Secondo la vulgata comune l’M5S sarebbe un fiero avversario dell’Unione
Europea. Di qui le accuse da parte dei suoi avversari e gli
apprezzamenti da parte dei sostenitori di Grillo. Ma un sondaggio rivela
che i grillini sono assai più conformisti di quanto appaia.
E’ facile, quasi scontato, prendersela con Beppe Grillo. Che
se ne apprezzino le invettive o meno, non si possono non notare le
anomalie che caratterizzano la sua ‘discesa in campo’ politica, a
partire dal dominio assoluto e personale che esercita su un movimento
che cresce nei sondaggi e che rappresenta di fatto l’unica vera novità
della ormai imminente tornata elettorale.
Una novità
che dagli avversari viene tacciata di essere ‘antipolitica’ o
addirittura ‘pericolosa’ per il sistema. Giudizio condiviso da molti dei
‘grillini’ progressisti che delusi dai fallimenti dei vari partiti
della sinistra ora sembrano apprezzare quella che considerano la critica
frontale del Movimento Cinque Stelle rispetto al sistema, alla casta,
alla partitocrazia ecc.
Ma quello governato da Beppe
Grillo con la spada e con il carisma è un movimento che attira voti sia
a destra sia a sinistra, tra i moderati e tra gli arrabbiati, tra i
liberisti e gli anticapitalisti. Ognuno vede nel messaggio poliedrico
del movimento ciò che vuole sentirsi dire, tralasciando proposte e
comportamenti del leader e dei candidati opposti al proprio pensiero e
alle proprie aspirazioni. E così chi da sinistra si oppone alle grandi
opere vedrà nel M5S una diga contro la Tav e il Muos, mentre i
nostalgici del Duce apprezzeranno lo sdoganamento di Casapound e il no
al riconoscimento dello ‘ius soli’. Anche gli imprenditori e i
commercianti che fino a ieri votavano Lega Nord e PDL hanno scoperto
Grillo, al pari di molti di precari e giovani che hanno interessi di
classe completamente opposti. D’altronde il messaggio del movimento è
composito e spesso contraddittorio, e in epoca di crollo della
credibilità dei vecchi partiti populismo e demagogia hanno un innegabile
potere di attrazione.
Innegabilmente il Movimento 5
Stelle viene considerato tra le forze politiche una delle poche che
mette in discussione il dogma del pagamento del debito, l’euro e alcune
altre direttive europee. Ma i grillini sono veramente così critici con i
diktat di Bruxelles? A leggere i risultati di un recente sondaggio
realizzato dall’Ipsos tra gli elettori che sabato e domenica voteranno
Beppe Grillo sembra proprio di no, anzi. I sondaggi, lo abbiamo scritto
spesso, non vanno presi come ‘oro colato’, e in particolare in epoca di
campagna elettorale. Ma quello commissionato ad Ipsos dalla banca
d’affari francese di investimenti Oddo & Cie ha il merito di avere
una funzione pragmatica, cioè di orientare l’impresa d’oltralpe rispetto
ai futuri investimenti nel nostro paese. Per investire bisogna
conoscere che aria tira, e quindi la banca di Parigi ha deciso di
indagare sui reali orientamenti politici degli elettori di un movimento
che lunedì irromperà in parlamento con una consistente pattuglia di
deputati e senatori. Ed in particolare la Oddo & Cie era interessata al
tasso di ‘fedeltà all’UE e alle riforme’ dell’elettorato dei vari
partiti, come racconta Emilia Patta sul Sole 24 Ore del 19 febbraio.
Leggendo i risultati del sondaggio, si scopre intanto che gli italiani
sono convinti che la crisi è ancora nel suo pieno – 89% – ma anche che
solo il 23% del campione mette in discussione l’euro e vorrebbe un
ritorno alla lira. E si scopre anche che a pronunciarsi per l’uscita
dall’euro sono solo il 24% degli elettori del comico genovese, contro il
37% di quelli dell'asse PDL-Lega e un magrissimo 9% di chi voterà Bersani. Ma i
grillini si confermano più europeisti degli elettori del centrodestra
anche rispondendo alla domanda “è una cosa buona o cattiva appartenere
all’UE e alla zona euro?”. Il 64% di loro dice che è una cosa buona
contro il 49% degli elettori di Berlusconi e l’87% di quelli del PD. I
grillini sono addirittura favorevoli ad aumentare il controllo della
troika sull’economia e sulla politica italiana in cambio della
rinegoziazione del debito di Roma: il 60% contro il 48% degli elettori
PD e appena il 33% di quelli di Pdl-Lega.
E, se non bastasse, il
53% si dice molto d’accordo e il 21% dei grillini si dice abbastanza
favorevole ad una riforma dell’articolo 18 che aumenti la precarietà e
la flessibilità del lavoro (contro il 36/19% degli elettori di
centrodestra e il 24/22% di quelli PD).
Dal sondaggio – ma anche
dai discorsi di Grillo degli ultimi mesi, assai diversi da quelli dei
primi tempi della discesa in campo – emerge un’immagine dell’elettorato
grillino assai più conformista di quello che la mitologia sul movimento
rappresenta. Emerge soprattutto una visione che incolpa della crisi la
classe dirigente italiana, considerata – non a torto – un ammasso di
anziani cialtroni, alla quale però molti elettori teoricamente
‘antisistema’ preferiscono una classe dirigente europea vista come
elemento di garanzia, di pulizia e competenza.
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