per essersi recato in Cisgiordania
violando le restrizioni ai suoi movimenti.
Considerando il periodo già trascorso in prigione, Issawi, che fa lo
sciopero della fame da oltre 200 giorni, dovrebbe uscire il 6 marzo.
Rischia però di dover scontare condanne ricevute in precedenza e di
rimanere in carcere per molti anni ancora. Il detenuto perciò continua
la sua protesta. L'altra notte Jafar Ezzedine e Ayman Sharawna, due dei quattro prigionieri in sciopero della fame, sono stati ricoverati in ospedale.
Intanto la Federazione di calcio palestinese ha detto che è «troppo
presto» per organizzare una partita contro Israele come aveva proposto
Sandro Rosell, presidente del Barcellona FC. «Questa idea provocherebbe
un terremoto nella regione se venisse attuata, è troppo presto e la
palla è nel campo israeliano», ha detto il presidente della Federazione,
Jibril Rajoub.
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