Invece di far tacere le armi e aprirsi al dialogo, c’è chi mostra tutta la volontà di intensificare la guerra.
In particolare a fine gennaio si sono verificate due tragedie, in
perfetta coincidenza con un appuntamento istituzionale internazionale
(in questo caso si trattava della presentazione della relazione di
Lahdar Brahimi sugli ultimi incontri a proposito di Siria di fronte al
Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite).
Tuttavia i nostri media, esattamente come quasi tutti i media
internazionali, ne hanno selezionato uno solo, trattandolo alla loro
maniera, e hanno scelto di passare l'altro sotto silenzio. E’ accaduto
anche per altri due massacri.
Perché? Sembra essere una domanda più che legittima in questa situazione di propaganda mediatica.
In ognuno dei casi si tratta di vittime civili, molte vittime
civili (tra le 60 e le 100 persone); tutte le stragi sono avvenute nei
pressi di luoghi chiave di questa crisi siriana.
Allora, viene da chiedersi, con quale criterio è stato deciso di
dare spazio a una notizia piuttosto che un'altra? Vediamone le
differenze.
I corpi sul fiume Queiq, ad Aleppo…
Quello che è accaduto ad Aleppo è abbastanza noto, in particolare a
chi segue, anche solo approssimativamente, la tragedia siriana: almeno
80 corpi, tra cui 5 bambini, sono stati ritrovati sulle rive del piccolo
fiume Queiq, nella zona di Bustan al-Qasr, si trattava per lo più di
giovani, molti con le mani legate, uccisi da colpi ravvicinati (in
genere alla testa). Le fonti dell’opposizione che hanno ripreso i corpi
in un video e lo hanno diffuso, hanno parlato di un nuovo crimine del
governo di Assad, e media hanno accreditato questa versione. Poiché la
zona del rinvenimento si trova nelle mani dei gruppi armati
dell’opposizione (http://www.reuters.com/article/2013/01/29/us-syria-crisis-idUSBRE90S0GU20130129)
i portavoce di questi gruppi, e il solito l’Osservatorio siriano per i
diritti umani con base a Londra, hanno sostenuto che i corpi fossero
arrivati lì portati al fiume, che prima di giungere a Bustam al-Qasr,
attraverso quartieri in mano governativa. Il portavoce dell’Unione dei
Comitati di coordinamento Mohammad al-Halabi ha detto: “E’ il massacro
numero 113 ad Aleppo e tutti sono stati perpetrati contro sunniti”. Un
altro miliziano, Abu Sada, ha dichiarato (http://internacional.elpais.com/internacional/2013/01/29/actualidad/1359464297_719664.html):
“Stamattina siamo stati informati dai residenti circa la presenza
dei corpi nel rio: quando abbiamo iniziato a toglierli ci siamo accorti
che erano oltre 50”. E secondo un altro miliziano, Abu Anas, “sono stati
uccisi nella zona controllata dal regime e gettati nel fiume, magari
diversi giorni fa perché la corrente non è forte”.
Il giorno dopo, la stessa Reuters e il francese Le Figaro hanno
riportato la versione dei media ufficiali siriani, i quali hanno
mostrato che la portata del rio non era tale da trascinare corpi per
interi quartieri, tanto più che in alcuni punti erano state poste delle
grate di ferro. Inoltre alcune famiglie avrebbero identificato i corpi
di loro parenti, rapiti da gruppi jihadisti.
Già il 23 gennaio, in effetti, alcuni siti siriani (è bene
precisare non filogovernativi) avevano segnalato che il gruppo
terrorista Jabhat al-Nusra aveva occupato alcuni edifici e strutture,
tra cui una scuola, nel quartiere di Bustan al-Kasr, mentre altre zone
limitrofe erano finite sotto il controllo delle bande della Brigata
al-Tawhid e del Levante. Fonti locali avevano denunciato in
quell'occasione il rapimento di 400-500 persone, la maggior parte dei
quali simpatizzanti del governo.
Una cinquantina di loro sarebbero stati giustiziati sommariamente
dai gruppi islamisti e sepolti nelle zone agricole di Karam-Kasser in
una fossa comune.
…e il massacro di ‘Amiriyah
In un piccolo villaggio, a circa 25 chilometri a est di Homs, dopo
lunghi giorni di assedio, le brigate jihadiste di al-Faruq e Khaled Bin
al-Walid (entrambe divenute note nel corso di questi mesi per crimini
agghiaccianti commessi contro le minoranze religiose di Homs) hanno
preso d'assalto la popolazione uccidendo e ferendo un centinaio di
persone, come segnalato da fonti mediche dell'ospedale locale che ha
accolto le vittime (http://www.youtube.com/watch?v=MB6tZ6kOl14;http://www.youtube.com/watch?v=vFBA63CvmyQ).
Secondo un sopravvissuto, intervistato dal giornale giordano online
Akhbar al-Balad, 20 vetture dotate di mitragliatrici hanno preso
d'assalto il villaggio di 'Amiriyah e hanno aperto il fuoco
indiscriminatamente sui civili. Fortunatamente molte donne e bambini
erano stati fatti fuggire nelle ore immediatamente precedenti attraverso
strade secondarie nel vicino villaggio di Ghasibiyye.
Un altro superstite ha raccontato che era stato richiesto
l'intervento dell'esercito siriano, ma le forze dell'ordine sono
arrivate troppo tardi (http://www.youtube.com/watch?v=SnVpvG0Zoc).
Su una delle tante pagine Facebook dedicate alla "rivolta",
qualcuno ha scritto che "il villaggio alawita è stato ripulito",
confermando la tesi secondo la quale la popolazione è stata, ancora una
volta sterminata, unicamente perché di fede alawita.
E proprio in questo "dettaglio" sta la piccola-grande differenza
tra la prima e la seconda strage: nel primo caso si trattava di vittime
sunnite, quindi – per quei superficiali e generalisti che ritengono che
tutti i sunniti debbano obbligatoriamente sostenere il cambio di governo
in Siria – "utili" ai fini della campagna mediatica contro il governo
siriano; nel secondo caso, dove
tutte le vittime sono alawite, "fratelli di sangue" del presidente
siriano Bashar al-Assad, queste morti non sono considerate utilizzabile
mediaticamente nel gioco di ambiguità e, quindi, non abbastanza degne di
essere denunciate dai nostri media.
Il massacro degli operai…
Da una strage manipolata a una trascurata a una sottaciuta.
Giovedì 7 febbraio un attentatore suicida alla guida di un minibus
si è scagliato contro un convoglio di autobus che stavano riportando
alle loro abitazioni dei lavoratori.
Ci sono voluti l'equivalente di due tonnellate di esplosivo per spezzare la vita di queste persone.
La maggior parte delle vittime proveniva dai villaggi di Tal-Durra e
Al-Kafat, inizialmente si parlava di 30 morti e 200 feriti, ma già la
mattina successiva il bilancio delle vittime è salito a 100 (addirittura
113 per altre fonti) e dei 200 feriti molti sono ancora in gravissime
condizioni.
Le bande criminali hanno sparato anche contro l'ambulanza che stava accorrendo per prestare i primi soccorsi.
Nei ventidue mesi di tragedia siriana, si sono già verificati molti
casi di attentati a bus che trasportavano lavoratori. Uno dei primi
risale al 6 settembre 2011, quando un minibus che stava portando al
lavoro ingegneri della ditta petrolifera cittadina è stato colpito da un
attentato. Allora il bilancio era stato di 4 morti e 6 feriti, tutti
cristiani e alawiti, provenienti da un quartiere notoriamente
filogovernativo.
Ora l'esito degli attentati è diventato ben più grave: oltre 100
vite spezzate e immediatamente dimenticate, che si vanno ad unire alle
centinaia di 'Amiriyah, alle centinaia di Aleppo, ai dispersi di Aqrab,
al numero impressionante di morti, dispersi, rapiti di cui nessuno
sembra volersi ricordare.
…e la strage degli universitari di Aleppo
Il 15 gennaio, primo giorno degli esami semestrali universitari,
esplosioni vicino alla Facoltà di Architettura e al dormitorio
dell’università di Aleppo (nel quale avevano trovato ricovero anche
diversi civili costretti a lasciare le loro abitazioni nelle aree
residenziali colpite dagli scontri) causano 83 morti e oltre 160 feriti.
L’università si trova in una zona controllata dal governo.
L’Osservatorio siriano per i diritti umani, organo dell’opposizione, da
Londra non fornisce dettagli circa le cause. La portavoce del
Dipartimento di Stato Usa Victoria Nuland attribuisce la strage a un
bombardamento dell’aviazione, ripetendo le accuse dei Comitati di
coordinamento locale (Ccl) dell’opposizione; le sue parole sono definite
“blasfeme” dal ministro degli esteri russo Lavrov. Il governo accusa
gruppi terroristi.
Fonti vicine all’opposizione sostengono che si sia trattato di un
attacco aereo ma erroneo, non intenzionale (vero obiettivo sarebbero
stati dei miliziani armati), oppure che il pilota abbia fatto defezione,
o infine che a fare la strage siano stati i gruppi dell’opposizione, ma
con una traiettoria deviata.Fonte
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