Raccontano che lo scorso anno, a Belgrado, i dirigenti del
glorioso club della Stella Rossa non sapessero bene quanto chiedere alla
Gazprom, il maggiore estrattore di gas naturale al mondo, per
farsi sponsorizzare le maglie. “Potremmo fare due milioni, ma ci
sembrano tanti” chiosavano i dirigenti della squadra campione d’Europa
1991 con il ministro dell’Energia Petar Skundric. Il quale si mostrava
invece imperturbabile: “Due milioni? Noccioline”. Ebbe ragione lui. La
Gazprom raddoppiò e chiuse l’accordo per 4 milioni, proprio nello stesso
momento in cui il colosso russo del gas comprava il 51% della compagnia
petrolifera nazionale serba. Un accordo che nel prossimo futuro farà
passare da Belgrado una tranche di South Stream, il gasdotto che
alimenterà l’Europa dalla Russia senza passare da Paesi scomodi a Mosca
come l’Ucraina.
Una volta fiutato il possibile affare, il premier bulgaro
Boiko Borisov ha cercato i soldi di Gazprom per sponsorizzare il Cska
Sofia, mentre firmava per far passare South Stream anche dal
suo Paese. Peccato che la maglia della squadra del cuore del premier sia
rossa, poco adatta quindi al blu Gazprom. A differenza del Levski
Sofia, che sta per prendersi la sponsorizzazione e forse anche i soldi
per il nuovo stadio. In Turchia non hanno voluto essere da meno e c’è
chi come il presidente dell’Antalyaspor ha chiesto ad Erdogan se potesse
metterci una buona parola con Putin: d’altronde la Turchia è il secondo
consumatore di gas russo e il 20% viene usato proprio ad Antalya. In
Germania il Bayern Monaco potrebbe presto passare dalla T-Mobile alla
Gazprom, così come il Vitesse in Olanda (Paese terminale del condotto
North Stream) sta per chiudere l’accordo con i russi.
Insomma, uno spettro si aggira per l’Europa e odora di gas.
E grazie al calcio, si allarga sempre più. Per Europa intendiamo non
solo quella geografica, ma anche quella geopolitica del pallone in mano a
Michel Platini, che fa finta di nulla sul conflitto di interesse che
sta creandosi. Il giochino è semplice. La Gazprom individua quali sono i
Paesi a lei strategicamente congeniali e decide di investirci,
proponendo allettanti sponsorizzazioni nel mondo del pallone. Una
tattica cominciata in casa, con lo Zenit di San Pietroburgo, città sede
principale della Gazprom nonché squadra del cuore di Vladimir Putin. I
biancazzurri diventano di proprietà del colosso del gas e grazie ai suoi
soldi si impongono nel panorama internazionale con la vittoria della
Coppa Uefa. In Gazprom fiutano così l’affare e si interessano al calcio
anche oltre confine, sbarcando in Germania con la sponsorizzazione sulle
maglie dello Schalke 04. Lo scorso luglio, il grande rilancio: Gazprom e
il Chelsea neo campione d’Europa si sposano fino al 2015. Un accordo in
realtà cominciato nel 2005, quando il proprietario della squadra di
calcio londinese cedette a Gazprom la sua Sibneft per una cifra di circa
10 miliardi di euro.
Le cifre dell’accordo tra Chelsea e Gazprom sono invece rimaste segrete. Quello
che non è rimasto segreto, ma che ha sollevato di fatto le accuse di
conflitto di interessi, è stato il grande salto della Gazprom, che
mentre sponsorizzava il Chelsea diventava main sponsor della Uefa
Champions League e della Supercoppa Europea (giocata ma persa dal
Chelsea). Affiancando Ford, Henieken, Unicredit, Sony e Mastercard.
Insomma, i russi sponsorizzano la massima competizione europea per club,
giocata in questa stagione da Zenit, Schalke e Chelsea. Sia Gazprom che
la Uefa si sono affrettate a smentire con dei comunicati che non c’è
alcun conflitto di interessi. Nonostante lo stesso governo del calcio
europeo vieti, nel suo statuto, che un soggetto possa intervenire
condizionando le politiche di più club contemporaneamente.
A Nyon, sede della Uefa, fanno finta di niente. Così
come hanno fatto quando lo Zenit ha speso nell’ultima finestra di
calciomercato 80 milioni di euro per l’acquisto di due giocatori come il
brasiliano Hulk ed il belga Witsel. Nulla di male, se non fosse che il
mega assegno è stato staccato dai russi proprio nel periodo in cui la
Uefa stessa sta vigilando sui bilanci nell’ambito del fair play
finanziario: chi non rientrerà nei parametri (massimo 45 milioni di
debiti) verrà punito dal 2014. Una regola etico-finanziaria che non si
sa quante squadre riusciranno a rispettare. Il Manchester United ha
oltre 300 milioni di euro di debiti, in Italia solo il Napoli ha i
bilanci in positivo e le squadre in mano agli emiri come il Manchester
City e il Paris Saint Germain spendono e spandono più di quanto
incassano. Al momento, è più facile quindi dire quali saranno le squadre
che non rispetteranno il fair play. E Platini si è accorto di avere
sparato troppo in alto: chi non rispetta i parametri rischia di non
partecipare alla Champions League, il che significa meno appeal per la
competizione, ovvero meno soldi da sponsor e diritti tv. Un tracollo che
l’ex Pallone d’oro sta ora cercando di tamponare permettendo alla
Gazprom di ricoprire l’Europa d’oro in barba all’etica da lui stesso
imposta.
Gazprom rappresenta una vera e propria ancora di salvezza per il calcio in rosso degli ultimi anni. Non solo a livello europeo. La Russia ospiterà i Mondiali di calcio del 2018 (leggi il dossier della candidatura).
Un risultato ottenuto grazie alla partnership tra Fifa e Gazprom - di
cui ovviamente non si conoscono le cifre - e all’abile diplomazia di
Alexey Miller, Ceo di Gazprom e vice presidente della Federcalcio russa.
Uno degli stadi nuovi di zecca in cui si giocherà sarà quello di San
Pietroburgo: si chiamerà Gazprom Arena e sarà finanziato dal gas russo. I
Giochi olimpici invernali del 2014, in programma sempre in Russia, a
Sochi, stanno già costando 37 miliardi di dollari. Nel caso del Mondiale
nessun problema: ci penserà Gazprom a tappare i buchi. Come sta già
avvenendo in Champions.
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