Sento da più parti echeggiare la domanda sul se ritenere casuale o no la coincidenza fra le dimissioni del Papa e le elezioni italiane. Personalmente sposo la tesi della casualità: il Papa è molto più importante del Presidente del Consiglio italiano e non credo che si dimetta per influenzare le elezioni italiane. Peraltro, non si capisce a pro di cosa andrebbe questa mossa nel quadro degli interessi vaticani. Dunque, scarterei nettamente la tesi di un qualche indecifrabile disegno su questa coincidenza.
Questo non vuol dire che effetti (per quanto non cercati) non ce ne saranno, anzi la campagna elettorale subisce una torsione totale. Anzi, possiamo anche dire che è sostanzialmente finita. Mi spiego meglio: è evidente che nei prossimi giorni le dimissioni di Ratzinger terranno banco su giornali e Tv, dopo il tema vaticano continuerà ad assorbire spazio fra rassegne del pontificato concluso, tentativi di capire cosa c’è dietro le dimissioni, toto candidati al Soglio ecc. Per cui, inevitabilmente, la campagna elettorale ne sarà oscurata. Considerato che, sin qui, essa non ha brillato per interesse, è realistico pensare che gli italiani finiranno per disinteressarsene quasi del tutto. E questo potrebbe avere la conseguenza di una ulteriore spinta all’astensionismo, cosa che, a sua volta, potrebbe avvantaggiare le liste minori (Ingroia, Giannino, Monti, in parte Sel e Lega) che possono contare su un elettorato più piccolo ma più compatto e di affezione; e questo potrebbe rendere per alcune di loro meno gravoso l’obbiettivo del 4% alla Camera e dell’8% al Senato.
Al contrario, questa improvvisa caduta di attenzione per le elezioni danneggerà le liste maggiori, ma soprattutto Berlusconi. E, infatti, il Cavaliere avrebbe bisogno di una tensione crescente per creare il clima adatto alla rimonta, mentre questa doccia gelata ne ributta indietro le speranze.
In parte questo danneggia anche Monti che aveva sperato in una “terza fase” della sua campagna per invertire il trend negativo dei sondaggi, ma questo finirebbe con l’essere compensato da quel che dicevamo prima. Quello che abbiamo detto su Tv e giornali vale molto meno per la rete web che è strutturata in modo assai differente (soprattutto la rete dei social network), per cui potrebbe esserci un notevole effetto a favore di Grillo che è molto meno presente in Tv ma spadroneggia sulla rete.
Altro effetto prevedibile è lo sbandamento del voto cattolico. Era parso in un primo momento che la Chiesa, dopo anni di diaspora dei cattolici, cercasse di ricompattare le sue schiere dietro Monti. Dopo alcune uscite del Professore (indimenticabile quella delle candidature –poi rientrate- di due esponenti del movimento gay) la Chiesa si era fatta più fredda. Negli ultimi giorni si erano colti segnali si stop a Berlusconi, ma non propriamente decisivi. Ora questo fatto nuovo scompagina tutto: i maggiori esponenti di Curia avranno ben altro cui pensare nelle prossime due settimane, l’assenza del Papa accentuerà le tendenze centrifughe e, pertanto, i vari Riccardi, Casini, Letta, Fioroni ecc non avranno nessuno con cui parlare, salvo qualche vescovo qua e là e la tendenza alla diaspora cattolica riprenderà come non mai.
Il maggiore danneggiato di tutto questo credo che potrebbe essere Monti che vede franare sotto i piedi l’appoggio cattolico. Tutto sommato i maggiori beneficiari del tutto saranno Pd e Sel: anche se questo costerà qualche voto al Pd, allontana il rischio Berlusconi e ridimensiona Monti. Soprattutto ci sarà meno attenzione per i discorsi di Bersani e questo è un vantaggio enorme per il Pd. Forse possono sperare anche per il Senato.
Non mi pare che sia poco. Ma adesso vediamo che succede.
Prima di chiudere, devo fare una autocritica: ieri, nella fretta, ho fatto un errore dicendo che l’unico caso di dimissioni del Papa è quello di Celestino V (1294) che, per la precisione, non si dimise ma rifiutò l’elezione a Papa. Dopo sono andato a rileggermi la storia della Chiesta di Hertling e mi sono rinfrescato la memoria. Prima c’erano stati i casi di Benedetto IX (1045), Gregorio VI (1046) (mentre non sono chiari i casi di papa Clemente I, di papa Ponziano e papa Silverio) e dopo ci fu quello di Gregorio XII (1415). Ma la sostanza non cambia, sia perché l’ultimo caso risale a 6 secoli fa, sia perché esso avvenne in circostanze del tutto straordinarie: essendo ben in tre a rivendicare il titolo di legittimo erede di San Pietro (Benedetto XII ed Alessandro V –cui succedette Giovanni XXIII- oltre che lo stesso Gregorio XII) si determinò il cosiddetto “scisma di Occidente”, per cui la questione venne risolta dal Concilio di Costanza (1415) con la rinuncia di tutti tre i pretendenti e l’elezione di un nuovo papa nella persona di Martino V. Ed anche Gregorio VI si dimise solo dopo che si scoprì che aveva acquistato la carica per una ingente quantità di oro. Insomma, circostanze non proprio ordinarie che sottolineano come le dimissioni del Papa, nella Chiesa, siano sempre state un evento traumatico e non un semplice ritiro per ragioni private.
Appunto: cvd.
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