Un'inchiesta (seria) tra i russi rivela che la maggioranza
considera più che mai desiderabile il sistema abbattuto ventun anni fa.
di Astrit Dakli
L'Unione
delle repubbliche socialiste sovietiche, in sigla URSS, ha cessato di
esistere nel dicembre 1991, al termine di un rapido processo di
disintegrazione avviato e compiuto nell'incredulità generale nel corso
dei due anni precedenti. Da allora ad oggi in Russia (ma in Occidente
già da molto prima) l'URSS e il suo sistema politico, economico e
sociale sono diventati una sorta di paradigma del male, il simbolo
stesso di quanto di peggio fosse concepibile da mente umana in materia
di vita pubblica: una demonizzazione così intensa e profonda da portare
addirittura alla rimozione della memoria, alla cancellazione - in
pratica - di un lungo e cruciale periodo della storia dell'umanità,
caratterizzato dall'esperimento socialista (che tanto peso ebbe
anche nella nascita e nella crescita del nostro welfare state
occidentale), e alla sua riduzione a vuote formulette esorcizzanti.
Anche nel dibattito politico odierno, quando si vuol esprimere il
giudizio più negativo e inappellabile su un'idea o una proposta si dice -
tanto da destra quanto da sinistra, si badi - che è qualcosa di
"sovietico".
Bene: e allora com'è che a distanza di
ventun anni la maggioranza dei cittadini russi (cioè di coloro che hanno
vissuto direttamente sulla propria pelle quell'esperimento, e non per
un breve momento ma per diverse generazioni) si dice convinta che quel
sistema sarebbe ancora oggi il migliore possibile?
L'inchiesta
è stata condotta dal Centro Levada, un istituto russo di ricerche
demoscopiche attendibile e serio, non sospetto di condurre operazioni
politiche suggerite dall'alto né tanto meno di alimentare ad arte
nostalgie improprie. I risultati del sondaggio dicono che oggi (il
rilevamento è stato condotto nel gennaio 2013) il 36 per cento dei russi
considera il sistema politico dell'URSS il migliore e più desiderabile
per il proprio Paese, contro il 22 che vorrebbe vivere in un sistema di
democrazia occidentale e solo il 17 che considera come migliore il
sistema vigente di "democrazia guidata" creato di Vladimir Putin. Un
anno fa le percentuali di gradimento erano rispettivamente del 29, 29 e
20 per cento.
Ma forse ancor più sorprendente è la
percentuale di coloro che considerano "ideale" il sistema di economia
pianificata e di proprietà statale che aveva l'URSS: si tratta di ben il
51 per cento dei cittadini, contro il 29 per cento che dichiara di
preferire il sistema del libero mercato fondato sulla proprietà privata -
anche in questo caso con un netto aumento dei primi e un netto calo dei
secondi nel corso dell'ultimo anno (nel gennaio 2012 erano 49 contro 36
per cento).
Ora, è chiaro che ci sono moltissimi
fattori soggettivi che portano a un risultato per noi così sconcertante,
ed è altrettanto chiaro che un conto è esprimere un parere durante
un'inchiesta sociologica e un altro è agire concretamente per il
ripristino del vecchio sistema (tant'è che i risultati elettorali del
Partito Comunista Russo, per quanto decorosi, sono piuttosto lontani da
queste percentuali).
Ma resta pur sempre una domanda
che non dovrebbe essere confinata tra le curiosità e le stranezze
folkloristiche del grande Paese eurasiatico: non è che per caso la
sepoltura del sistema denominato "socialismo reale" è stata un po'
troppo prematura, e ha impedito di guardare più lontano, a quello che
potrebbe in realtà essere un modello diverso e più avanzato di società? O
in altre parole, non ci sarà in definitiva qualcosa di profondamente
sbagliato nel "modello vincente" uscito dalla Guerra Fredda e
considerato da allora come l'unico possibile in questo mondo?
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