Sei fra le maggiori multinazionali petrolifere e del gas europee si sono coordinate tra loro per fare pressione sulle Nazioni Unite nell'elaborazione di un piano per ridurre il riscaldamento globale.
I Ceo di alcune multinazionali, tra le quali l'italiana Eni, hanno chiesto colloqui diretti con i governi per la creazione di un sistema di tariffazione globale della CO2. "Abbiamo importanti suggerimenti per contribuire alla creazione e all'attuazione di un approccio funzionale per i prezzi dei fossili," hanno scritto gli amministratori delegati delle britannica Bp, l'anglo-olandese Shell, la francese Total, la norvegese Statoil in una lettera pubblicata sul Financial Times.
La diversità di procedura indica un cambiamento di “stile di lavoro” ma anche le incognite che pesano nel settore. Solitamente infatti le multinazionali preferiscono agire pressioni riservate direttamente sui governi, piuttosto che dichiarazioni pubbliche. Questa proposta pertanto - sottolinea il Ft - rappresenta una svolta proprio nelle modalità di approccio ai negoziati sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite, alle quali i gruppi petroliferi ed energetici partecipano solitamente in qualità di osservatori.
Le crescenti pressioni sui gruppi petroliferi ed energetici rispetto alle questioni climatiche, hanno determinato però una frattura tra le multinazionali europee e quelle statunitensi. Tanto che gli amministratori delegati di ExxonMobil e Chevron, le due maggiori multinazionali petrolifere Usa, hanno detto che non si sarebbero unite a quelle europee per una iniziativa comune sul riscaldamento globale.
Il prossimo dicembre a Parigi, prenderà il via la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite chiamata a firmare un patto globale sul clima (COP21). Alcuni paesi chiedono che l'accordo includa uno calendario vincolante per la graduale eliminazione dei combustibili fossili, considerati i primi responsabili del riscaldamento globale. Evidente la preoccupazione delle multinazionali del petrolio e del gas è per questa proposta sul tappeto.
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