Nell’Italietta piccina piccina, rincoglionita da San Remo, dalle misé hard high-tech di Elodie e dalla rude dolcezza di Mengoni, passa sotto silenzio la morte di un maestro del cinema. Ci lascia Carlos Saura.
Autore spagnolo, sperimentatore di linguaggi altri e di percorsi filmici anticonvenzionali, fu il precursore della nuova cinematografia iberica.
Nella Spagna del caudillo Francisco Franco, di cui fu nemico ed avversario, sia intellettuale che politico, indagò, attraverso un’immagine visionaria, allegorica e plasmata sui tratti tipici dell’esperpento, gli aspetti più reconditi che caratterizzarono la società e la cultura del suo paese, durante gli anni bui del fascismo.
Tra deformazione grottesca della realtà e surreale narrazione degli eventi, pur senza mai perdere di vista la causalità effettiva col dato storicamente determinato, che definisce il perimetro filmico, Saura mise in scena le pulsioni autoritarie della dittatura franchista, le ossessioni della borghesia spagnola, l’incubo della guerra civile.
E ancora, la violenza che scorre nel sangue della cultura iberica, le trame di una sessualità passionale e carica di sensualità, l’intima tenerezza del mondo infantile, la psicologia femminile.
Poesia, Musica, Pittura, Fotografia, Danza, si mescolano nel suo cinema, dando vita a quadri di suggestiva potenza.
La caccia (1966); Frappé alla menta (1967); Il giardino delle delizie (1970); Nozze di sangue (1981); Carmen Story (1983); Flamenco (1995) sono solo alcuni dei titoli che vale la pena menzionare.
Ciao Maestro. Ciao compagno. Ti sia lieve la terra!
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