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04/06/2015

Che previsioni possiamo fare sul futuro prossimo della Ue? Troppe bocce in movimento

Mai come in questo momento è praticamente impossibile fare previsioni su quel che accadrà all’Europa nel giro di due anni. Si possono abbozzare dei ragionamenti su ogni singolo segmento della situazione, ma si tratterebbe di previsioni fragilissime, perché ogni singolo tratto interagisce con gli altri. Qui proviamo a puntare il riflettore su alcuni nodi che ci sono davanti.

1. Nodo Ucraina: è difficile pensare che l’attuale situazione possa durare ancora anni, con fiammate momentanee, tregue più o meno precarie, sanzioni commerciali verso la Russia ecc, senza che trovi sbocco in un assetto stabile, quale che sia. In ogni caso, se questo dovesse durare è prevedibile che l’Europa paghi un prezzo molto salato a causa delle sanzioni, con prevedibile indebolimento dell’Euro di fonte al dollaro. In teoria questo potrebbe facilitare le esportazioni, ma non è affatto certo che ci sarebbero i necessari investimenti  per la ripresa produttiva. Vediamo gli altri scenari:

a. accordo sponsorizzato da Usa e Russia: la soluzione più auspicabile, che, però, sancirebbe l’inesistenza dell’Europa sul piano della politica internazionale. L’accordo porterebbe alla cessazione delle sanzioni verso la Russia ed alla ripresa dei rapporti commerciali, ma molte cose sarebbero cambiate: la Russia di oggi è molto più spostata verso Est: commercio si, ma a condizioni diverse dal passato, senza contare che ci sarebbe la partita dei gasdotti da riesaminare.

b. fine della crisi per sconfitta politica di uno dei contendenti costretto a ritirarsi ed accettare il diktat del vincitore. Ovviamente, bisogna vedere se gli sconfitti saranno i Russi e gli indipendentisti del Donbass o gli occidentali ed i loro amici di Kiev. Nel primo caso, i vincitori assoluti sarebbero gli americani, mentre gli europei sarebbero una sorta di “vincitori sconfitti”: vincitori nei confronti dei Russi ma sconfitti nei confronti degli americani che hanno condotto le danze. Nel caso contrario, i vincitori sarebbero i Russi, e sconfitti sarebbero in pari misura sia americani che europei. Nel primo caso gli europei dovrebbero stare alle condizioni imposte da Washington, nel secondo a quelle dettate da Mosca.

c. Guerra che si estende coinvolgendo altri, sino all’ipotesi di un conflitto generalizzato. Ovviamente, a farne le spese (oltre che gli Ucraini dei due fronti) sarebbero in particolare Russi ed Europei che si trovano nella prima linea dietro i confini ucraini. In ogni caso, c’è da capire quale sarebbe la compattezza dell’Armata Brancaleone europea se si cominciasse “a far sul serio”. Anche l’ipotesi di un conflitto guerreggiato solo sullo scenario ucraino, senza sconfinamenti, vedrebbe l’Europa in una posizione precaria e sottoposta alle stesse spinte desolidarizzatrici cui facevamo cenno prima.
Da ultimo, bisogna capire come interagirà la crisi ucraina con il nodo greco e quello siriano.

2. Nodo Grecia: anche qui la situazione attuale di rinvii, crisi, accordi, nuova crisi ecc. non è realistico che si trascini per altri due anni. Per cui gli scenari probabili sarebbero questi:

a. default greco: Probabile forte  perturbazione delle borse europee con rischio di forti ondate speculative verso i paesi deboli dell’Unione come Italia, Spagna, Portogallo. Questa ipotesi si suddivide in due sottoipotesi:

I- Grecia fuori dell’Euro, con probabile slittamento del paese verso il blocco orientale. In particolare la presenza cinese al Pireo creerebbe una situazione molto diversa sul piano economico-commerciale. Probabile nascita di un polo produttivo fortemente competitivo nei confronti dell’Italia per via della nuova debole moneta ellenica. Da valutare le ripercussioni sulla tenuta dell’Unione.

II-  Grecia che resta nell’Euro: probabilmente le spinte divaricanti nella Ue sarebbero inizialmente più deboli, ma il precedente incoraggerebbe i paesi indebitati a chiedere condizioni più ragionevoli e, in ultima istanza, renderebbe l’ipotesi del default molto meno temibile. Chiuso il capitolo ateniese si aprirebbe immediatamente quello lisboeta. Realisticamente questo scenario sconta una caduta brusca dell’Euro sui mercati monetari con conseguenze da valutare.

b. La Grecia ottiene una ristrutturazione del debito con parziale condono. Le spinte centrifughe dell’Unione trovano una loro parziale ricomposizione, ma ben presto tutti i paesi della fascia mediterranea sarebbero spinti a chiedere la ristrutturazione del loro debito, la Germania si impunterebbe, e le tendenze centrifughe riprenderebbero vigore.

c. La Grecia trova un acquirente interessato del suo debito (Russi? Cinesi? Entrambi?) per cui paga Ue-Fmi e banche e trasferisce il suo debito ad altri. Ovviamente resta nell’Euro e nella Ue, ma dipende totalmente dal “babbo Natale” che l’ha salvata e deve pagarne i prezzi politici. Il meno sarebbe il passaggio di un gasdotto che sostituisca il vecchio progetto Southstream, che sarebbe, anzi, un affare. Il punto più delicato sarebbe quello per cui essa diverrebbe la punta di lancia russa o cinese in seno a Ue e Nato, con ripercussioni molto delicate nei difficili rapporti con la Turchia.
In tutti i casi, occorre valutare il reciproco condizionamento con il nodo ucraino, con quello siriano e del Califfato, con quello spagnolo e con quello inglese.

3. Nodo siriano-Califfato. Ormai è chiaro che la coalizione islamica anti Isis non esiste e che nessuno (salvo i curdi ed, a tratti, gli iraniani) sta combattendo seriamente il Califfato e che Turchi e Sauditi stanno facendo un doppio gioco slealissimo. Consideriamo queste ipotesi, partendo da quella di una prosecuzione della strana guerra attuale:

a. In questo quadro, se la situazione attuale dovesse durare, questo significherebbe la nascita di una nuova entità statuale a cavallo fra Siria, Iraq, Giordania e Libano, una realtà che prima o poi occorrerà riconoscere (sempre che gli interessati siano disposti ad accettare di fermarsi ai confini conquistati e non proseguire la guerra). Si aprirebbe la questione della revisione dei confini sanciti un secolo fa. L’Europa subirebbe contraccolpi indiretti sul piano petrolifero e dell’offensiva terroristica che ne sarebbe incoraggiata. Probabile accentuarsi del fenomeno dei profughi.

b. Forte offensiva congiunta della coalizione islamica (pochissimo probabile) il Califfato sarebbe cancellato dalla carta geografica. Non è detto che i confini tornerebbero quelli di prima, resterebbe comunque la questione siriana, ma il problema principale sarebbe risolto e questo potrebbe causare una stabilizzazione al ribasso dei prezzi petroliferi di cui l’Europa potrebbe avvantaggiarsi così come del calo della pressione dei profughi

c. Intervento occidentale (americano o euro-americano) con probabilissima distruzione del Califfato. L’intervento potrebbe avere una sua prosecuzione naturale nell’abbattimento di Assad (e di riflesso, nell’eliminazione della base navale russa, unica nel Mediterraneo). Conseguenze da valutare sui rapporti con la Russia anche in riferimento al nodo ucraino. Probabile impennata dei prezzi petroliferi nell’immediato. Nel periodo più lungo occorrerebbe vedere se questo dà luogo ad un assetto più stabile o ad un nuovo Afghanistan. Tralasciamo di considerare in dettaglio gli intrecci con il nodo petrolifero e quello saudita.

4. Nodo inglese: ormai è certo che fra la fine del 2016 ed i primi del 2017 ci sarà il referendum inglese sulla permanenza nella Ue, gli scenari possibili (salvo che il referendum non salti) sono ovviamente due:

a. vince la proposta di uscire dalla Ue: la Ue riceve un colpo molto duro, partono una serie di manovre speculative sulle economia più deboli dell’Eurozona, l’Uk deve ovviamente uscire dal board della Bce, le tendenze centrifughe si moltiplicano sino al possibile scioglimento dell’Unione.

b. vince la permanenza dell’Uk nella Ue che ne esce rafforzata. Ma a quel punto Londra chiede ed impone una riforma della governance europea e mette in discussione la leadership tedesca, e questo può avere forti ripercussioni anche nella politica della Bce da valutare.

Questo scenario ha una sottovariante: cosa accade in Scozia? Come voteranno gli scozzesi? E quale sarà il loro atteggiamento di fronte all’esito del referendum (quale che sia)? Si riprodurranno le istanze secessioniste?
In ogni caso occorrerà valutare quali saranno le reazioni delle borse europee e del resto del mondo all’approssimarsi del referendum (ad esempio di fronte ai sondaggi) e poi ai risultati. Realisticamente questo alimenterà l’instabilità dell’Euro.

Da valutare l’interdipendenza con il nodo ucraino e quello spagnolo

5. Nodo spagnolo: le dinamiche interdipendenti sono due, la possibile vittoria di Podemos e le spinte secessionista catalane.

a. la vittoria di Podemos, in sé produrrà una perturbazione molto limitata nelle dinamiche dell’Unione, perché è difficile immaginare che Iglesias possa prendere la maggioranza assoluta dei seggi e governare da solo, per cui la coalizione con il Psoe aggiungerà acqua al vino già a bassa gradazione di Podemos che, in fondo, è una Sel che parla in grillese. Però potrebbe alimentare le spinte per una rinegoziazione del debito interno all’Unione ed avere effetti di trascinamento su formazioni elettorali analoghe in altri paesi come Italia, Portogallo e forse Francia.

b. Sconfitta di Podemos e possibile coalizione Ppe-Psoe sul modello europeo. Questo potrebbe limitare le scosse destabilizzanti sull’Unione, però avrebbe con ogni probabilità l’effetto di rilanciare il secessionismo catalano e forse anche quello basco.

Potremmo proseguire con altri nodi meno vicini ma pure destinati ad avere una certa influenza già da ora, ma ci sembra che questa breve ed incompleta rassegna dica quanto sia precaria la situazione attuale e quanto fragile la condizione della Ue. Non so se sia possibile costruire un modello di simulazione che tenga presente tante variabili e di questo peso, ma sarebbe divertente provarci.

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