In realtà ci sarebbe poco da scrivere sul “pentolone” scoperchiato dalla Magistratura fiorentina: il solito “generone” del sottobosco paragovernativo stile P4, le solite cene, i soliti favori.
Il tutto ben al di sotto del meccanismo craxiano legati ai costi della politica e ai grandi disegni di potere. Però, un fiume di denaro dirottato grazie agli improvvidi sistemici privatistici di assegnazione degli appalti: quando si pensa che questo Perotti ne gestiva per 25 miliardi di euro.
Purtuttavia qualche annotazione a margine si può ben svolgere.
Prima di tutto da segnalare ancora una volta il ruolo di supplenza svolto dalla magistratura: oggi il segretario dell’ANM parla di “schiaffi ai magistrati e carezze ai corrotti”.
Ruolo di supplenza che, nell’occasione, viene svolto soprattutto nei confronti della tanto decantata “Autorità anticorruzione” che non si capisce bene quale ruolo debba svolgere, considerato che il suo tanto celebrato Capo, indicato a modello, è impegnato in questo momento – da buon napoletano –a tentare di far correggere la legge Severino, in modo da favorire il candidato del PD alla Regione Campania, lo “sceriffo” di Salerno, l’ex-ingraiano Vincenzo De Luca.
Questa dell’anti-corruzione è davvero una delle bufale più grandi che questa classe politica si è inventata nel corso di questi anni: si tratta di un dato da sottolineare con grande forza se s’intende andare al cuore del problema.
La questione non è neppure quella di un propagandistico aumento delle pene, come si va blaterando in questi giorni, ma di ribaltamento delle regole in materia di appalti e di possibilità d’indagine da parte della magistratura, in una visione “rigida” della tripartizione dei poteri che andrebbe ricordata prima di tutto al primo ministro Renzi, che pare invece, nella sua logica decisionista, disprezza prima di tutto Montesquieu.
Un’altra annotazione da sviluppare riguarda il ruolo che le ormai famigerate “Leggi Bassanini” hanno avuto nel processo creativo di questo tipo di miseranda corruzione.
Elaborate sulla base di un mal imitato modello americano, paese capitalistico nel quale vige dal 1946 una rigida legge di regolamentazione delle “lobbies” e una forte “balance of power” tra i diversi poteri, le “Bassanini” non hanno prodotto la separazione dei ruoli tra politica e amministrazione, ma un ribaltamento nella logica del potere accentrandolo nelle mani di funzionari “a vita” legati trasversalmente alla politica e in grado di dettarle tempi e modi fuori da ogni forma di controllo, in un quadro di vera e propria sudditanza.
Una certa furia iconoclasta verso la “politica” che pure si ravvede proprio nelle “Bassanini” in nome dell’autonomia della tecnica, hanno portato inoltre a decisioni di carattere istituzionale che hanno favorito oggettivamente l’ampliamento nel raggio d’azione del meccanismo corruttivo: esempio, proprio calzante rispetto l’attualità, la creazione del ministero delle Infrastrutture accorpando Lavori Pubblici, Trasporti, Marina Mercantile in nome di una non meglio precisata “semplificazione”.
Meno Ministri, più viceministri (nominati dal Direttore Generale) e sottosegretari per un boccone enorme al riguardo del quale si verifica proprio un sistema elargitore di appalti multimiliardari che tengono assieme, ad esempio, l’alta velocità sia sul versante dei lavori pubblici che di quello ferroviario.
Naturalmente il discorso andrebbe ampliato e portato, sul piano politico, al tema della gestione da parte del “pubblico”.
Ci saranno occasioni, per intanto si segnalano queste annotazioni marginali assieme alla miseria, morale e materiale, che queste vicende dimostrano come alligni in questi corrotti ceti borghesi, resi marci dal nostro capitalismo straccione e dall’indifferenza del ceto politico tutto intero (si segnala la presenza tra gli indagati di Firenze, un certo numero di esponenti del PD provenienti, in buona parte, da ruoli di gestione amministrativa in quelle che furono le “Regioni Rosse”), per ciò che non sia altro che spartizione del potere.
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