Occuparsi delle elezioni è semplicemente necessario, per quanto sgradevole possa apparire. Per un motivo non banale, del resto:
“In tutti i paesi
capitalistici esistono elementi arretrati della classe operaia i quali
sono convinti che il parlamento sia una vera rappresentanza del popolo”
(Lenin, e andatevi a cercare quando, dove e a chi l'ha detto).
A
un secolo di distanza, la situazione è peggiorata perché il parlamento,
le elezioni, l'”offerta politica” liofilizzata in appositi sacchetti di
plastica chiamati assurdamente “partiti”, sembrano ancora contenere
questa “rappresentanza”. Mentre il collasso dello “Stato Nazione”
europeo, con tanto di cessione di sovranità verso istituzioni
sovranazionali, ci sta precipitando in una condizione “regionale” dove
ogni “rappresentanza” ha margini di manovra praticamente inesistenti.
La
prima reazione, o tentazione, sarebbe dunque quella di dire “sono tutti
uguali” e tapparsi le orecchie. Ma la stupidità consiste proprio nel dar
retta al primo impulso, senza analizzare, riflettere, capire. Quindi
senza poter poi “fare”.
Tanto più quando
questa prima reazione istintiva ha già – addirittura! – una propria
rappresentanza elettorale: Grillo, di fatto.
Detto
dunque perché ci occupiamo ancora di elezioni, vediamo come andranno a
finire (punto percentuale più, punto percentuale meno) e cerchiamo di
spiegarci i comportamenti dei vari attori in campo.
Il
tema di queste giornate sembra la contrapposizione tra Vendola e Monti,
che complica la scontata coalizione di governo post-elettorale tra il
centrosinistra e Monti, così come “vuole l'Unione Europea”. A prima
vista, potrebbe non apparire sensato che Vendola scalci tanto – a sua
volta “pizzicato” di continuo dalla stampa padronale e dallo stesso
Monti – visto che è scritto negli accordi pre elettorali che Pd e
montiani governeranno insieme il paese “per fare le riforme” imposte
dalla Ue e contenute nell'”Agenda Monti”.
Ma un problema, e quindi una spiegazione, c'è.
Il prossimo parlamento – o meglio il Senato, con un altro
sistema elettorale – rischia di veder entrare un 20% circa di forze
“non europeiste” e abbastanza fuori controllo sistemico. Ovvero il Movimento 5 Stelle e la “Lista Ingroia”. Inaffidabili, insomma, secondo i
canoni dettati dalla Troika, non certo “rivoluzionari”. Meno problemi
dà il centrodestra, un altro 25-30%, che all'occorrenza ha dimostrato di
sapersi piegare più o meno volentieri agli ordini che arrivano da
Bruxelles.
A Vendola è stato chiesto – o
Vendola si è assunto liberamente, il ragionamento non cambia – di
“coprire a sinistra”, di fare da referente per il malessere sociale,
riducendo al massimo i danni dell'astensionismo e delle “critiche da
sinistra”; insomma di “mediare” il non mediabile. A maggior ragione dopo
il voto, quando si tratterà di far passare come “male minore” proprio
quelle riforme indicate ora come male e basta.
Ma
questo ruolo può esser svolto con efficacia soltanto se “pesante” in
termini di consensi. E invece Vendola sta precipitando nei sondaggi, sta
perdendo pezzi in direzione proprio di coloro che avrebbe dovuto
“contenere”.
Che lui abbia necessità di
“sgomitare” è ovvio. Ma altrettanto ovvio è che – da destra, ovvero da
Monti – si cerchi di scaricarlo per manifesta inutilità. Perché
rischiare di portare dentro una maggioranza che dovrà usare accetta e
bisturi qualcuno che – per obbligo elettorale – dovrà trovare sempre
qualcosa da eccepire, una misura da temperare, un grumo di interessi da
salvaguardare? Anche solo pro forma, ma comunque come elemento di
legittimazione della critiche sociali, quindi in funzione “frenante”,
come ha rimproverato Monti al Pd e alla Cgil durante il suo governo.
C'è
da dire che per quanto venga spinto fuori, difficilmente Vendola
arriverà mai ad accettare di passare all'opposizione. Tutto il suo
percorso, da prima di Chianciano a oggi, va in tutt'altra direzione,
tipica di quella “sinistra” secondo cui stare all'opposizione “è
testimonianza sterile”. Lo sappiamo noi, lo sanno anche Monti e Bersani,
che stanno cercando di ridurne già preventivamente il peso specifico
nel prossimo governo. Ma così facendo – perversioni della dialettica –
ne stanno anche annientando il ruolo di portatore di consensi
elettorali, favorendo involontariamente proprio le forze “non
europeiste”.
Coperta corta, insomma. Ma
anche il momento giusto per fare una constatazione: il “programma di
governo” che andrà realizzato da marzo in poi non prevede la
“mediazione”. Nemmeno quella all'acqua di rose stile Vendola. O stile
Cgil.
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