Alla fine l'economista greca Elena Panaritis, dopo la rivolta di tutte le correnti di sinistra del partito di governo ellenico, ha dovuto rinunciare all'annunciata nomina quale rappresentante greco presso il Fondo monetario internazionale, odiosa istituzione internazionale che insieme alla Banca Centrale Europea e alla Commissione (il ‘governo’ dell’Ue) da anni stringe il cappio attorno al popolo greco in nome della restituzione di un debito già pagato a caro prezzo da lavoratori e pensionati del paese mediterraneo.
L'economista era stata designata dal governo di Atene in sostituzione di Thanos Katsambas, precedente rappresentante che ad aprile aveva fatto sapere di voler rinunciare.
Ma con un comunicato emesso nei giorni scorsi, la già consulente del ministro delle finanze Yannis Varoufakis ha fatto sapere che le era "impossibile" accettare la nomina, considerata "la reazione negativa da parte di esponenti e parlamentari di Syriza". Contro la nomina nel partito già scosso dalle divisioni sul modo di condurre i negoziati con il cosiddetto ‘Brussels Group’ (la Troika con un nome diverso) si erano schierate non solo le componenti critiche di Syriza, ma anche alcuni pezzi interni alla maggioranza che fa riferimento alla segreteria del partito. La nomina della Panaritis, sostenuta da Varoufakis oltre che dal ministro dello sviluppo Giorgos Stathakis, era invece osteggiata dalla presidente del Parlamento Zoe Konstantopoulou e dal vice ministro per le Relazioni Esterne Euclid Tsakalotos, alla guida del gruppo di lavoro del governo che segue i negoziati politici con i creditori internazionali.
Il curriculum della Panaritis infatti ha fatto sobbalzare più di uno: la consigliera di Varoufakis ha lavorato a lungo alla Banca Mondiale ed era stata parlamentare del Pasok, il partito socialista greco, dal 2009 al 2012, (all’epoca alleato con la destra di Nuova Democrazia) condividendo quindi la responsabilità di alcune delle peggiori e più impattanti misure di austerity implementate dai precedenti governi in obbedienza ai diktat della Troika. Ben 44 parlamentari di Syriza avevano firmato nei giorni scorsi una lettera in cui si avvertiva che la sua scelta era "in contraddizione totale con i valori, le percezioni e la politica" del partito di sinistra. "Un rappresentante di spicco delle politiche di salvataggio non può rappresentare il governo", hanno scritto nella lettera i deputati di Syriza secondo i quali "la questione non è simbolica ma politica. E' una decisione sbagliata e chiediamo che venga revocata".
Fino a poche settimane fa Panaritis era stata coinvolta in prima linea nelle trattative con Ue e Fmi che puntano a sbloccare nuovi aiuti e che nelle prossime ore potrebbe vedere il suo epilogo. Ma il suo ruolo è stato ridimensionato dopo che a fine aprile il premier Alexis Tsipras ha modificato la squadra dei tecnici incaricati dei negoziati, affiancando altri esponenti a Varoufakis e riducendone l’influenza.
La vittoria da parte delle opposizioni interne sul caso Panaritis mette in luce una divaricazione all’interno del suo partito che potrebbe tramutarsi in spaccatura in un prossimo futuro, visto che alcune componenti della sinistra interna hanno fatto sapere di non essere disponibili a rinunciare ad un Programma di Salonicco – quello con cui Syriza ha vinto le scorse elezioni politiche – che di per sé costituisce già un passo indietro rispetto ad una piattaforma precedentemente più radicale e di impatto. La ‘Piattaforma di Sinistra’, la ‘Tendenza Comunista’ e altri pezzi dell’ex maggioranza congressuale come gli esponenti dell’Organizzazione Comunista di Grecia (all’ultima riunione del Comitato Centrale è finita 75 a 95 nei confronti della maggioranza del partito) chiedono maggiore energia nella trattativa con i creditori, la denuncia e quindi il non pagamento di una parte rilevante del debito greco, la fine dell’austerità, lo stop alle misure chieste dalla controparte in cambio di ulteriori ‘aiuti’ come i tagli alle pensioni o le privatizzazioni. E per la prima volta le posizioni a favore di una eventuale uscita dall’Eurozona finora sostenute da una minoranza delle opposizioni di sinistra interne a Syriza cominciano a conquistare altri esponenti della sinistra. Secondo un sondaggio ben il 58% degli elettori di Syriza sosterrebbe l’abbandono della moneta unica finora cavallo di battaglia dell’economista marxista Lapavitsas e di pochi altri.
Questo mentre la grande stampa continentale, gli ambienti di governo europei ed alcuni settori economici e politici interni “consigliano” a Tsipras di andare ad un rimpasto di governo, tagliando le ali più radicali del suo partito – sostanzialmente escludendo la sinistra di Syriza – e affidandosi ai parlamentari della lista centrista To Potami oppure addirittura al Pasok per puntellare una maggioranza a quel punto più incline al compromesso con la Troika.
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