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08/02/2013

Nichi, stai calmo...

Occuparsi delle elezioni è semplicemente necessario, per quanto sgradevole possa apparire. Per un motivo non banale, del resto:
 “In tutti i paesi capitalistici esistono elementi arretrati della classe operaia i quali sono convinti che il parlamento sia una vera rappresentanza del popolo” (Lenin, e andatevi a cercare quando, dove e a chi l'ha detto).
A un secolo di distanza, la situazione è peggiorata perché il parlamento, le elezioni, l'”offerta politica” liofilizzata in appositi sacchetti di plastica chiamati assurdamente “partiti”, sembrano ancora contenere questa “rappresentanza”. Mentre il collasso dello “Stato Nazione” europeo, con tanto di cessione di sovranità verso istituzioni sovranazionali, ci sta precipitando in una condizione “regionale” dove ogni “rappresentanza” ha margini di manovra praticamente inesistenti.

La prima reazione, o tentazione, sarebbe dunque quella di dire “sono tutti uguali” e tapparsi le orecchie. Ma la stupidità consiste proprio nel dar retta al primo impulso, senza analizzare, riflettere, capire. Quindi senza poter poi “fare”.

Tanto più quando questa prima reazione istintiva ha già – addirittura! una propria rappresentanza elettorale: Grillo, di fatto.

Detto dunque perché ci occupiamo ancora di elezioni, vediamo come andranno a finire (punto percentuale più, punto percentuale meno) e cerchiamo di spiegarci i comportamenti dei vari attori in campo.

Il tema di queste giornate sembra la contrapposizione tra Vendola e Monti, che complica la scontata coalizione di governo post-elettorale tra il centrosinistra e Monti, così come “vuole l'Unione Europea”. A prima vista, potrebbe non apparire sensato che Vendola scalci tanto – a sua volta “pizzicato” di continuo dalla stampa padronale e dallo stesso Monti – visto che è scritto negli accordi pre elettorali che Pd e montiani governeranno insieme il paese “per fare le riforme” imposte dalla Ue e contenute nell'”Agenda Monti”.

Ma un problema, e quindi una spiegazione, c'è.

Il prossimo parlamento – o meglio il Senato, con un altro sistema elettorale – rischia di veder entrare un 20% circa di forze “non europeiste” e abbastanza fuori controllo sistemico. Ovvero il Movimento 5 Stelle e la “Lista Ingroia”. Inaffidabili, insomma, secondo i canoni dettati dalla Troika, non certo “rivoluzionari”. Meno problemi dà il centrodestra, un altro 25-30%, che all'occorrenza ha dimostrato di sapersi piegare più o meno volentieri agli ordini che arrivano da Bruxelles.

A Vendola è stato chiesto – o Vendola si è assunto liberamente, il ragionamento non cambia – di “coprire a sinistra”, di fare da referente per il malessere sociale, riducendo al massimo i danni dell'astensionismo e delle “critiche da sinistra”; insomma di “mediare” il non mediabile. A maggior ragione dopo il voto, quando si tratterà di far passare come “male minore” proprio quelle riforme indicate ora come male e basta.

Ma questo ruolo può esser svolto con efficacia soltanto se “pesante” in termini di consensi. E invece Vendola sta precipitando nei sondaggi, sta perdendo pezzi in direzione proprio di coloro che avrebbe dovuto “contenere”.

Che lui abbia necessità di “sgomitare” è ovvio. Ma altrettanto ovvio è che – da destra, ovvero da Monti – si cerchi di scaricarlo per manifesta inutilità. Perché rischiare di portare dentro una maggioranza che dovrà usare accetta e bisturi qualcuno che – per obbligo elettorale – dovrà trovare sempre qualcosa da eccepire, una misura da temperare, un grumo di interessi da salvaguardare? Anche solo pro forma, ma comunque come elemento di legittimazione della critiche sociali, quindi in funzione “frenante”, come ha rimproverato Monti al Pd e alla Cgil durante il suo governo.

C'è da dire che per quanto venga spinto fuori, difficilmente Vendola arriverà mai ad accettare di passare all'opposizione. Tutto il suo percorso, da prima di Chianciano a oggi, va in tutt'altra direzione, tipica di quella “sinistra” secondo cui stare all'opposizione “è testimonianza sterile”. Lo sappiamo noi, lo sanno anche Monti e Bersani, che stanno cercando di ridurne già preventivamente il peso specifico nel prossimo governo. Ma così facendo – perversioni della dialettica – ne stanno anche annientando il ruolo di portatore di consensi elettorali, favorendo involontariamente proprio le forze “non europeiste”.

Coperta corta, insomma. Ma anche il momento giusto per fare una constatazione: il “programma di governo” che andrà realizzato da marzo in poi non prevede la “mediazione”. Nemmeno quella all'acqua di rose stile Vendola. O stile Cgil.


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